Wimbledon, Il Pagellone femminile

La malinconia per un’altra edizione che giunge al termine. L’amarezza di sapere che rivedremo l’erba di Wimbledon solamente tra 12 mesi. La felicità di aver assistito, ancora una volta,  ad un’edizione che, tra tradizione e progresso, non passerà di certo inosservata. Il compiersi definitivo di una leggenda, Serena Williams, l’avanzare di una giovane spagnola, Garbine Muguruza, e molto altro. 

Serena Williams, voto 9.5 Non è certo un voto che potrà definire quello che Serena Williams  incarna nella storia del tennis. Una campionessa senza tempo, capace di decontrarsi e riacquisire energie tra un punto e l’altro, come forse nessun altro ha mai fatto nella storia del tennis, garantendosi competitività e longevità nel tempo. Ha incamerato il suo 21esimo titolo del Grand Slam, il quarto consecutivo, completando per la seconda volta il “Serena Slam”, riuscitole nell’ormai lontano periodo a cavallo tra il 2002 ed il 2003. Ha sofferto nel corso degli anni, tra problemi fisici, un’embolia per la quale ha rischiato la vita, la morte della sorella Yetunde. Si è distratta, ha subordinato il tennis alla moda, al business, alla mondanità. Ma poi è tornata, con la consapevolezza di una donna ormai matura, dominando le scene in lungo ed in largo, dopo Wimbledon 2012. Il luogo che ha segnato la rinascita di Serena e che oggi segna la sua definitiva consacrazione. Non ci sono parole per descrivere una grandezza che supera ogni definizione di “tennista umano”. Serena ha il privilegio, ma anche la condanna, di sapere che tutto dipende da se stessa. Che sia o meno la più forte di sempre, non interessa. Ma di certo non avrà eguali.

Garbine Muguruza, voto 9+ In pochi avrebbero scommesso un penny su una finale a Wimbledon di Garbine Muguruza, giunta appena alla sua 11esima partecipazione in un torneo dello Slam. E non per il suo livello, ormai in costante crescita, quando per la sua difficile adattabilità all’erba. “Non ci sono molti campi in erba in Spagna”, ha ammesso in un misto di lacrime e gioia, durante la premiazione. Eppure, sul manto erboso di Wimbledon, la spagnola è stata così a suo agio che quasi sembrasse la sua superficie preferita. Forse, dopo questa giornata memorabile lo diventerà. “Sono certa che ben presto lo vincerai anche tu, credimi”, le ha detto Serena, dopo uno splendido abbraccio alla fine del match tra una giovane promessa e quella che è stata per lei sempre un idolo da guardare in televisione. Una scena che resterà per sempre nella mente di Garbine. Era difficile pensare che potesse essere lei a fermare l’avanzata inarrestabile di Serena verso il Grand Slam, ma è senza dubbio la consacrazione per una carriera che le riserverà molte gioie.

Maria Sharapova, voto 8- Non credo si possa rimproverare molto, la russa. Masha, come amano chiamarla i suoi fans, ha trovato di fronte a sè uno scoglio insormontabile per lei, Serena. I precedenti tra le due erano impietosi alla vigilia, inutile nasconderlo, e continuano ad esserlo. Difficile anche parlare di rivalità. Forse una rivalità mediatica, tra due donne che amano primeggiare, ma non tennistica. Non c’è nessun dato che porti a pensare ad un equilibrio anche potenziale, tra le due. Certo è che Maria con Serena difficilmente tornerà a vincere, e probabilmente racimolerà anche meno di avversarie meno quotate di lei. Ma è pur vero che c’è chi riesce a battere Serena, ma non riesce a battere la Sharapova. Ed è questa l’arma vincente della russa, che difficilmente manca le grandi occasioni, quando non c’è Serena. Maria non vince a Londra dal 2004, quando, ancora adolescente, impressionò il pubblico inglese con una vittoria proprio ai danni di Serena. Poi il buio, l’intervento alla spalla, ed una mai ritrovata adattabilità. Quest’anno ha fatto il suo, soffrendo solamente con la Vandeweghe, ma non poteva fare di più.

Agnieszka Radwanska, voto 7.5 Sinceramente? La polacca deve essere molto, molto felice del torneo disputato. E’ arrivata a Wimbledon in condizioni precarie, dopo aver perso dalla Konjuh a Nottingham, e con alle spalle una stagione da dimenticare. Una collaborazione finita male con Martina Navratilova, ed un gioco che sembrava ormai non creare più alcun problema alle colleghe. “Maga Aga”, sembrava non essere più la maga capace di tessere la propria tela. Sull’erba che le ha regalato i momenti più felici, tra cui la finale nel 2012, ed altre due semifinali, ad eccezione di questa, Agnieszka è tornata a brillare. La stella di Broadway? No, di Church Road. Ma ancora troppo leggera per poter pensare di vincere un Major.

Victoria Azarenka, voto 8.5 Possiamo dirlo: Vika è finalmente tornata ai livelli che le competono. L’unica realmente in grado di impensierire Serena Williams (Watson a parte, voto 7.5 per la quasi-sorpresa), con continuità, è proprio lei. E non è una casualità che proprio contro di lei Serena abbia espresso forse il miglior tennis degli ultimi anni, rendendosi probabilmente conto di non avere alternative. La bielorussa ha dominato l’americana per 50 minuti di grande tennis, nel match più bello di tutta l’edizione dei Championships, senza mai cederle il passo, non indietreggiando, anzi affrontandola a viso aperto senza alcun timore reverenziale. Fosse stata nella parte opposta del tabellone, azzarderei a dire che sarebbe arrivata in finale. Dopo Madrid e Parigi, è ora il momento di rivederla nel posto che le compete.

Madison Keys e Timea Bacsinzsky, voto 7+ Sia l’americana che la svizzera hanno dimostrato, seppur in modo differente, di non essere giunte nei quarti per caso. Entrambe semifinaliste Slam quest’anno (Keys in Australian, Timea a Parigi), con due storie e due passati differenti, non vogliono essere ricordate come “meteore” esplose nel nulla. Una barista che riscopre l’amore per il tennis, ed una ragazzina un po’ maschiaccio che segue le orme della Davenport. Il tennis ha bisogno di belle storie da vivere, e perchè no, da raccontare.

LE ALTRE, TRA SORPRESE E SCIVOLONI

Una conferma, o forse una sorpresa? Belinda Bencic (voto, 7.5), classe 1997, svizzera e con alle spalle una carriera da junior che farebbe invidia anche alla grandi campionesse. Definita da molti, con eccessiva audacia, una giovane Hingis, la svizzera, dopo la sconfitta nel Top Shelf Open contro la nostra Camila Giorgi e la successiva vittoria ad Eastbourne, è arrivata a Wimbledon con una buona dose di match alle spalle. Ciò avrà inciso e non poco, a livello fisico, dato che per ben due volte si è ritrovata sotto di un parziale. Un Wimbledon che le lascia tante sicurezze e molte speranze.

Molto, molto peggio, invece Petra Kvitova (voto, 4.5). Il voto non rispecchia tanto il livello espresso dalla ceca, che, per due turni ed un set e mezzo, è sembrata praticamente ingiocabile, quanto l’amara delusione per una sconfitta dolorosa contro la Jankovic (voto, 7-, ritrovata). La serba non è di certo un’erbivora, a differenza della Kvitova che ha trionfato a Wimbledon due volte, ed il campo ha esattamente descritto questo, per un set e mezzo. Poi black out totale di Petra. Si è irrigidita, ha iniziato ad avere fretta, e l’ha messa sulla lotta, unico aspetto da evitare contro Jelena. Ed ecco la frittata. Si è probabilmente giocata 3/4 di stagione.

Un 7 alla fiducia sia per Venus Williams, ormai definitivamente sul viale del tramonto, ma pur sempre una leggendaria campionessa (ben 5 titoli ai Championships, 10 se consideriamo anche il doppio), sia per Lucie Safarova che, dopo la finale al Roland Garros, ha avuto i nervi saldi anche a Wimbledon, salvo poi uscire sconfitta in due tiebreak contro la Vandeweghe (voto 7+), con qualche rimpianto, ma con tanto appagamento.

LE ITALIANE

Wimbledon da dimenticare per le azzurre, o quasi. La migliore, relativamente, è stata Camila Giorgi (voto 6.5), che ha convinto, come suo solito con alti e bassi, nei primi due turni, ma ha ceduto di schianto, senza giocare contro Caroline Wozniacki (voto 7+). E’ entrata in campo tesa, non è riuscita a sciogliersi ed ha commesso tanti, troppi errori, senza considerare l’enormità di doppi falli. Sempre in spinta, ma non in fiducia. E se il connubio non funzione, il match finisce presto, purtroppo. Solo un’altra italiana è riuscita a superare il primo turno, ed è stata, sorprendentemente, Sara Errani (voto 6), che merita una sufficienza almeno per la caparbietà con la quale ha affrontato a viso aperto, più che le avversarie, l’erba, tanto indigesta per lei. Ha estromesso all’esordio Francesca Schiavone, alla quale non vogliamo attribuire un voto, poichè sarebbe indecoroso, dato che lei stessa ha ampiamente ammesso di continuare a giocare solo per il piacere di farlo, ed ha poi ceduto alla Krunic, giustiziera della sua ex compagna di doppio, Roberta Vinci (voto 4; sembra ormai avviata verso la fase calante della sua carriera). Un 4 anche per Flavia Pennetta e Karin Knapp, con quest’ultima costretta al ritiro contro la Rybarikova, con la certezza che l’erba resterà per le azzurre la superficie ostica. D’altronde, essendo alcune di loro cresciute, sulla terra rossa pura italiana, e poi su quella spagnola, non ci si può aspettare molto di più.

IL TORNEO, voto 8

Il fascino ineffabile di Wimbledon, la magnificenza dell’impianto, la sontuosità del complesso, la storia, la tradizione, alleviano in parte l’esito quasi scontato che tutti, addetti ai lavori e non, avevano pronosticato. L’attesa per il “Serena Slam” ha tenuto in piedi un’edizione forse sottotono dal punto di vista emozionale, ma che ci ha portato alla scoperta di nuove leve che segneranno il futuro della disciplina. Sono finiti ormai i tempi del dominio delle Williams, della fredda Henin, dell’armoniosa Davenport, delle talentuose Kuznestova e Mauresmo, dei corpi perfetti alla Mary Pierce, della sorridente Kim Clijsters. Tutto ciò è finito. Il tennis femminile sta attraversando un momento di transizione, con le campionesse in uscita, e le giovani promesse in arrivo. E’ questione di tempo. Succederà anche tra gli uomini. Un interminabile processo che ha segnato la storia e che si ripropone in ogni epoca, con tanta malinconia. Al prossimo anno, Wimbledon!

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