Challenger Tour: la favola di Kubler a Playford è a lieto fine, è sua la storia più bella di questa settimana (e forse anche dell’anno)

Il nuovo torneo australiano, appartenente al circuito minore, è stato testimone della splendida cavalcata di Jason Kubler che, partendo dalle qualificazioni, si è spinto fino alla finale, dove ha superato agevolmente il canadese Brayden Schnur. La sua è la storia di un ragazzo tormentato da sfortune e interventi chirurgici, che però nell'ultimo periodo sta provando, con successo, a ribellarsi a un destino crudele.

City of Playford Tennis International (75000 $, Plexipave)

Ogni appassionato di tennis che si rispetti, questa mattina, appena sveglio, nell’aprire, come di consueto, sul suo smartphone l’applicazione “ATP/WTA Live”, non può non aver selezionato la sezione Challenger per controllare il risultato della finale del torneo di Playford. Come mai tutta questa apprensione per una semplice partita del circuito minore? Semplice, in campo c’era Jason Kubler, uno di quei giocatori per cui è impossibile tifare contro poiché il destino, dopo avergli donato un talento cristallino, ha deciso di voltargli le spalle, costringendolo a finire sotto i ferri per ben sei volte, a causa di due ginocchia a dir poco fragili. Stavolta, e non accade spesso, noi fanatici della pallina gialla abbiamo avuto un dolce risveglio che ha ravvivato una delle nostre soporifere domeniche invernali: il nostro beniamino, infatti, nella notte italiana ha battuto con un netto 64 62 Brayden Schnur, vincendo il suo secondo Challenger consecutivo sul cemento australiano (dopo quello di Traralgon sul finire della scorsa stagione).

Fin qui, al di là degli infortuni, sembrerebbe tutto abbastanza normale, se non fosse che Jason all’età di 18 anni, pur di non dover terminare anzitempo la sua carriera, decise di prendere parte esclusivamente a competizioni che si disputassero sulla terra per non sforzare troppo i suoi menischi resi deboli da un problema ereditario. Quanto deve essere stato difficile fare questa scelta, lui che viene dall’Australia, un paese dove la terra rossa è poco utilizzata e pertanto tutti i suoi atleti (“piccolo” Kubler compreso), crescendo solo su campi rapidi, esprimono fin da bambini un tennis d’anticipo e volto all’attacco, tutt’altro che adatto ai lenti terreni di gioco in argilla. Questa decisione lo ha obbligato a lasciare la sua patria e i suoi cari per recarsi in Europa e in America, alla ricerca di “Clay Court tournaments” (per dirla alla sua maniera). Non potendo contare su un coach a tempo pieno e sul supporto di altri giocatori Aussie (che facevano il possibile per evitare i campi in terra battuta), per anni la sua unica certezza nel Tour è stata la fidanzata Sally Matheson che, per accompagnarlo in questo percorso di vita, ha messo in stand-by i suoi studi paramedici. Senza ombra di dubbio è stata un’esperienza che lo ha aiutato a maturare in fretta ed ha pagato anche sul piano tennistico, essendo riuscito, malgrado i soliti infortuni, a costruirsi una discreta classifica con alcuni exploit nei vari Challenger e Futures sparsi per il mondo.

Negli ultimi mesi però, potenziando sempre di più i muscoli intorno alle ginocchia, è riuscito a vincere la sua grande paura ed ha così ripreso confidenza con le superfici veloci. A giudicare dai recenti successi non ci ha messo molto ad ambientarsi e i suoi progressi hanno attirato l’attenzione della federazione australiana, che l’ha voluto premiare con una wild card per il tabellone principale ai prossimi Australian Open. Non sarà un esordio perché ricevette il medesimo omaggio nel 2010 (perse al primo turno in tre parziali dall’attuale coach di Federer, Ivan Ljubicic), a seguito degli ottimi traguardi raggiunti a livello juniores (lo paragonavano a Nadal per essere rimasto imbattuto, esattamente come Rafa, in Youth Cup e nella Coppa Davis Jr.), ma sicuramente un po’ di emozione non mancherà. Di certo arriverà bello preparato al prestigioso appuntamento, avendo vinto 8 incontri di fila (qualificazioni comprese) senza perdere neanche un set questa settimana, con condizioni di gioco piuttosto simili a quelle di Melbourne Park. Intanto grazie agli 80 punti guadagnati a Playford, il 24enne di Brisbane ha scalato ben 99 posizioni nelle classifiche mondiali, issandosi in 242esima piazza; il suo best ranking (136 ATP) non è poi così distante, chissà, a patto ovviamente che il fisico lo sostenga, che non riesca a ritoccarlo, magari anche entrando in top 100. In fondo nessuno più di lui meriterebbe di togliersi certe soddisfazioni… In bocca al lupo Jason, tutti gli amanti di questo sport fanno il tifo per te!

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