Boris Becker: “Che carattere, Novak Djokovic!”

Come sempre pungente e provocatorio, Boris Becker, commenta la nomination del suo "assistito" Novak Djokovic a sportivo dell'anno.

Sono stati annunciati i nomi dei candidati agli Laureus Sports Awards 2016. Il premio come “Sportivo dell’anno” che quest’anno verrà assegnato a Berlino il 18 di aprile vede tra i papabili oltre al nome della statunitense Serena Williams anche quello del serbo Novak Djokovic, resosi protagonista nel 2015 di una delle stagioni più incredibile della storia del tennis. Intervistato dai colleghi di Laureus, in occasione della nomination del suo “assistito”, Boris Becker, come sempre pungente e provocatorio ha parlato dell’incredibile stagione del tennista di Belgrado e del suo contributo dato, come coach.

“Ha disputato  un altro anno grandioso, dice Becker. Ha vinto tre Slam su 4, ha raggiunto la finale del Roland Garros e vinto altri 7 tornei. Pochissimi giocatori, se non nessuno, hanno avuto una stagione simile. Si, certo. Il 2004 di Roger Federer. Ma la lista è molto corta e Novak è orgoglioso di essere in questa ristretta cerchia.” 

Cosa rende Novak così speciale? Ha una motivazione incredibile. Non è la prima volta che vince Slam, ma continua a migliorare e migliorare. Alla maggior parte dei giocatori quando vincono così tanto, manca la fame ma, Novak è diverso. Tutta la sua vita ruota intorno al tennis. E’ felicemente sposato ed è, anche, un padre orgoglioso. La sua vita privata è molto stabile, si sente molto a suo agio, è pazzamente innamorato. E questo, sicuramente,  lo rende più forte anche in campo”. 

L’infanzia difficile può avere influito sul carattere di Nole? “Non è cresciuto nell’oro, è vero. E’ nato in una Serbia devastata dalla guerra. Non di rado doveva lasciare di corsa il suo appartamento perchè risuonavano gli alarmi antiaerei. Immaginati. Penso che questo possa bastare per capire il suo carattere. E’ un vero streetfighter.  Penso che nelle partite lo dimostri. Lo dimostra quando deve giocare cinque set, quando fatica e supera le difficoltà. E’ un ragazzo tosto quando deve esserlo.”

Cosa ha aggiunto il coach Boris Becker al campione Novak Djokovic? “Difficile, per me, rispondere a questa domanda. Spero di avergli dato quello che cercava quando mi ha assunto come suo coach. Ma, non sto facendo tutto da solo. E’ un lavoro di squadra. Ho un coach-assistente, un fisio… e tutti noi lavoriamo insieme. Io sono, forse, il volto più famoso tra tutti loro ma, senza il supporto di ogni componente del team non potremmo raggiungere i risultati che sono, già,  sotto gli occhi di tutti. Siamo il Team Djokovic!”.

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C’è stato un momento del 2015 in cui hai, davvero, sentito di avere fatto la differenza?
“Spero di fare la differenza in ogni singolo allenamento che faccio con lui ma, ovviamente,quello che conta sono i titoli vinti del Grande Slam. Perciò, ritengo che battere Roger l’anno scorso in finale a Wimbledon ma, specialmente, nell’atmosfera molto complicata della finale degli US Open, sono stati i due momenti più soddisfacenti.  Specialmente a New York, dove l’intero stadium era in favore di Roger, si è trattato di una vera guerra. Solo un paio di centinaia di serbi e noi lo abbiamo sostenuto. Uscire vincitore da quella bolgia è stata, davvero, un’impresa. Non so come abbia fatto, onestamente.”

Reo-confesso di “coaching”, Becker, dice sul tema: “Legalmente non possiamo parlare o fare segni al giocatore. E, nel nostro caso, ci tengono sott’occhio. Penso che il vero lavoro sia quello fatto, in campo, durante gli allenamenti. Si, è vero, urliamo frasi come  ‘Let’s go’ e ‘C’mon’ …ma, non penso che questo sia davvero coaching. Sai, nel mezzo della tempesta, quando sale l’adrenalina penso che Nole ci guardi per trovare pace, serenità e calma. Se saltassi e gridassi tutto il tempo, lo renderei più nervoso.

Nole ha vinto sei delle ultime nove edizioni degli Australian Open! L’intervistatore chiede, quindi, a Boris Becker come mai Nole giochi così bene agli Australian Open? Sei titoli in nove anni?!  “Emotivamente, risponde Becker, Nole torna ogni anno per giocare a Melbourne quello è stato il suo primo Slam vinto in carriera. Ed ovviamente, da un punto di vista emotivo, questo è molto stimolante per lui. La superficie, poi, è l’ideale per il suo gioco. I supporter australiani lo amano davvero e lui ricambia! Infine, dopo la pausa invernale, sei sempre ansioso di giocare. Sei fresco, hai ricaricato le batterie e vuoi giocare bene.”

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Anche l’anno scorso, il Roland Garros si è confermato tabù per Nole: “Aveva vinto a Roma e a Monte Carlo e veniva dalla stagione sul cemento dove aveva vinto Miami e Indian Wells. In un mondo reale non vinci ogni torneo, perciò arrivando al Roland Garros ero un po’ preoccupato sul fatto che fosse già al suo picco. Sapevo che avrebbe incontrato  Nadal nei quarti. Novak non aveva mai battuto Rafa a Parigi. Perciò, pensavo che in qualche modo quella fosse già una finale. E Novak ha giocato il miglior match tra tutti quelli che ha giocato contro il campione spagnolo. Ha vinto in tre sets. Poi venerdì ha sfidato Andy Murray nella seconda semifinale. Dopo avere vinto i primi due set, Nole ha perso il secondo e, quindi,  ha dovuto finire sabato, il che ha significato un giorno di recupero in meno. Così, mentre Nole si doveva svegliare presto per finire l’incontro con Andy, Stan Wawrinka si riposava.  Avvicinandosi la domenica sentivo che il serbatoio fosse mezzo vuoto e man mano che il match andava avanti Stan diventava sempre più forte e Novak un po’ stanco. E’ umano. Se penso che il pubblico del Roland Garros possa nutrire poca stima per Novak? No, la gente, purtroppo, talvolta non capisce le difficoltà di vincere uno Slam. Sulla carta sembra facile ma ogni Slam ha i suoi match difficili. Tanto, come accaduto a Parigi l’anno scorso dipende dalla programmazione e dalle pause per pioggia.”

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