Il tennis secondo Andrea Scanzi

Ecco il risultato di una bella chiacchierata con il famoso giornalista e appassionato di tennis. Dai pronostici per gli imminenti Australian Open a riflessioni di varia natura su Atp e Wta, passando per parole di elogio nei confronti del nostro miglior prospetto.

Nelle scorse ore abbiamo avuto l’occasione di scambiare quattro chiacchiere con Andrea Scanzi, brillante giornalista de Il Fatto Quotidiano e grande appassionato di tennis, di cui spesso ha scritto con le sue opinioni nette e il suo stile originale, raccogliendo consensi e critiche. Perché Scanzi, dalla politica al tennis, le cose che pensa le dice, senza giri di parole. Nel corso dell’intervista gli abbiamo fatto qualche domanda sugli Australian Open, Del Potro, Camila Giorgi, doping e altre cose. Lui, sempre molto rilassato e gentile, ha risposto con il suo solito modo diretto e sincero, per farci comprendere ancora meglio i vari aspetti del suo pensiero su questo sport: il tennis secondo Andrea Scanzi.
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Di qui a poco si aprono gli Australian Open. Quali sono i tuoi pronostici?

Amo gli Australian Open, sono il mio Slam preferito anche perché è il più soggetto alle sorprese. In questo periodo dell’anno i campioni non sono ancora al top, tanto da permettere persino a un Baghdatis di arrivare in finale (nel 2006), o a un Johansson addirittura di vincerlo (nel 2002). Parlando dei giocatori in attività, certamente Murray non è al top, e neanche Nadal: non avrei mai immaginato di dover commentare in vita mia una sua sconfitta contro Berrer. Credevo quasi che, nel frattempo, il buon Berrer avesse pure smesso. Djokovic e Federer restano i favoriti, soprattutto il primo visto che si parla di tre su cinque. Certo, mi farebbe piacere se esplodessero definitivamente i vari Kyrgios, Gulbis e Dimitrov. E non solo loro. Magari anche Janowicz, tanto dotato quanto tatticamente ottusissimo.

Riguardo alla Wta, come forse saprai, non voglio dire che attualmente mi faccia orrore: sarei troppo spietato. Devo però ammettere che mi annoia quasi sempre da morire, quindi non posso farti nomi. Una delle poche che adoro è Roberta Vinci, che seguo con piacere anche – e ormai soprattutto – in doppio”.


Parliamo della tua scrittura. Come definiresti il tuo stile quando parli di tennis? E come reagisci alle numerose critiche che ti sei sempre tirato dietro?

Ti ringrazio per la domanda, nessuno mi ha mai chiesto del mio stile. Quando ero a La Stampa, il direttore Calabresi ha voluto che non parlassi di politica per evitare che scrivessi cose “scomode”. Mi faceva fare pure l’inviato al motomondiale. Così, tra il 2007 e il 2011, ho avuto molto tempo da dedicare allo sport e al tennis, soprattutto nel blog de La Stampa. Fu un successo: erano pezzi molto letti e molto commentati. Sono stati anni  moltodivertenti: definirei il mio stile tennistico “da cazzeggio”, un lasciar andar via la penna. Quando scrivo per il web e non per il cartaceo scelgo volutamente un linguaggio netto, schietto, essenziale, diretto. Deve uscire tutto lo sfogo che hai dentro. Al tempo usavo tante iperboli, facevo battute, utilizzavo nomignoli che forse oggi non userei più . Sapevo che i tifosi si sarebbero arrabbiati. Esistono due grandi categorie di permalosi nel mondo: i tifosi e i fans. Peraltro, sono categorie imparentate. Il tifoso di Federer si arrabbia come il fan di Ligabue. Non ragionano e non accettano critiche. Mi sono sempre divertito a stuzzicarli e credo che anche a loro i miei articoli manchino un po’. Però non lo ammetteranno mai.


Parliamo di un tema delicato come quello del doping nel tennis. Ti lascio libertà di parola.

“E’ un problema che esiste, anche se non ai livelli del ciclismo, e sono convinto che i controlli non siano così accurati e le punizioni così esemplari. Quello che è successo, tra gli altri, con Troicki e Cilic – comunque strepitoso agli ultimi Us Open – è molto doloroso. E’ però ancora più inquietante, secondo me, il giro di scommesse clandestine che si è venuto a creare. Credo che quella delle scommesse sia la problematica che affligge maggiormente il tennis. Detto questo, certo, con tutti quei viaggi e quei ritmi asfissianti, non è difficile immaginare che ci sia qualcuno disposto a prendere scorciatoie pur di vincere e reggere quei livelli incredibili.


Apriamo il capitolo uomini/donne, sempre nell’occhio del ciclone. Qualche commento sulle dichiarazioni di Simon relative ai montepremi paritari tra Atp/Wta, sulla questione dei cinque set per le donne negli Slam e sul rapporto lavorativo tra Mauresmo e Murray.

Il montepremi uguale non ha senso. Il tennis maschile è più bello, più alto dal punto di vista qualitativo, più faticoso e più appassionante. La penso esattamente come Gilles Simon in questo. Non sono d’accordo con la parificazione dei montepremi e lo dico, anche a costo di esser tacciato di maschilismo. Me l’hanno già detto e va bene così, soprattutto se a dirtelo (senza motivo) sono le Boldrini varie.
Quanto agli eventuali cinque set per le donne: vi prego, pietà. Tra le donne c’è un tale abisso tra le migliori e le altre che sarebbe davvero uno strazio seguire match al meglio dei cinque set, soprattutto nei primi turni degli Slam. Anche io ho avuto tenniste che ho amato: parlo della Navratilova, parlo della Novotna, parlo della Mandlikova. Ma sono tempi ormai lontani. Forse le ultime a piacermi davvero, a parte la Vinci, sono state la Hingis – antipatica ma geniale – e tenniste brave ma poco vincenti come Patty Schnyder. Infine, sulla questione Murray-­Mauresmo, mi sento di dire che lui ha fatto bene a sceglierla se è convinto che possa essergli utile per migliorare il suo gioco. Credo però che esistano in giro allenatori più capaci di lei, anche perché la ricordo come un fenomeno di tecnica ma non certo di tattica e tenuta mentale. E credo anche che il vero allenatore di Murray sia la mamma hooligan. Purtroppo per lui.


Siamo agli inizi del 2015. Proviamo a fare un salto indietro all’anno scorso e parlare di quelli che secondo te sono stati i match dell’anno appena passato. Uno maschile, uno femminile.

Devo per forza citare Wimbledon. Premetto che non capisco gli appassionati che guardano e commentano solo gli Slam, per me anche il più apparentemente insulso 250 è bellissimo. E poi amo gli outsider, gli underdog. Ma la Bellezza del Tennis l’ho vista, lo scorso anno, in due match proprio a Wimbledon. Lo scontro tra Kyrgios e Nadal, tanto per cominciare. Nell’australiano ho rivisto sprazzi di quella bellezza e agonismo che avevo visto in Tsonga agli Australian Open con Nadal nel 2008 o in Gasquet quando batté Federer a Montecarlo nel 2005. Godimento tennistico puro.
E poi, inevitabilmente, la finale tra due immensi campioni come Djokovic e Federer. Spettacolo autentico, e lo dico da appassionato che non ha mai avuto il poster in camera né dell’uno né dell’altro. Sul femminile direi Kvitova-Venus a Wimbledon e Radwanska-­Kuznetsova a Madrid. Stavo per aggiungere Ivanovic-Sharapova a Cincinnati, ma persino in quel caso il fastidio per le loro urla e i loro tic fu superiore alla comunque notevole resa spettacolare. Trovo intollerabili quei “grantoli” e quella ferocia agonistica fastidiosamente teatrale.


Parliamo di Del Potro. Dopo quasi un anno di infortunio è rientrato: quali sono le sue possibilità nell’immediato futuro? 

Sono molto contento del rientro di Del Potro, sebbene abbia battuto il mio pupillo Stakhovsky. Stakhosvky è un pazzo spreca-talento, tennisticamente è davvero umorale e un po’ “scemo”. Come molti dei miei preferiti. Del Potro non è propriamente nelle mie grazie e non è certo sublime esteticamente, ma ha una potenza devastante, soprattutto di dritto, ed è stato molto sfortunato in carriera. È veramente un grande acquisto per il circuito e il suo ritorno non può fare che bene. Lo ricordo in partite epiche, agli US Open vinti come alle Olimpiadi di Londra. La top ten gli spetta di diritto; anche la top 5, direi. Non si può certo dire che, al top della forma, sia inferiore a Berdych, Ferrer, Raonic o Tsonga.
Ah, parlando di infortunati e sfortunati: devo citare anche Tipsarevic. Mi piacciono la sua cultura e il suo look da tamarro, con quegli occhiali assurdi. E soprattutto, quando voleva, sapeva divertire davvero. Soprattutto negli Slam. Al suo massimo, seppur a sprazzi, ha saputo generare epica anche lui.


Ero indeciso, a questo punto della conversazione, se chiudere facendo una domanda, 
legittima e doverosa, sull’universo Italia. Volevo chiedergli di Camila Giorgi ma temevo che la risposta sarebbe stata impietosa. Invece, con sorpresa, Scanzi ha fatto una concessione al tennis femminile.

Non mi dispiace, delle tenniste italiane in circolo (eccezion fatta per la Vinci, ovviamente) è la più divertente. È una sparapalle, certo, ma è davvero una sorta di Agassi in gonnella. Detesto i giornali che parlano di lei solo perché è carina. È carina, è vero, e ha delle belle gambe, ma non mi pare l’aspetto esattamente decisivo nella sua carriera. A me piace perché è pazza, folle, scriteriata dal punto di vista tattico. Deve crescere, indubbiamente, e so che non è facile anche perché mi risulta abbia una realtà abbastanza ingombrante in famiglia . Se dovessi puntare qualcosa su qualcuna all’interno del tennis femminile italiano, lo farei su di lei. Ti dirò: se giro su Supertennis o Eurosport e la vedo non cambio di certo canale. Se vedo la Errani in singolare, invece, per quanto encomiabile e straordinaria nell’aver tratto il meglio dal suo limitato talento, proprio non ce la faccio. E giro subito.

L’intervista non poteva certo terminare senza una stoccata. Degna del miglior Andrea Scanzi.

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