Le grandi delusioni del 2015 fino a Wimbledon

Alla conclusione del terzo Major della stagione, quel Wimbledon che rappresenta uno spartiacque fondamentale per il cammino dei top players o aspiranti tali, è consuetudine tirare le fila della prima parte dell’anno tennistico tracciando un bilancio tra chi ha sorpreso, chi si è confermato all’altezza del suo recente passato e chi ha indubbiamente disatteso quelle che erano le previsioni per un boom in grande stile.

Il rinomato portale bleacherreport.com ha posto all’attenzione dei lettori quelli che, praticamente all’unanimità, sono i giocatori che dovranno chiedere alle loro possibilità uno sforzo decisamente superiore per il prosieguo della stagione nei rispettivi circuiti di competenza.

Un nome che potrebbe sembrare strano è quello di Ana Ivanovic, ex N.1 del mondo in tempi piuttosto remoti, visto il non scontato traguardo della semifinale raggiunta al Roland Garros. Se tralasciamo la brutta sconfitta subita in semifinale da Lucie Safarova, con la tensione che ha definitivamente fatto pendere l’ago della bilancia dalla parte della tennista ceca, possiamo vedere come tale risultato sia rimasto un isolato acuto in una stagione che ha visto la talentuosa serba compiere decisamente più passi all’indietro che in avanti.

L’emblema di tale mancanza di continuità è stata sicuramente la recente uscita sui campi in erba: la vittoria del 2014 nel WTA Premier di Birmingham, che l’aveva vista praticamente perfetta per tutta la settimana, è stata sostituita rapidamente dalla cocente eliminazione al secondo turno (“bye” al primo turno) per mano della non irresistibile qualificata portoghese Michelle Larcher de Brito, e l’ulteriore bandiera bianca issata al secondo turno di Wimbledon dopo la sconfitta con la statunitense Bethanie Mattek-Sands hanno fatto nuovamente vacillare quelle che potevano essere le sensazioni di un ritorno al vertice della Ivanovic.

Un 2014 da grande protagonista ed un bilancio di 17 vittorie a fronte di 12 sconfitte nel 2015, senza peraltro vincere neanche un torneo finora, portano di nuovo alla solita domanda da un milione di dollari: è necessario tornare a lavorare sulle basi del suo gioco? E c’è davvero la possibilità che un giorno Ana riesca a trovare quell’equilibrio necessario per essere qualcosa in più della solita meteora?

Dalle stelle alle stalle sembra ormai diventato il motto di Ernests Gulbis, eccentrico tennista lettone che nel 2014 aveva fatto cose mirabili raggiungendo le semifinali al Roland Garros, come la “nostra” Ivanovic, e piazzandosi anche al N.14 del ranking ATP: oggi la casella occupata dall’allievo di Gunther Bresnik è la N.81 ed il bilancio di 4 vittorie e 15 sconfitte ricorda più un thriller che un giallo da risolvere.

Il suo carattere è tutto un programma, ed è sotto gli occhi di tutti la sua non impeccabile attitudine al duro lavoro, eppure quella partita ai French Open nella quale aveva convinto battendo Roger Federer sembrava finalmente il raggiungimento di quella maturità sportiva che da anni sarebbe dovuta abbinarsi al suo talento. Ancora niente, o meglio di nuovo punto e a capo, aspettando Gulbis una volta di più.

Petra Kvitova qualcosa ha raccolto nella sua stagione quantomeno altalenante, soprattutto in quel di Madrid dove sconfisse Serena Williams (unica tennista a riuscirci nel 2015), eppure resta grave il “month off” che le ha tolto i punti di Indian Wells e Miami, oltre all’eliminazione al terzo turno di Wimbledon dopo aver fatto da mattatrice la scorsa estate: se si vuole restare bravi giocatori si può anche essere contenti così, ma se le aspettative sono da Top 3 e addirittura da pluri-campionessa Slam, allora l’asticella si alza eccome, e le giustificazioni non reggono più. Agli U.S.Open ci sarà da superare il “maledetto” quarto turno, con i conti che evidentemente cambierebbero ulteriormente, ma fino a quel momento il punto di domanda resta forte e chiaro.

Grisha, “Baby Federer”, insomma Grigor Dimitrov; a lui la liberazione di essersi finalmente liberato dai pregiudizi degli scorsi anni, e contemporaneamente la necessità di portare la sua carriera ad un livello superiore: conseguenza? Manco a dirlo al Roland Garros siamo rimasti al primo turno con la sconfitta subita da Jack Sock, ed a Wimbledon è miseramente fallito l’obiettivo di confermare la semifinale del 2014 (con lui anche il canadese Milos Raonic che però ha subito uno sfortunato infortunio).

L’addio a Roger Rasheed fa tirare un sospiro di sollievo a quegli appassionati che non hanno mai capito appieno le potenzialità della coppia, e se le qualità di base ci sono, così come magari la predisposizione al lavoro “da grande”, ci sono ancora moltissimi passi da fare, e se gli obiettivi sono chiari davanti ai suoi occhi e ci sono tanti ragazzini terribili ad incalzare una sua eventuale leadership nei prossimi anni di calo fisiologico per i Fab Four, Grigor sembra essere rimasto ai blocchi di partenza, avendo mostrato doti notevoli ma una scarsa capacità di giocare sempre ad un certo livello (fondamentale per i Top) e di saper imporre la sua figura a qualsiasi giocatore gli si pari davanti, perché sapere che uno così è sempre e comunque battibile se non nella miglior giornata vale un bel po’ di punti di handicap a fine anno.

Brava, bravissima, giovane e con tutte le carte in regola per diventare la nuova N.1 che accontenterebbe tutti o quasi. Parliamo di Eugénie Bouchard, ma anche per lei tali lodi sarebbero congrue se espresse in relazione alla sua stagione 2014, come abbiamo già detto per altri in caduta libera.

Ci manca un po’ di grinta, la cattiveria di chi non si sente mai sazia e di chi perde solo contro un’avversaria in stato di grazia o quasi: a voler essere proprio cattivi, “Genie” sembra aver messo al primo posto le telecamere, le copertine ed i selfie piuttosto che la carriera da tennista professionista tendente al podio WTA, e se le chiacchiere dicono già abbastanza, anche le 8 vittorie con 14 sconfitte annesse sono da bollino rosso fuoco. Almeno su di lei, forse, è meglio posare carta e penna ed aspettare il sopraggiungere di un minimo di maturità, visto che tante attenzioni tutte insieme possono essere comunque difficili da gestire, considerato anche che non tutti sono Djokovic, Federer, Nadal, Murray e via discorrendo.

Abbiamo dimenticato qualcuno? 34 vittorie, 12 sconfitte, 8 KO sulla terra rossa e sul baratro della Top 10. Anche se avrete già capito, il riferimento è tutto per Rafael Nadal, tennista che quest’anno sembra aver perso le sue certezze più profonde sia dal punto di vista fisico che mentale, e se è vero che anche Federer si è “preso” un’annata no prima di tornare ai suoi livelli e comunque Nadal ha abituato gli appassionati a periodi di blackout prima dei clamorosi ritorni alla vittoria, i 29 anni sulla carta d’identità lasciano intendere che forse i livelli toccati negli scorsi anni saranno quasi irraggiungibili per il futuro di un giocatore che indubbiamente fa del fisico la lama più affilata del suo gioco.

La sconfitta ai quarti di finale al “suo” Roland Garros non è stata neanche minimamente paragonabile a quella subita da Robin Soderling nel 2009, perché in questo caso Nadal è apparso quasi arrendevole e senza quei colpi che gli hanno consegnato il trofeo francese per 9 volte in 10 edizioni.

I “Fantastici Quattro” iniziano ad avere una certa età, e probabilmente non saranno in molti ad arrivare ai 34 anni sempre al top come Federer, e forse c’è semplicemente da prendere atto dell’imminente cambio della guardia in cima alla classifica mondiale. Noi aspettiamo fiduciosi in una nuova carica di questi latitanti illustri, ed è d’obbligo un pensiero allo sfortunatissimo Juan Martin Del Potro, dalla storia complicata ma con una voglia incredibile di tornare a giocare martellando di colpi gli avversari. Tanti si sono persi, ma lui ci manca proprio.

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