Roger Federer, una leggenda senza fine

Roger Federer, se possibile, ieri è diventando ancora più grande vincendo il suo 18esimo Slam contro il rivale più agguerrito di sempre. A quasi 36 anni.
Sì, è tutto vero: Roger Federer dopo un entusiasmante quinto set ha domato il rivale di sempre il maiorchino Rafa Nadal e conquista il tanto bramato 18esimo titolo Major, il quinto in Australia. L’atmosfera elettrizzante è quella dei grandi incontri, quella delle battaglia più epiche. Le vivaci sfumature del pittoresco contesto australiano, il clima magico dell’ennesima sfida fra i due rivali Roger e Rafa protagonisti negli anni di una delle nemesi sportive più entusiasmanti, le avvincenti e cangianti dinamiche di una finale Slam. Per di più l’appassionante trama che vede l’esprimersi di due giocatori dalle movenze e dalle personalità antitetiche, che si rendono fautori di un match memorabile terminato soltanto nell’estenuante e coinvolgente quinto set, paiono conferire all’esodo del torneo di Melbourne ancor più fascinazione emotiva, in una finale che è stata la perfetta cornice conclusiva degli Australian Open.
La finale dei sogni che tutti gli appassionati attendevano, speranzosi di poter ammirare le gesta di questi due fenomenali campioni, interpreti di un altro incredibile capitolo di questa coinvolgente rivalità, non ha di certo tradito le aspettative. Da una parte l’infinita, elegante e regale classe del genio svizzero soavemente agile e leggero, quasi incorporeo pare volare per il campo, esibendo genuinamente la sopraffina compostezza con la quale maschera la cinica concretezza, condizione quanto mai imprescindibile in una finale; dall’altra il temibile guerriero spagnolo dotato di muscoli ipertrofici e sovrumana potenza, sembra tornato lo spietato killer di un tempo esplosivo, terribilmente solido, a tratti inscalfibile, pronto come sempre a dar battaglia.
L’intreccio romanzesco della sfida non lascia spazio a margini di tentennamento, di esitazione; i due contendenti si affrontano a viso aperto, senza apparenti timori reverenziali, producendo un tennis paradisiaco, mozzafiato, con improvvisi rovesciamenti, colpi di scena degni della più intrigante sceneggiatura hollywoodiana; lo scenario ripiega inevitabilmente nel decisivo e drammatico quinto set, sorprendentemente capovolto e vinto dal maestro svizzero. Il profondo rispetto e la sincera stima espresse nelle dichiarazioni post-match, ci lasciano intravedere più di ogni altra sterile considerazione tecnico-tattica, la dimensione etica e morale di questi due immensi campioni. E’ un tripudio di emozioni; l’appagata e commossa esultanza che decreta l’epilogo della battaglia, ci rivela il Federer più umano, maturo e consapevole come non mai, dell’impresa leggendaria compiuta; perché Roger non ha battuto soltanto il suo agguerrito avversario. Ha anche mirabilmente sconfitto l’inesorabile ed impietoso scorrere del tempo suo nemico più grande. Con l’imperitura passione, il lodevole spirito di sacrificio, l’instancabile dedizione, la fenomenale abilità di reinventarsi e rendersi competitivo stagione dopo stagione, la capacità di rinnegare coraggiosamente la resa, l’eterno fascino di chi trova in se stesso la motivazione per rimanere sempre al centro della scena, lasciandosi alle spalle gli acciacchi e i gratificanti successi.
È bene comprendere che tutto ciò valica straordinariamente i labili confini dello sport, trascendendo nell’aspetto umano più profondo e romantico del compiersi della leggenda, perché il senso della vita è credere in qualcosa. Grazie, Roger!
Antonio Mulone
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