SETTIMANA ATP: SUCCESSO NUMERO UNO PER DIMITROV, GASQUET RIMONTA, HAAS TRIONFA

Grigor Dimitrov a Stoccolma vince il suo primo trofeo in carriera battendo David Ferrer. Dopo un 2013 incostante potrebbe essere l'anno prossimo l'anno del suo approdo fra i grandi. A Mosca Gasquet approfitta del braccino di Kukushkin e vince al terzo una partita che si era parecchio complicata e guadagna punti preziosissimi per l'obbiettivo Masters. Haas vince per la seconda volta a Vienna, undici anni dopo il suo primo successo austriaco, contro un valoroso Robin Haase

E’ Grigor Dimitrov il vero protagonista di questa settimana. Le altisonanti aspettative per il ventiduenne bulgaro di un futuro nei piani alti del tennis mondiale stridevano un poco con quello zero nel suo palmarès di titoli conquistati. Grigor stesso, al termine di una metà stagione deludente, culminata con la rovinosa sconfitta in cinque set per mano del coetaneo portoghese Joao Sousa, aveva dichiarato di essere pronto a ripartire, mirando innanzitutto alla vittoria di un torneo. Oggi ce l’ha fatta, in quel di Stoccolma, superando in rimonta lo spagnolo David Ferrer che non aveva mai sconfitto nei tre scontri precedenti, l’ultimo dei quali si era giocato sempre in Svezia, ma sulla terra di Bastad, chiuso per 6-3 7-5. La partita più lottata era avvenuta due anni fa sul cemento di Cincinnati, dove il giovane bulgaro nel primo set aveva approfittato delle sue accelerazioni per scompaginare la maratona del valenciano, che poi però ha rimontato vincendo al terzo. Oggi è stato un Dimitrov diverso, la cui costanza e solidità hanno infranto perfino un mostro di regolarità, seppure in crisi, come lo spagnolo.
Questa vittoria, sopraggiunta al termine del 2013, di certo lascia buone prospettive per il ‘baby-Federer’ che, secondo le speranze di alcuni, dovrebbe essere il nuovo araldo del bel tennis per gli anni a venire.
Quello di Dimitrov è di certo un grande talento, che tuttavia rischiava di rimanere inespresso per la sua scarsa resistenza, fisica e mentale, quando il gioco si fa duro e il match dilaga nella pura lotta. I crampi, i troppo frequenti passaggi a vuoto e un gioco elegante ma molto fragile se comparato ai nuovi battitori come Raonic, rischiava di far di lui un virtuoso della racchetta bello da vedere in tv e nelle tribune che avrebbe potuto raccogliere qualche exploit di tanto in tanto ma non sarebbe mai stato in grado di competere coi migliori; in questo torneo ha dimostrato esattamente il contrario, agevolato da un buon tabellone ma ottimo contro Benoit Paire e David Ferrer, potendo così far felice la fidanzata Maria Sharapova, in questi tempi assente dal circuito.

Ottima vittoria anche per un altro, che incompiuto probabilmente lo sarà sempre, ma che in questa stagione ha sicuramente dimostrato di poter fare altri progressi. E’ il francese Richard Gasquet, il quale si aggiudica l’atto finale della Kremlin Cup di Mosca battendo 6-4 al terzo il kazako Michail Kukushkin. Il ventiseienne di Astana aveva vinto il suo unico trofeo sempre in Russia, ma a San Pietroburgo, dove aveva sconfitto Mikhail Youzhny. Nel 2012 raggiunge gli ottavi agli Australian Open e sale a ridosso della quarantesima posizione mondiale ma una serie di infortuni lo frena per svariati mesi. Ritorna a settembre, vince alcuni challenger e sale posizioni nel ranking. Ma è proprio qui a Mosca che risorge davvero questo potente e sfortunato ragazzone, firmando un torneo quasi perfetto, superando Dolgopolov e il campione uscente Seppi, fino ad arrivare molto vicino alla vittoria contro il ventottenne francese, la cui esperienza, unita alla paura di vincere del kazako, ha portato l’ago della bilancia verso dalla sua parte. Probabilmente Kukushkin stanotte si sognerà quelle quattro palle ottenute al turno di servizio per salire 6-4 5-3, prima che il francese avesse il coraggio di spingere il piede sull’acceleratore e rimontare. In ogni caso, se finale permette a Kukushkin di fare un enorme balzo dal n. 102 al n. 67 del ranking, la vittoria per Gasquet tiene accese le speranze in vista delle ATP Finals: ormai sono tre – lui, Jo-Wilfried Tsonga e Stan Wawrinka, seguiti a ruota da Milos Raonic – i giocatori che si contendono gli ultimi due posti per Londra. Tutto si deciderà a Basilea – dove sono presenti Gasquet e Wawrinka – e nell’ultimo Master 1000 della stagione, a Parigi-Bercy.

La vittoria più bella, nel match decisamente più coinvolgente, è stata quella di Tommy Haas, il quale a trentacinque anni sconfigge il quasi omonimo avversario, l’ottimo Robin Haase, e a Vienna conquista il suo quindicesimo titolo in carriera, il secondo dell’anno dopo Monaco. Un evergreen vivente, il grande Tommy, uno che è ancora in grado di lottare come un ragazzino (e non sono frasi fatte) proprio qui nella capitale austriaca, dove era già stato finalista due volte, secoli e secoli fa, nel 2000 e nel 2001. Se la prima volta aveva perso da Henman, l’anno dopo non sbaglia e conquista il titolo battendo l’argentino Canas. Ora, a distanza di undici anni, ritorna a vincere battendo in serie “Gattino” Mecir, figlio di Miroslav, Radek Stepanek, uno strepitoso Rosol e un ancor più sbalorditivo Haase, esecutore di Pospisil, Fognini e Tsonga. La maggiore esperienza del veterano di Amburgo ha prevalso sull’olandese, finalista quest’anno anche sulla terra di Gstaad. Haas quest’anno ha costruito una stagione straordinaria: ora è n. 12 al mondo e per un pelo non raggiungerà il Masters di fine anno. Il tennis non si ragiona con i “se”, ma chiediamoci ugualmente cosa sarebbe successo, ci si può domandare, se Tommy non avesse avuto quel calo di risultati nella fase centrale della stagione? Forse non avrebbe avuto ancora il biglietto per l’Inghilterra, ma di certo avrebbe già preparato le valigie.

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