Patrick Mouratoglou; il coach giusto per Serena?

Serena è a caccia del ventiduesimo Slam per eguagliare il record di Steffi Graf. E' davvero Patrick Mouratoglou il coach giusto per quest'ultima, storica impresa? E se non fosse un problema di coach?

AD UN PASSO DA STEFFI – Serena è lì; manca un solo passo, una vittoria da incastonare quale gema tra le gemme. Una finale Slam vinta che la porti a quota ventidue, al pari di Steffi Graf e che magari sia da spinta a cercare il cielo, ossia un record di Slam vinti , di fatto, imbattibile. E’ quasi un anno che la Wiliams ci prova ed è quasi un anno che , per una beffarda trama del destino, l’obiettivo rimane non centrato. Tanti i motivi che hanno frenato la corsa di Serena; tutti apparentemente validi eppure tutti esclusi, almeno a parole, dal suo partner principale in questa impresa, ovvero il suo coach Patrick Mouratoglou.
UN SEMI SCONOSCIUTO , PRIMA DI SERENA – Mouratoglou affianca Serena dall’estate del 2012, all’indomani della rovinosa sconfitta subìta dall’americana  al primo turno del Roland Garros. Rena fu sconfitta  da Virginie Razzano, allora numero centoundici del ranking. Era ormai del 2010 che la Williams mancava sistematicamente l’appuntamento con i Grand Slam e qualcosa andava fatto e in fretta. Convintasi a cercare un nuovo coach, dopo aver lasciato papà Richard , Serena approda alla Accademia di Mouratoglou, a Parigi. Sino a quel momento il coach francese era relativamente sconosciuto. Tra i nomi importanti passati per le sue cure vi erano Baghdatis, Pavlyuchenkova, Chardy e Dimitrov. Nessuno era rimasto più di un anno, a parte Anastasia e tutti avevano una caratteristica in comune, ovvero l’aver alzato il proprio livello e raggiunto il proprio best ranking  dopo averlo lasciato.  Eppure l’alchimia tra i due si crea . La forte personalità di Mouratoglou sembra imporsi sul carattere non facile della statunitense. I suoi metodi , definiti da più parti come molto duri, sono accettati da Serena e i risultati arrivano. Nonostante i tanti successi  , le critiche iniziano a piovere copiose sul coach parigino. Troppo facile allenare la Williams, si dirà. Troppo facile allenare  colei che Patrick stesso ha definito “una macchina da guerra”. E, in effetti, mai Mouratoglou aveva dato vera prova di saper o poter agevolare quello step up che porta una giocatrice, o un giocatore, a salire dalle retrovie di una Top 30 sino alla Top 15, o magari alla Top Ten.

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UN COMUNE DESTINO- Sia come sia,  Patrick Mouratoglou è divenuto, è ancora  e rimane il co-artefice del fato della giocatrice californiana. Un attore non protagonista talvolta impegnato in uno strano moto ondivago. Il suo cercare di spiegare le defaillance Slam della sua assistita non sempre hanno aiutato i più  a capirne le vere ragioni. Negli scorsi dieci mesi si sono rincorse voci allarmate sullo stato di salute fisica e psicologica della Williams. L’assenza dalle Wta Finals di Singapore è stato interpretato come  un chiaro segnale di quanto Serena fosse stata prostrata dalla sconfitta subìta nella semifinale di New York. Inoltre, il suo fisico   avrebbe iniziato a mostrare crepe preoccupanti. Le cartilagini delle sue ginocchia sono, o sarebbero , ormai andate, stando alle dichiarazioni dello stesso Mouratoglou. O forse no, non è così. I suoi muscoli , in special modo gli adduttori, non sarebbero più dotati della elasticità necessaria per reggere l’urto di sforzi  sempre più costanti e proibitivi , viste le velocità di palla raggiunte dalle sue avversarie. Tanto è stato detto dal buon Patrick. Mouratoglou ha spesso suffragato la veridicità di queste voci, salvo poi  smentirle in altri momenti. La cruda realtà e i desiderata sempre più in piena collisione.

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LA CAMPIONESSA, AL DI LA’ DEL COACH- Ma , ahinoi, la realtà è sotto gli occhi di tutti e non ha bisogno di parole.  Serena compirà trentacinque anni il prossimo 26 Settembre e nessuno può sfuggire alle leggi di Madre Natura. Le sue prestazioni sono ancora eccezionali, ma la continuità fisica e mentale necessaria per impattare con successo i grandi appuntamenti Slam inizia a mancare. Non si possono ignorare le immense difficoltà di movimento che Serena mostra in campo. Il suo corpo sembra appesantito, le sue movenze risultano talvolta goffe ed affannose , soprattutto quando costretta ad affrontare avversarie giovani , potenti e sfrontate come la Kerber o la Muguruza, oppure  tatticamente  sagaci e tecnicamente  dotatissime come Roberta Vinci. Serena , ormai, non incute timore sempre e comunque, così come accadeva  qualche anno fa. Lei stessa sembra percepirlo, chiaramente. In molti match la minore delle sorelle Williams è sembrata impegnata nel rincorrere  l’avversaria  mentalmente, prima che fisicamente o tecnicamente. Quando poi costretta a colpire in movimento, Serena sembra spesso entrare in un limbo dal quale esce facendo leva sulla sua innata , estrema, carica agonistica. Ma , spesso, questo non basta. Non può bastare. Se così, non vi è coach che possa suggerirle modifiche utili a risolvere un problema di per sé irrisolvibile. L’esperienza di Serena è tanto vasta da averle spesso consentito  di tirarsi fuori da situazioni molto difficili.Ed  è altrettanto vasta per aver captato i segnali inequivocabili che vengono dal suo corpo. Non è un caso che l’unica devastante arma a sua disposizione, rimasta intatta nella sua potenza, sia ora il servizio. Forse, sarà a  questo fondamentale, unito alle peculiarità del gioco su erba, che Serena potrà appoggiarsi per provare a centrare a Wimbledon il suo obiettivo. Quindi,  che vi sia Mouratoglou o meno al suo fianco, non sembra ormai fare differenza alcuna.

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