Gilles Simon sull’iniqua distribuzione dei prize-money

Nei giorni scorsi il tennista francese Gilles Simon, in qualità di vicepresidente del Consiglio dei Giocatori dell’ATP, ha rilasciato un’intervista alla testata giornalistica francese L’Equipe spaziando su molteplici argomenti quali il prize money e la sua equa distribuzione all’interno delle tre fasce di torneo considerate.
Di seguito riportiamo l’intervista fatta al giocatore francese.

Il Tour presenta dei livelli di guadagno differenti?

“Io direi che presenta tre livelli: ci sono quelli che guadagnano parecchio, quelli che guadagnano lo stretto indispensabile per vivere e quelli che stanno ancora investendo per il loro futuro. La domanda è: con chi dobbiamo prendercela? Ci troviamo d’accordo sul fatto che il numero 100 ATP non dovrà vivere di solo tennis nella vita.”

Perché no?

“Perché non è un vero professionista. Ciascun giocatore la pensa in modo diverso: qualcuno penserà che nella seconda fascia appartengano coloro della top 200, altri della top 300, secondo alcuni loro criteri. Quello che è chiaro è la divisione in queste tre fasce.

Ci sono più di 2000 ragazzi nel circuito ATP. Sarebbe difficile che tutti guadagnassero per vivere. Per questo, sono a favore con l’avere un numero massimo di giocatori che vivono con il tennis, ma ciò che è scioccante è la differenza che si ha all’interno di una stessa categoria.”

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A cosa si riferisce?

“Il miglior del mondo viaggia con il suo allenatore (a volte due), il suo incordatore, il suo medico, a volte con i propri sparring partner. Dall’altra parte c’è il numero 80 del mondo che arriva senza potersi permettere quasi un allenatore. Questi due tipi di giocatore si affrontano già nel primo turno del Grande Slam.

Per me non ci dovrebbero essere queste differenze all’interno del circuito dei professionisti. E’ sottinteso anche in quello femminile. Non potendo guadagnare denaro sufficiente, non hanno la possibilità di allenarsi e migliorare. In questo modo il migliore, che già è il più forte, sarà ancora più forte.”

Che si è fatto per coloro del secondo livello?

“Noi non ci siamo dimenticati di coloro che sono classificati tra la 100esima e la 300esima posizione. Tutto il mondo chiede di aumentare i prize money dei tornei Challenger. Come facciamo? Dal 2007 al 2017 i premi saranno raddoppiati. Non si può continuare ad aumentarli come facciamo negli Slam.”

Perché?

Perché un Grande Slam genera molti più ricavi. E i giocatori classificati tra i 100 e i 300 non li generano così. Abbiamo aumentato il premio delle qualificazioni del Grande Slam del 120% negli ultimi quattro anni”.

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Perché non si cambia il sistema per i Futures?

“I ragazzi non stanno competendo professionalmente. Sono considerati giocatori che stanno investendo sul loro futuro. La cosa importante è che, dall’ATP, non si può fare niente per questo che è competenza dell’ITF.

Non c’è nessun giocatore classificato fuori dai 100 del mondo come rappresentante nel Consiglio dei Giocatori. Non è troppo elitario?

Sono d’accordo al 200%. Potremmo togliere un rappresentante del doppio e mettere al suo posto uno fuori dai top 100. Però di che parleremo nel Consiglio dei Giocatori? Del calendario, dei prize-money degli ATP 250, 500 e 1000… Cose che non li riguardano direttamente, né al rappresentante del doppio, né al giocatore fuori dalla top 100.

In questo modo si discutono solo dei problemi dei top 100?

“Siamo il Consiglio di Giocatori del circuito. Perché, oggi, il tour è composto dagli ATP 250, dai 500 e dei Masters 1000. Però c’è una sezione riguardante il Tour Challenger. Sono stato lì. Abbiamo parlato diverse ore di questo. Io ho detto: “invece di parlare del montepremi che, in ogni caso, non è generato, parliamo di più delle spese“.

L’unica cosa che possiamo fare è rendere la differenza tra queste tre fasce meno evidente. La composizione di un team di un giocatore professionista costa una fortuna. Lo scorso anno mi è costato 250.000 € fra allenatore, preparatore fisico per 20 settimane l’anno e un kinesiologo di tanto in tanto. Se un ragazzo che è 50 al mondo avesse il mio team, sarebbe vicino dal non guadagnare neanche un’euro.’ 

Di Simone Marasi

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