Nick Kyrgios, è (finalmente) giunta l’ ora?

Dopo la maiuscola prestazione all' Atp di Acapulco, che gli ha permesso di superare nientemeno che Novak Djokovic, torna di attualità il dilemma amletico che da qualche anno ci tormenta: Nick Kyrgios è pronto per compiere il definitivo salto di qualità, o è destinato a ripercorrere le orme del suo connazionale Bernard Tomic? Eterne promesse, o predestinati?

Ci risiamo, Nick Kyrgios torna a far parlare di sé,  dopo aver realizzato una grande impresa: ebbene sì, perché sconfiggere Novak Djokovic in due set, al giorno d’oggi può essere ritenuta un’ impresa, un’ impresa che più volte l’ australiano ha dimostrato di poter realizzare, potendo vantare nel suo pur breve curriculum, affermazioni prestigiose contro i vari Federer, Nadal, Djokovic, e molti dei big del circuito, ma che al tempo stesso l’ hanno visto conquistare la “miseria” di soli tre tornei, in una carriera che è comunque solo agli inizi.

EXPLOIT O SALTO DI QUALITÀ- Inutile ripetersi, Kyrgios ha già dimostrato di possedere tutte le carte necessarie per diventare uno dei big della prossima generazione, ma fino ad ora ha sempre fallito l’ appuntamento con la continuità e con la consacrazione, per colpa di un carattere che troppe volte l’ ha tradito, facendogli guadagnare l’ etichetta di bad boy. Scontri con la stampa, prestazioni al limite dell’ indisponenza, l’ impressione di vivere il tennis come se fosse un piacevole hobby piuttosto che una professione da svolgere con impegno e dedizione, sono solo alcuni dei “contro”, che fino ad ora hanno avuto la meglio su di un talento smisurato, che rischia di avere una carriera alla Marat Safin per intenderci, piuttosto che quella di uno dei Fab Four.

Un giocatore in grado di giocarsela alla pari con tutti i migliori, e di rendergli la vita difficile o addirittura di sconfiggerli, non può continuare a fluttuare nel limbo della top venti, nella quale si trova già da diversi mesi, con la tredicesima posizione in classifica come best ranking, senza mai riuscire a dare l’ impressione di essere diventato grande, o di aver colmato il gap con i big. Un giorno si batte Djokovic, e il giorno dopo si viene mestamente sconfitti da un illustre signor nessuno? È un film che si è già visto, e non sappiamo se si continuerà a vedere per tutta la carriera di questo ragazzo, capace di infiammarsi e di prendere a pallate Rafa e Roger, ma capace al tempo stesso di farsi rimontare due set davanti a un pubblico tutto dalla sua parte, contro un qualunque Andreas Seppi.

Sono troppe le volte in cui guardando un incontro di Kyrgios, la prima cosa che veniva da dire era che: “oggi non ne ha voglia”, e viene automatico pensare che il giovane Nick potrebbe essere un degno erede di un altro incompiuto come Bernard Tomic, suo connazionale.

TOMIC, TALENTO INESPRESSO- I dubbi sul futuro di Kyrgios, i dilemmi sulla sua imminente ma al tempo stesso incerta esplosione, sono tutti temi, che qualche anno fa, sono stati già trattati parlando di Bernard Tomic. Tante analogie fra i due aussie, che non sono certo di buon auspicio per Nick il cattivo: sul talento di cui dispone Tomic non ci sono dubbi, ricordiamo il suo primo grande exploit, che a soli diciannove anni l’ ha visto raggiungere i quarti di Wimbledon; ma anche per il ventiquattrenne Bernard il carattere è sempre stato il grande tallone d’ achille.

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E come dimenticare gli innumerevoli problemi di carattere legale o giuridico, che hanno visto Tomic protagonista, per la sua guida indisciplinata, per il festino di Miami, per i presunti rapporti col mondo della droga, per le controversie con la Federazione Australiana, contornati dalla presenza del suo vulcanico padre, protagonista in negativo della carriera del figlio.

Anche per Tomic le prospettive erano molto più rosee: un servizio poderoso, dei colpi da grande giocatore, uniti ai 196 centimetri di altezza, che non fanno mai male, erano tutti segnali che portavano in un unica direzione, quella del diventare un campione. Ma come diceva una nota pubblicità, la potenza è nulla senza controllo, e Tomic è la conferma vivente di questa teoria. I troppi ritiri di cui si è reso protagonista, uniti a numerose prestazioni ambigue, che vedevano Bernard autore di incontri, che si sarebbero potuti definire “a tempo”, nei quali dava l’ impressione di voler uscire dal campo prima possibile; se a tutto questo aggiungiamo i ventiquattro anni oramai superati, possiamo tristemente riporre le speranze che avevamo in questo ragazzone talentuoso, e rassegnarci a vedere un altro potenziale top ten, tradito dalla scarsa determinazione, e dal poco spirito di sacrificio.

Alla luce di tutte queste analogie, il timore che Nick da Canberra possa essere un potenziale nuovo Tomic, è vivo più che mai, ma al tempo stesso è difficile anche solo pensare, che un tale potenziale possa essere sprecato, soprattutto all’ alba di un’ epoca che si prepara a piccoli passi a salutare i Fab Four, e che ha più che mai bisogno di nuovi campioni da ammirare.

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