Wimbledon: le dichiarazioni post-match di Djokovic e Federer

Djokovic e Federer si fanno i complimenti nelle dichiarazioni post-match, ma Nole dice qualcosa in più. Roger non intende ritirarsi e rilancia.

Col sorriso del campione consumato, che ha già scritto la storia di questo sport, Federer ammette la superiorità di Djokovic con una dichiarazione simpatica e il sorriso sulle labbra: Novak ha giocato grande tennis oggi. Anzi, per due settimane anche. E per tutta la stagione. E l’anno scorso. E quello prima ancora …”. Insomma, il terzo e quarto set sono stati una dimostrazione non tanto di forza e tecnica, quanto di solidità mentale.

Certo entrambi i giocatori hanno avuto la possibilità di andare a condurre due set a zero o di trovarsi nella situazione opposta, e invece, all’inizio del terzo set erano pari. Poi il serbo ha cambiato marcia.

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Diplomatico ma come sempre molto onesto il vincitore Novak Djokovic: “Prima di tutto, devo dire che questa è stata una grande sfida. Per giocare contro Roger si richiede di superare i propri limiti, di faticare per guadagnare un solo punto”. Il serbo ha poi affermato che Federer “è un grande campione, probabilmente il mio più grande rivale che potessi avere”. Fin qui siamo alle solite dichiarazioni post-match. Molto più interessante questa considerazione del numero uno del mondo: “Molti giocatori della mia generazione sono cresciuti guardandolo e seguendo il suo esempio. Sapevo prima di affrontare Roger che stava giocando molto bene, come al solito, al suo meglio quando conta davvero. Ma oggi ho avuto la sensazione che tutto il lavoro che ho fatto sia servito realmente per essere più forte di lui”.

Nole ha poi proseguito questo ragionamento, a metà tra il riconoscimento del valore dell’avversario e la consapevolezza di essere in questo momento il giocatore più forte del mondo, affermando che è davvero curioso riflettere sul fatto che tanto lavoro sia infinitamente lungo in rapporto all’attimo in cui alzi il trofeo, una sensazione che fa rabbrividire”. Insomma, un Djokovic filosofo, che coglie quasi bergsonianamente la precarietà della nostra condizione, della quale lo sport è meravigliosa metafora.

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Dichiarazioni coerenti con quelle di Federer, che, come detto, ha ammesso la superiorità del suo avversario ma ha anche ricordato come le occasioni non siano mancate per porre le basi di una partita completamente differente: “per conto mio ho giocato davvero bene, solo che Nole ha giocato i punti importanti con grande solidità, come una roccia, davvero notevole. Al momento continuo a considerare un privilegio essere qui, vivere queste sensazioni”. Alla consueta domanda circa la continuazione della propria carriera Federer ha risposto in modo decisamente netto:Mi sento ancora motivato e non ho intenzione di smettere, anzi, ritengo che tornei e partite come queste siano molto incoraggianti in questo senso”.

Allo stesso modo il riconoscimento del campione 2014 e 2015 è stato elegante: “è sempre un privilegio giocare contro Roger qui, credo rappresenti la sfida più bella possibile”. Quando gli è stato esplicitamente chiesto quanto le sue doti atletiche abbiano influito oggi, anche in relazione all’età,  Nole ha risposto: “Nel primo punto del tie-break del primo set ho usato molto il mio fisico, ad esempio, sono stato più vicino al campo anche negli cambi tesi e tirati; indubbiamente la mia fisicità ha avuto un peso, sarei disonesto nel non ammetterlo”.

Non sappiamo quanto queste dichiarazioni di stima reciproca siano reali e quanto d’occasione: forse la patata bollente lanciata da Boris Becker (“i due si detestano chiaramente”, ha dichiarato qualche giorno fa il campione tedesco, ora coach di Djokovic) è stata un modo un po’ guascone, un po’ spavaldo, per creare pressione attorno alla svizzero. Del resto il tennis di Becker aveva queste caratteristiche, che andavano fuori dal campo a pizzicare i nervi già tesi dei tennisti. Il tennis di oggi è sicuramente più legato al fair-play, in certi casi all’amicizia, di sicuro alla stima reciproca. Oggi le dichiarazioni di fine match non potevano che essere improntate al riconoscimento reciproco del valore espresso in campo, un piccolo pezzo di storia del tennis.

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