Severin Lüthi: “Perchè sono andato a Rotterdam senza che Roger lo sapesse”

Insieme alla moglie di Roger Federer, Mirka , Severin Lüthi è da sempre una delle presenze più costanti durante gli spostamenti del 36enne tornato al n.1 del mondo: sia come coach che come caro amico, Lüthi era lì quando Roger diventò n.1 per la prima volta 14 anni fa, e lo è stato anche in Olanda per l'ultima impresa del campione di Basilea, ma senza che questi sapesse del suo arrivo.

Il coach storico di Roger Federer e capitano storico della squadra svizzera di Coppa Davis, Severin Lüthi, la scorsa settimana ha deciso di recarsi a Rotterdam assieme alla moglie Claudia, per assistere al match di quarti di finale che ha promosso Roger a n.1 del tennis mondiale a 6 anni di distanza dall’ultima volta. Ma la cosa non era programmata, e nemmeno Federer sapeva che il suo coach storico e amico sin dai primi anni della sua carriera, si trovasse lì. Intervistato dal quotidiano svizzero Blick, Lüthi dichiara:

“Normalmente, Roger non ha problemi a stare da solo in queste situazioni. Ma questo non era un match come gli altri, era un’occasione speciale. Così ho seguito il mio istinto, ho pensato che fosse meglio non dirgli nulla, e assieme a mia moglie siamo volati a Rotterdam per assistere al match dei quarti di finale contro Haase”. 

Quindi Federer non sapeva nemmeno durante il match che voi foste lì?

“No, o almeno non credo. A meno che lui facesse finta di non saperlo. Avevo chiesto all’organizzazione del torneo di non rivelare nulla, e di non darci i posti in prima fila; altrimenti, ogni telecamera mi avrebbe inquadrato, e Roger avrebbe potuto vedermi”.

Quindi non eri andato a Rotterdam per tifare per lui, ma solo per non perderti di persona un momento storico?

“Era un momento speciale, ho sentito che dovevo essere lì, per lui ma anche per me stesso. Anche molti miei amici mi avevano detto che sarei dovuto essere lì con lui. Ho sperato tanto che vincesse, in modo che così potesse festeggiare insieme a qualche amico. Ma anche qualora avesse perso, almeno sarebbe stato felice di avere qualche faccia amica accanto, e forse sarebbe stato un po’ meno deluso”.

Ci credevi che sarebbe diventato il n.1 più anziano della storia del tennis?

“Ho sempre creduto che potesse vincere tornei prestigiosi e raggiungere grandi traguardi, ma per essere numero uno devi vincere tanto e con continuità, e questo diventa sempre più arduo con l’avanzare dell’età. Ecco perchè non avevamo in programma il raggiungimento del n.1 del mondo, non lo avevamo mai pianificato negli ultimi anni. Avevamo visto una chance la scorsa estate, ma poi Roger ha avuto l’infortunio alla schiena. Ad ogni modo, credo che, per chi ha trascorso così tante settimane al top del ranking, il rincorrere continuamente il n.1 non sia più così importante a un certo punto. Ma Roger ce l’ha fatta comunque, ed è incredibile!”

E’ anche riuscito a sconfiggere la pressione mediatica relativa al possibile ritorno al n.1…

“A Roger è sempre piaciuto essere nelle prime posizioni, perchè ti da tanta carica e motivazione extra. Ma non è stato per niente qualcosa di pilotato dai media. E ha cercato di non pensare troppo alle previsioni degli esperti o ai titoli dei giornali, quello può essere un grave errore. I suoi incontri non sono stati facili nè dall’esito scontato, e questo dimostra a tutti che bisogna stare attenti nel fare facili previsioni, perchè non si può mai sapere cosa succederà in campo”.

 

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