Fabio Fognini e l’elogio della follia

Fabio Fognini è stato l'assoluto protagonista dell'ultimo giorno di Coppa Davis, palcoscenico in cui ha evidenziato nuovamente quanto possa essere geniale la sua follia tennistica.

Di fronte a te c’è una nazione intera che ti guarda, che spera in te e ti sostiene. Tu sei responsabile, ma hai anche l’immenso onore, di rappresentare i tuoi colori. Match decisivo: o dentro o fuori. I tifosi immaginano di poter ammirare un uomo determinato e concreto, cosciente del da farsi ed incisivo nelle azioni. Peccato che la realtà ci mostri un atteggiamento diametralmente opposto: andamento ciondolante, capacità di reazione inesistente, riprovevoli monologhi poco incoraggianti. All’improvviso, però, scatta la scintilla: la follia del genio si attiva, l’orgoglio riemerge prepotente e la classe inizia a dipingere traiettorie che l’altro non potrebbe mai eseguire. Dopo quattro ore abbondanti, ed una rimonta al cardiopalma, Fabio Fognini manda l’ItalDavis ai quarti di finale, tra gli abbracci e la felicità del gruppo azzurro.

L’IMPREVEDIBILITA’ REGNA SOVRANA – “E quando pensi che sia finita, è proprio allora che comincia la salita“: così cantava un noto artista italiano, e questo deve aver pensato il buon Pella ad un passo dal prestigioso successo. Avrebbe dovuto in qualche modo sospettare che dall’altro lato della rete non si trovava un tennista qualunque, bensì uno che s’infischia altamente della linearità e della continuità, uno di quelli che si esalta al massimo nella difficoltà. E che forse solo con l’acqua alla gola riesce davvero a tirare fuori il meglio dal suo gioco. Nella sua mente, probabilmente, Fabio già pregustava una sua prepotente ascesa sul terreno di gioco; perché in cuor suo non ha mai realmente mollato e, forse, mai creduto che avrebbe perso quella partita. Nel momento in cui si è sentito pronto per dare sfoggio del suo folle estro, il braccio ha iniziato a viaggiare fluido, senza alcun tipo di remora o timore, come se fosse al primo game della partita. E da quel momento in poi, la differenza enorme tra i valori tecnici in campo è stata piuttosto evidente. Il pubblico argentino non riusciva a rendersi conto che l’impresa, punto dopo punto, si stava lentamente sgretolando di fronte alla supremazia della folle genialità di Fognini.

TECNICA E CUORE – Di pari passo con la tecnica sopraffina, emergeva sempre più potente il lato romantico ed interiore della partita. Dopo aver mancato già un match point il sabato, ed esser stati sconfitti al quinto set di un lunghissimo doppio, con Fabio Fognini in campo si poteva mai pensare di ottenere una vittoria agevole? Non avrebbe avuto senso, non avrebbe realmente reso onore allo splendido weekend di Davis. La follia lascia così gradualmente spazio al genio, capace di imporre la propria superiorità con una semplicità che quasi offende l’avversario, il quale deve faticare il doppio, se non il triplo, per mettere in difficoltà il buon Fabio. Un po’ come la storia del dottor Jekyll e di mister Hyde, il match è un mistero in costante evoluzione, che sul finale poi si schiarisce completamente: il nostro pupillo ha le idee chiare, ha finalmente fatto pace con se stesso, ed è pronto per raggiungere l’apice come un vero gladiatore.

Fabio Fognini va inquadrato nella sua genialità folle: in essa si esprime al massimo ed in essa si muove perfettamente. E’ inutile dire che potrebbe essere un altro tennista se avesse la testa sulle spalle. Probabilmente, con una testa diversa, non sarebbe nemmeno un tennista. Fabio è così: o lo si odia o lo si ama. Fabio è un gladiatore a modo suo. E lunedì ne ha dato un saggio a tutti.

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