Stefano Travaglia: “Obiettivo top 100, anche se alcuni pensano sia da top 50”

L'italiano spiega come sia passato dall'essere sul punto di abbandonare il tennis a soli 20 anni ad essere chiamato ad allenarsi a Dubai con Roger Federer sognando di raggiungere l'élite.

Sono 4 gli italiani nella Top 100. Un numero discreto ma importante per una nazione come l’Italia. Fognini, Lorenzi, Seppi e Fabbiano sono ormai i referenti maschili del nostro Paese, ma non sono i soli. Sotto di loro compaiono altri nomi che puntano ad avere storie altrettanto interessanti. Uno di queste è quella di Stefano Travaglia, un giocatore di tennis di 25 anni, Nato sui campi veloci, figlio d’arte, entrambi i genitori maestri di tennis, a soli 18 anni vinceva il suo primo torneo ITF in Cile. Purtroppo ha già dovuto fare i conti con due gravi infortuni. Il primo, ed il più pericoloso lo ricorda ancora con dolore, cosciente di aver rischiato qualcosa di più della carriera professionistica. Un capitolo della vita molto oscuro. Lo stesso giocatore lo racconta ad Il Tennis Italiano con emozione ma con la fortuna e la consapevolezza di averlo ormai superato.

L’INFORTUNIO – “Era una discesa che avevo fatto in numerose occasioni, ho iniziato a scendere le scale di casa con il mio passo giovanile, quasi saltando, ma ero in ciabatte, quindi avevo meno presa.” La donna delle pulizie aveva appena finito il suo lavoro e il pavimento era ancora scivoloso, era anche un po’ buio, sono letteralmente volato via, mettendo avanti le mie mani, istintivamente, cadendo sulla finestra che si estendeva su entrambi i lati delle due rampe, quelle piccole aperture di vetro che si illuminavano un po'”, ricorda quell’episodio d’estate nel mezzo della stagione che lo ha costretto ad appendere la racchetta per tredici mesi, a causa dello spettacolare incidente al suo braccio destro. “Non ho sentito dolore, ho provato un molta paura perché ho visto tanto sangue e sapevo che era successo qualcosa di serio. Poi ho visto il mio braccio e, dei momenti successivi, onestamente ricordo poco. Non ero svenuto, anche se non ero del tutto cosciente. Il vetro aveva tagliato le mie arterie e i tendini, avevo solo vent’anni”, I genitori lo soccorsero salvandogli la vita dice Travaglia a proposito dell’evento. “Adesso puoi muovere di nuovo la mano ed il braccio. In ogni caso, ne parleremo di nuovo tra sette mesi, è necessario un recupero di 2-3 anni “, gli disse il medico, una previsione che, per fortuna, non è stata corretta.

Stefano Travaglia
Stefano Travaglia

DALL’ARGENTINA A DUBAI – Dal luglio 2011 ad agosto 2012, un viaggio pieno di dubbi ed angoscia che l’italiano ha finito per decifrare. “Ricordo che all’inizio le mie dita si muovevano, ma io non le sentivo. Poi ho ricominciato finalmente a colpire la palla e dopo molti mesi ho giocato di nuovo alcuni game. Avevo perso tutti i punti della classifica, ero sceso allo zero assoluto, non ero più nessuno, non avevo un passato. Ma non mi importava, mi sentivo ancora un atleta e mi sono goduto quel momento, semplicemente. Ricordo la prima partita a Mar del Plata, sempre in Argentina, in un torneo Futures: dopo soli tre game ero già stanco, avevo i colpi ma non avevo energie, facevo di tutto per rimanere in gioco. Poi ho finito per perdere, ma ero contento di esser tornato. ” Un ricordo amaro che è stato archiviato nel corso degli anni e ha finito per riportare Stefano in competizione e gli riservato anche piacevoli sorprese. Come giocare a Wimbledon, avvicinarsi alla top100 o allenarsi con Roger Federer. “Il suo allenatore si mise in contatto con me quando ero a giocare un Futures in Argentina, ma mi sentii pronto, non potevo pensare alla distanza e anche Ljubicic fu subito convinto: ho chiuso la chiamata e in pochi minuti ho ricevuto i miei biglietti da Buenos Aires a Dubai”, racconta su quanto accaduto lo scorso gennaio.

L’ALLENAMENTO CON FEDERER – Tuttavia, l’esperienza non è iniziata come avrebbe voluto. “Ho dovuto tenere il passo con Federer, in modo che il giorno dopo sono andato in campo e lui era già dall’altra parte della rete. Mi ha mandato una palla piatta, comoda, l’ho colpita e l’ho mandata in rete. Mi manda un altro colpo, piatto, aerodinamico, perfetto, ma sono andato a colpirlo con più decisione e l’ho spedito sulle recinzioni del campo. Terza palla, stessa destinazione: reti di recinzione. Ero molto arrabbiato, mentre Roger taceva. Mi sentivo perso, ma lui mi guarda, fa un gesto alzando la mano e iniziamo a giocare. Lo facciamo per due settimane. Ora che frequento anche i tornei Grand Slam, succede che lo incontro e lui mi riconosce, mi saluta, questo perché ho avuto l’onore di allenarmi con chi ha fatto la storia del tennis “.

Oggi Travaglia sa già cosa vuol dire vincere le partite nei Grand Slam e occupa la 135esima posizione in classifica, ma sa che ha ancora molta strada da fare fino a quando non realizzerà il suo sogno. “Voglio arrivare alla top100, anche se tutti mi dicono che potrei tranquillamente essere tra i primi 50. Sento che il meglio deve ancora venire. “

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