I magnifici otto: Marin Cilic

Marin Cilic è stata la vera sorpresa del 2014. Autore di due settimane perfette agli Us Open, ha regalato alla sua Croazia uno Slam a 13 anni di distanza dalla vittoria del suo coach Goran Ivanisevic. A Londra, Marin vuole convincere tutti di non essere una meteora.

Se in una bella giornata di settembre ti ritrovi, non per caso, con in mano il trofeo degli U.S. Open, la tua carriera potrebbe già considerarsi avvolta da un’aura di gloria che difficilmente se ne andrà col tempo, eppure se la carta d’identità dice “26 anni” ed i margini di miglioramento ci sono ancora, forse è meglio considerare una vittoria di tale portata come un inizio e non come una fine.

Marin Cilic, croato dai natali nobili di una scuola tennistica che ha regalato al mondo talenti, tra gli altri, come Ivan Ljubicic e Goran Ivanisevic (e, ultimo ma non ultimo, Borna Coric), è un ragazzone semplice, acqua e sapone per così dire, che è saputo uscire fuori alla distanza, sfruttando tutte le sue doti e percorrendo una strada tanto complicata quanto piena di soddisfazioni.

Destini incrociati: Marin e Goran

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Per la Croazia tutta, o almeno per quella dello sport, la finale di Wimbledon 2001 ha avuto un sapore particolare, in quegli eterni momenti che separarono la wild card Goran Ivanisevic, che tante volte aveva sfiorato solamente quella coppa dorata, da un successo che vale una vita; la vittoria della grinta, dello spirito e dell’orgoglio.
La Croazia tutta ha esultato e gioito per lui e Marin, che di anni ne aveva ancora 12, vedeva Goran e fissava bene in testa cosa sarebbe voluto diventare.
Sarà proprio Ivanisevic a notarlo in una sessione di allenamento tra i due, con il successivo connubio con Bob Brett che lo accompagnerà fino alla Top 10 ed alla semifinale degli Australian Open nel 2010. Già storia eppure semplice premessa di un trionfo, il suo, che non poteva che arrivare sotto il segno di Ivanisevic.

L’incubo del doping: il silent ban e il ritorno

Nel 2013, come ogni anno, si stilano i tabelloni dei tornei ATP, anche se il nome di Cilic non si vede più: ben presto sarà di pubblico dominio la squalifica per doping comminatagli per la presenza nelle urine di nikethamide, rilevata ad un test antidoping poco prima della sua presenza al torneo di Monaco di Baviera. Restano i dubbi per quelle zollette di zucchero comprate da sua madre, se fossero i soliti escamotage oppure un semplice incidente, assurdo per la carriera di un tennista tanto promettente. La riduzione della squalifica, però, ha sicuramente ridato slancio e ottimismo ad un giovane che si era trovato in uno dei periodi più bui della sua storia, ed il ritorno alla vittoria, con il bel successo di Zagabria nel 2014 senza concedere neanche un set, che ha iniziato a muovere nuovamente la classifica e i riflettori di tutto il mondo a favore di Marin, che di essere protagonista non aveva perso la speranza e la voglia. Da quel punto, come ci dice la storia, la stella del tennis croato è tornata a splendere.

La fine del digiuno durato 13 anni: la speranza per “l’altro tennis”

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Da Church Road nel 2001 a Flushing Meadows nel 2014, dal successo dell’icona croata al nuovo simbolo di un tennis alla ribalta, senza fenomeni unici ma con la forza del lavoro e della dedizione. Dopo Ivanisevic torna al successo un suo connazionale dopo ben 13 anni, e se quel ragazzo è proprio Marin Cilic il suo allenatore altri non poteva essere che il folle Goran, colorito e sprezzante in campo ai suoi tempi ed estremamente attento e competente nella preparazione di Cilic, capace di dargli nuova linfa e, come detto dallo stesso Cilic, in grado di donargli ancora una volta la gioia di giocare a tennis. Dopo il successo, tra le lacrime e l’abbraccio al suo angolo, il tentativo di telefonata a casa, come se fossero distrutte quelle barriere che portano l’umano a diventare superuomo, perché in fondo di un semplice ragazzo si tratta, dalla faccia pulita e con la testa ben salda sulle spalle.
Ancora incredulo durante la conferenza stampa post-finale, Marin ha tenuto a precisare che la sua vittoria era la speranza per molti, per tutti quelli che erano etichettati come “comprimari”, che grazie alla forza di volontà ed alle migliaia di ore in campo un giorno avrebbero potuto crederci davvero. La vittoria, insomma, arriva tanto bella quanto inattesa, e come lo era stata per Ivanisevic, è una vittoria di tutti e per tutti.

Il futuro dietro l’angolo: l’approdo alle Finals e tanta strada ancora davanti

Dalla prossima stagione l’asticella non potrà fare altro che alzarsi, tra i nuovi obiettivi sull’arida terra rossa e tanti traguardi ancora da superare per primo.
Se per l’onnipresente Ivanisevic la vittoria del 2001 era stata la perfetta chiusura del sipario per una ottima carriera, quella di Marin serve a dare continuità, serve ad aprire tutte le porte di questo mondo, con quelle delle Finals di Londra che si apriranno tra pochi giorni.
Otto maestri, otto in cima al mondo del tennis. Forse è ancora uno tra i tanti, con i top ancora qualche gradino sopra, ma non si può negare che anche a New York le premesse erano le stesse ed il risultato è sotto gli occhi di tutti.

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