Le magnifiche otto: Serena Williams

Pochissime riescono a diventare la numero uno al mondo, ancor meno sono quelle che hanno guidato il ranking WTA per un totale complessivo di 210 settimane. A 33 anni, Serena Williams ha raggiunto questo traguardo. Nel 2014, nonostante alti e bassi, la regina è ancora a lei. di G.Lupi

Gli esordi, dove tutto è iniziato. 

Il sogno di ogni ragazzina che si avvicina al mondo del tennis è quello di diventare la numero uno al mondo. Pochissime vi riescono, ancor meno sono quelle che possono affermare di aver guidato il ranking WTA per un totale complessivo di 210 settimane. Serena Williams ha raggiunto questo rimarchevole traguardo proprio questa settimana. A 33 anni, nonostante alcuni problemi fisici, ha vinto tutto quello che si poteva vincere. Nel 2014, nonostante alti e bassi, la regina è ancora a lei.

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E’ la cittadina di Saginaw nel Michigan a dare i natali il 26 settembre 1981 a Serena Williams.La famiglia Williams, di etnia afroamericana, è composta da papà Richard, mamma Oracene Price e quattro figlie: Lyndrea, Isha, Venus e Serena. A metà degli anni ’80 i Williams lasciano il Michigan per la California (Compton, un sobborgo di Los Angeles) ed è lì che Serena e la sorella maggiore Venus impugnano per la prima volta la racchetta. Nel 1990 nuovo trasferimento in Florida, destinazione West Palm Beach.

Fino a quel momento seguite in toto dai genitori, le due Williams hanno così la possibilità di frequentare l’accademia tennistica di Rick Macci. Macci si accorge subito di avere tra le mani due potenziali fuoriclasse ma deve spesso scontrarsi con le idee di papà Richard. Serena e Venus sono ancora delle bambine ed hanno il diritto di essere considerate come tali.

Nel 1991 Serena è l’assoluta dominatrice tra le giocatrici under 10 della Florida con un bilancio di 46 vittorie e 3 sole sconfitte nel circuito giovanile della Federtennis statunitense. Il padre decide però di interrompere la carriera “agonistica” delle giovani figlie. La motivazione ufficiale è di allentare la presa con il tennis per concentrarsi maggiormente sugli impegni scolastici.

Quattro anni dopo, nel 1995 s’incrina definitivamente anche il rapporto Macci-Williams. Richard opta per seguire direttamente e personale i suoi “gioielli”. A chi le chiede se aver rispettato le diverse tappe del circuito junior sarebbe stato più utile, Serena risponde così: “Non fanno tutti le stesse cose. Penso che io e Venus abbiamo tentato una strada diversa ed ha funzionato.”

Le straordinarie potenzialità di Serena bambina si trasformano presto in obiettiva realtà nel circuito professionistico. Nel ricchissimo palmares della 33enne Serena si contano tra singolare e doppio 31 titoli dello Slam, quattro ori olimpici (Sidney 2000, Pechino 2008 nel torneo di doppio con la sorella Venus, e Londra 2012, in un magico bis singolare-doppio), ed oltre trenta milioni di dollari in soli premi vinti.

Nel 1995 a soli 14 anni è già professionista. Nell’ottobre di due anni dopo, a 16 anni appena compiuti, batte l’ex leader WTA Monica Seles e Mary Pierce a Chicago. Nella storia del tennis femminile nessuna giocatrice con un ranking più alto (304) è mai stata capace di sconfiggere due delle primi dieci al mondo. Con la vittoria su Irina Spirlea a Miami nel marzo 1998 stabilisce subito un record: dopo soli 16 incontri può già vantare tra i suoi “scalpi” 5 top ten.

La leadership mondiale colta nell’estate del 2002 è logica conseguenza di un dominio quasi assoluto che inizia in primavera e dura sostanzialmente un anno. Dal Roland Garros 2002 infila i quattro titoli dello Slam. Non può però dire di aver completato il “Grande Slam” solo perché la vittoria di Melbourne cade nel 2003Nel triennio 2004-06 Serena può giocare veramente poco: esce dalle top 100 e deve praticamente ripartire da capo. Nel 2009, con il quinto sigillo di inizio anno a Melbourne (record assoluto, se si escludono i titoli di Margaret Court) consolida la leadership mondiale ma deve fare i conti con un nuovo infortunio che la tiene ferma per tre mesi.

In poco più di tre anni si riprende tutto quello che aveva perduto. Poi un’embolia polmonare, a cavallo tra il 2010 ed il 2011 la tiene ferma dai campi da tennis, provocando sgomento nel panorama tennistico mondiale, ormai rassegnato all’idea che la pantera nera non tornerà più a solcare un campo da tennis. Ed invece, in perfetto stile Williams, è solo l’inizio di un nuovo dominio. Il sigillo a Wimbledon nel 2012 e l’inizio di un’egemonia incontrastata, a partire dal 2013, che le frutta altri 4 Slam, ultimo dei quali lo scorso agosto a Flushing Meadows, dopo un’annata tutt’altro che rosea, se si considerano i livelli ai quali ci aveva ben abituato nel biennio passato.

Il 2014, anno emblematico. 

La pantera ruggente e pressoché imbattibile che tutti conoscono, quest’anno, negli Slam, si è clamorosamente smarrita fra gli ottavi persi in Australia con Ana Ivanovic, il secondo turno perso con Garbine Muguruza al Roland Garros, il terzo consegnato ad Alize Cornet a Wimbledon, salvo poi riprendersi in extremis agli Us Open, torneo nel quale solo le più forti vincono. Ha vinto quest’anno Brisbane, Miami, Roma, Stanford e Cincinnati. Quante volte, nonostante ostacoli all’apparenza insormontabili, si è rialzata rimettendosi in cammino fino a ritrovare la strada per spadroneggiare da regina. E poi, ci sono posti che ti avvolgono di magia, restituendoti consapevolezza ed energia vitale. Stanford è stato uno di questi.

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Serena Williams infatti, ha iniziato la preparazione in vista degli US Open in Croazia, insieme al suo coach Patrick Mouratoglou, dove, alternando tennis a lanci di palline di gelato, si è rilassata ed ha riformattato la memoria. Il tutto coronato dal suo 61esimo titolo in carriera, il quarto stagionale: a Stanford, nel Bank of West Classic, ha infatti battuto in finale la tedesca Angelique Kerber in due set 7/6 6/3. Proprio questo torneo, ha segnato per ben due volte un punto di svolta nella carriera della Williams. Nel 2011, reduce dalla sopra citata embolia polmonare a causa della quale rischiò la vita e da un’infezione ignota al piede, precipitata sotto la 100esima posizione del ranking, la minore delle Williams ha saputo ritrovare il gusto della competizione e gli stimoli necessari per tornare ad alzare un trofeo. Sotto il cielo californiano ebbe la meglio della stessa Bartoli che le sbarrò la strada poche settimane prima a Wimbledon. Nel 2014, a distanza di ormai 3 anni, si è fatta forza ed ha cancellato l’immagine imbarazzante da automa sgonfiato durante il secondo turno del torneo di doppio, a Wimbledon. I postumi di Wimbledon non promettevano nulla di buono in casa Williams. L’immagine di quella Serena inerme, senza forze, barcollante sul Campo 1 dell’All England Club, era l’emblema di una campionessa spaesata, messa K.O. all’angolo del ring. Ed invece ha mostrato al mondo tutta la sua grandezza, e la sua infinita voglia di primeggiare, anche quando la concorrenza sembra spietata e nonostante il peso dell’età inizi a gravare sulle sue spalle. 

Alla sua nona apparizione, si presenta alle WTA Finals di Singapore dopo un ritiro al secondo turno del Wuhan Open a causa di un virus intestinale, seguito, la settimana successiva, da un ulteriore ritiro dal China Open, a causa di un problema al ginocchio che ha rischiato di compromettere la sua partecipazione al Master di fine anno. Dopo gli accertamenti del caso, abbiamo avuto conferma che Serena Williams sarà presente, più competitiva che mai (forse?) e pronta a difendere con le unghie e con i denti il suo primato mondiale, dall’assalto di Maria Sharapova che, paradossalmente, non la batte da ben 10 anni. Era il 2004, anno dell’esplosione della russa baby-prodigio. Un dato che fa clamore, se non fosse per il fatto che si sa, la classifica WTA premia la costanza, più che i risultati.

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Giorgio Lupi (Twitter: @lupi_giorgio – @Serena_VenusFan)

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