Roddick: “Sarebbe interessante allenare un giovane”

Poco prima del suo match di apertura al Titans Challenge di Città del Messico, Andy Roddick ha raccontato alcune sue impressioni dopo i primi due anni di competizione nel circuito senior del Champions Tour.

Come ci si sente a ritrovare i giocatori contro cui eri solito competere? Hai sviluppato qualche amicizia con giocatori con i quali non l’avevi fatto mentre eravate in tour insieme?

Decisamente. Quando sei in tour, sei in quella bolla in cui vuoi solo entrare, fare le tue cose e uscire. Non hai voglia di fermarti a chiacchierare, perché non ti aiuterà a vincere una partita il giorno dopo, ma ora è diverso. Ora sono felice di vedere persone con cui ho condiviso bei momenti e ricordi, anche se all’epoca eravamo tutti più assorti in noi stessi. Guardare indietro e rendersi conto di aver condiviso una generazione con questi ragazzi, significa qualcosa di più con ogni giorno che passa. È bello avere la possibilità di vederli di nuovo.

Qual è la tua location preferita dell’ATP Champions Tour in cui non hai giocato quando eri un professionista?

La Royal Albert Hall. La cosa più bella, oltre alla drammaticità e la storia, è che ha un’acustica creata apposta per la musica. Si sente così chiaramente la palla quando si sta giocando, la senti così forte e chiara. Mi ricordo che quando ho colpito la prima palla mi sembrava quasi come uno strumento. È stata un’esperienza interessante e davvero molto divertente.

Giocando contro i tuoi ex rivali, ci sono dei momenti in cui torna ancora fuori lo stesso livello di competitività?

Non so se ci sarà mai lo stesso livello, ma quando scendi in campo, vuoi sempre vincere. Tutti abbiamo già giocato le nostre partite più importanti, ma abbiamo ancora voglia di giocare bene. Non si arriva al livello espresso dai ragazzi sul Champions Tour senza essere competitivi e senza avere un forte ego.

Qual è stato il tuo momento migliore del Champions Tour?

Quando ho vinto a Delray. Ma mi è rimasta nel cuore la Royal Albert Hall e anche l’evento a Monterrey è stato fantastico. La città era incredibile.

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Se potessi essere contattato da un giocatore per fargli da supercoach, quale vorresti che fosse e perché?

Non so se vorrei essere avvicinato da qualcuno in questo momento. Sento che non vorrei essere legato a chi ha già fatto la storia, chi ha già lasciato la propria eredità scolpita nella pietra. Probabilmente sarebbe più interessante aiutare un giovane giocatore, in modo da poter avere un maggior impatto sul suo percorso.

Chi invece avresti voluto avere come supercoach quando giocavi e perché?

L’ho avuto. Ho assunto Jimmy Connors. Ora mi stanno facendo sentire come se fossi stato un precursore! Jimmy è stato grande per me. Lui sa come ci si sente nei momenti di tensione di una finale dello Slam o in altri match importanti, e proprio per questo poteva dire le stesse cose di altri allenatori, ma quelle stesse parole avevano più peso. Per questo non mi sorprende vedere come alcuni dei più grandi tennisti di tutti i tempi siano andati ad allenare altri giocatori.

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