A tutto Acasuso: “Djokovic migliore di Federer e Nadal, Coria il più forte argentino”

Non si può dire sia ricordato nelle più importanti pagine di storia, ma Josè Acasuso il suo lo ha fatto. Si è levato lo sfizio di esser almeno per una volta tra i primi venti giocatori del mondo, ha vinto tre tornei nel singolare (Sopot nel 2002, a Bucarest nel 2004 e Viña del Mar nel 2006) e cinque in doppio, è stato finalista con l’Argentina in Coppa Davis nello stesso anno della vittoria in Cile e in carriera ha trionfato in singolo per ben 183 volte. “Cosa vuoi di più dalla vita? Un lucano“, recitava un noto spot televisivo; ma molto probabilmente lui non darebbe questa risposta.

In un’intervista rilasciata al programma radiofonico “Basta de Todo“, Josè ha fatto il punto sulla sua carriera toccando diversi argomenti: “Ufficialmente ho giocato nel giugno 2011 la mia ultima partita, ma è stato nel febbraio 2012, tramite una conferenza stampa, che è avvenuto il mio ritiro. La gente mi continua a chiedere se continuo a giocare. E buono, guardo le finali importanti, la Davis; ma sì mi piacerebbe tornare a fare qualche viaggio, ricordare la cose belle delle gite. Ho scritto una nota – continua l’ex tennista – per non dimenticare nessuno. Ho approfittato del torneo ATP di Buenos Aires per annunciarlo e dopo mi preparai all’idea di non annoiarmi per trascorrere al meglio il mio tempo senza tennis. Oggi lavoro in una società che coordina e collega gli eventi sportivi, organizza esibizioni sportive, contratti con gli sponsor. Sono molto contento“.

Racconta di come è nata la sua passione per il tennis: “In realtà non fui costretto ad esser un tennista. Sì, certo. Mio nonno aveva un campo da tennis e passavo li i fine settimana con la mia famiglia. Io sono il minore di tre fratelli e nessuno di loro voleva giocare con me perché ero il più piccolo, ma era mio papà a palleggiare con me – ammette -. Incominciai quando quel campo divenne un club sociale. Il mio primo insegnante l’ho avuto all’età di sei anni“.

Espone, poi, la sua visione: “Da bambino vedevo il tennis come un qualcosa da godere. Finita la scuola, mi portavano al club fino alle 20 e lì passavo tutto il pomeriggio a giocare a tennis. Mi piaceva più del basket. Ora lo seguo, guardo la Nba… Beh, da piccolo ho praticato contemporaneamente sia il tennis che la pallacanestro prendendo la decisione, nel 1999, di concentrarmi su una sola disciplina. E mi sono trasferito a Buenos Aires, ho visto più le condizioni per la carriera di tennista“.
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Si sofferma sulla generazione argentina: “Il più emergente? Guarda, di tutta la gran generazione argentina, l’unico che non emergeva come junior era Juan Ignacio Chela. Il resto, cominciando da Guillermo Cañas e proseguendo con Agustin Calleri, Gaston Gaudio e Mariano Zabaleta, emergevano. Io sono del 1982, lo stesso anno di Guillermo Coria e David Nalbandian. A sedici anni ho incominciato a giocare già con gente molto matura. In quella stagione ho terminato tra i primi 250 al mondo grazie anche al mio fisico che mi aiutava“.

Il migliore? “Per me è stato Coria – risponde senza esitare -. Penso che sia stato allevato per essere il numero 1 al mondo e non a casa veniva anche chiamato Guillermo Vilas (ex tennista ndr). Se non fosse accaduto quel che gli è successo in quella finale di Parigi contro Gaudio nel 2004, come disse Toni Nadal, Rafa avrebbe vinto la metà dei Roland Garros. Penso che alla fine sia stato molto dura per lui. Si parlava che avesse paura del palcoscenico; ma non lo so, è stato qualcosa di raro. Non credo nella storia di questo sport qualcuno cadde in quel modo“.

Ecco la riflessione su Juan Martin Del Potro: “Vado un po’ controcorrente: secondo me vincere lo Us Open così presto non gli ha fatto bene. A 20-21 anni è stato caricato della responsabilità di essere il numero 1, sono cose molto forti da sentire. Credo che quell’obiettivo fosse in realtà più duro di tutti gli avversari che aveva. Spero torni a giocare“.

Si sofferma, infine, sui più forti giocatori in circolazione: “Abbiamo la fortuna di vivere l’era di questi tre fenomeni. Se pensi a McEnroe, Lendl, Becker che hanno 6-7-8 Grandi Slam, mentre loro sono già a 17 (Federer ndr), 14 (Nadal ndr) e 9 (Djokovic ndr). E di questi tre, il miglior Djokovic è per me è il più forte giocatore nella storia. Al top è riuscito a battere Nadal e Federer. Posò la barra alta e per me è il migliore. Federer è il più talentuoso, il più dotato. Nadal ha la miglior testa, ma Djokovic è pronto per essere a quel livello di testa“.

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