Matteo Berrettini, il nuovo “nuovissimo” che avanza

Il tennista capitolino ha appena vinto il primo titolo ATP a Gstaad. Matteo ispira tanta fiducia non solo per la giovane età, ma anche per la tipologia di gioco che esprime: servizio devastante, dritto micidiale e la capacità di giocare i match point come un vero veterano. Forse abbiamo trovato il nostro Andy Roddick; di sicuro abbiamo trovato un atleta che sa come si fa a vincere.

Quando si dice che il tempo è galantuomo si può affermare che con Matteo Berrettini lo è stato per davvero. Da anni aspettavamo un tennista come lui: alto con un fisico possente, dotato di un servizio che lascia le buche per terra, scattante al volo, con un bel dritto che ricorda tanto quello di Del Potro, agile nelle gambe, solido mentalmente e che, per qualità ed attitudini, può far bene anche sul cemento, quella superficie che alla storia del tennis italiano maschile non è mai piaciuta troppo. Berrettini incarna tutte le caratteristiche del tennista moderno, quello atletico e potente che, al giorno d’oggi, vince e spacca ovunque se talentuoso come lui. Ma non si diventa campioni per caso, ci vuole tempo, lavoro, costanza e l’accompagnamento di un allenatore che sia anche un mentore e il tennista romano, in questo, è stato bravissimo ad affidarsi ad un coach come Vincenzo Santopadre, un tecnico che non ha mai voluto che Matteo si bruciasse troppo presto, ma che lavorasse sodo prima di gettarsi nel calderone del professionismo. “Bisogna essere pronti, prima di calcare i grandi campi” –ha detto Vincenzo due mesi fa in un’intervista per il Tennis Italiano- “Non mi pento di aver fatto giocare per più tempo Matteo nei circuiti Futures e Challenger. Il Tennis è uno sport difficile, selettivo e per non esserne schiacciato devi essere sicuro di poter affrontare qualsiasi avversario“. E’ stato quindi un progetto partito da lontano, fin dal circolo Canottieri di Aniene, dove Matteo è cresciuto sportivamente, coccolato da una folta schiera di esperti che non lo hanno mai pressurizzato, che non gli hanno mai posto fretta, ma contrariamente hanno cercato di capire le peculiarità del suo fisico e quale tipologia di gioco potesse confarsi totalmente a lui. Prima di tutto il servizio: potente, preciso, una vera bomba esplosiva che al giorno d’oggi è imprescindibile per impostare uno schema di gioco concreto e vincente; poi il dritto, potenziato e perfezionato fino a diventare un’autentica sassata; di seguito il gioco di volo, che non può essere trascurato soprattutto in un’epoca ricca di ribattitori velenosi a cui bisogna tagliare le gambe; ancora il rovescio, non un colpo spettacolare e solido, ma che può essere migliorato col lavoro e la pazienza, doti appartenenti a Matteo; in ultimo il carattere, il reale punto di forza di Berrettini, quell’arma in più che può dettare la differenza, quel tallone d’Achille di troppi atleti nostrani che spesso vivono con eccessivo timore e un’incomprensibile paura il momento della chiusura. Anche questo è frutto del grande lavoro del suo allenatore, un uomo discreto, un tennista d’altri tempi, quelli in cui i modelli alla Edberg o alla Sampras erano il non plus ultra per tutti; un giocatore, Santopadre, che ha lottato prima di tutto con se stesso per migliorarsi in continuazione, per essere una punta sulla quale contare in Davis e per onorare la fortuna di essere un tennista professionista. Matteo ha assorbito totalmente la lezione di umiltà del suo mentore e oggi, sul match point contro Bautista Agut, ha messo in pratica ogni insegnamento, ovvero che l’unico obiettivo di un ragazzo di 22 anni, che ha scelto di fare il tennista perché ama questo sport, perché gli piace e non perché qualcuno lo ha costretto, deve essere la vittoria. La ricetta vincente dell’escalation di Berrettini, che nell’ultimo anno ha guadagnato oltre 200 posizioni nel ranking, è proprio l’autonomia, la volontà di voler competere come piace a lui. Non ci sono modelli di riferimento o miti da emulare, ma semplicemente una profonda consapevolezza di come ama giocare. Ed è una virtù, questa, che il giovane romano ha scoperto poco a poco, impegnandosi ed allenandosi in modo certosino ma non ossessivo, calcando tutte le superfici senza sceglierne una in particolare, cercando di sfruttare appieno la capacità di far meglio una cosa piuttosto che un’altra e questo è un fatto non trascurabile per un astro nascente italiano, soprattutto in un panorama così monopolizzato dai circoli e troppo poco dal rapporto con la realtà effettivamente giocata. In questo palcoscenico così semplice e immediato, Matteo è riuscito a distaccarsi dagli sponsors, dalle esigenze dei soci ed è stato capace di trovare la sua dimensione allenandosi anche da solo; perché quando si possiede la stoffa del campione il preparatore sa che deve lasciar fare e che è lui a doversi adeguare alla caratterialità del proprio pupillo.

Berrettini con Santopadre e Filippo Baldi
Berrettini con Santopadre e Filippo Baldi

Tutto questo è ciò che ha condotto Matteo alla vittoria, un cammino per certi versi lento ma che ha favorito la ribalta di un atleta atipico per il tennis italiano, uno di quelli che disegna i buchi per terra quando colpisce la palla e che, di conseguenza, porta a casa il match. Un atleta che non gioca di rimessa o di difesa ma che aggredisce, non urla, non si arrabbia col pubblico e se sbaglia azzera e riparte daccapo; un aspirante campione con in mente una carriera da vivere e da costruire, che senza troppi clamori oggi ha regalato il terzo titolo, in una settimana, all’Italia del Tennis e che sicuramente non sarà l’ultimo. Serviranno calma e tempo (qualità di cui noi italiani siamo spesso privi), ci vorranno tante partite di cui molte, probabilmente, verranno perse, ma l’essenza di Berrettini sta tutta lì, nel preoccuparsi più quando vince che quando perde, perché la sconfitta (come gli è stato insegnato) è solo una ripartenza, mentre la vittoria un punto di passaggio. Intanto il numero 54 in classifica è nelle sue mani e questo significa accedere con facilità ai tabelloni principali dei tornei maggiori e sudare meno per arrivare a competere con i più grandi. Tutti sappiamo che il risparmio di energie è, spesso, la chiave vincente per arrivare a fine corsa e siamo certi che per Matteo questo sia solo l’inizio di un percorso che già in tanti avevano ipotizzato e che ora sembra più che mai realizzabile. I complimenti a lui e al suo staff sono doverosi e, qualsiasi cosa accadrà in futuro, non potranno mai essere ritenuti esagerati, perché l’impresa di oggi è e resterà grandissima, a discapito di tutto ciò che verrà.

0 comments
  1. Solo complimenti per Matteo…è stata una settimana davvero speciale per il giovane romano.Dopo Fognini un altro italiano vince questo torneo …una bella soddisfazione per il tennis italiano

  2. Torneo perfetto, grande gioco, se dovesse esprimere un tennis sempre su questi livelli potrebbe sicuramente essere un grande, su tutte le superfici, ricorda un Sampras da giovane.

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