La morte del tennis

L'amato gioco sta per morire, ma potremo essere noi a farlo risorgere.

Il tennis sta per morire, ma potrà risorgere. Non è che debba risorgere per forza, può farlo come può non farlo. Ciò che da un certo punto di vista m’inorgoglisce e, dall’altro, mi spaventa, è che potremmo essere noi a far sì che questo sport rinasca davvero. Ma forse prima di addentrarmi in questo sentiero ancora non battuto è bene che io faccia un passo indietro.

Georg Wilhelm Friedrich Hegel fu uno dei più grandi filosofi della storia del mondo. Circa due secoli fa sancì la cosiddetta “morte dell’arte”; in nessuno dei suoi scritti è reperibile questa espressione. Tuttavia è presente in maniera approfondita un discorso sulla dissoluzione, o ancor meglio, sull’appartenenza dell’arte al passato. Hegel, molto brevemente, voleva cercare di far capire che l’arte “non valeva più come la suprema maniera in cui la verità esiste”. “Nulla di più bello – continuava il filosofo – potrà più nascere, solo qualcosa di più alto”. Come si nota, quest’ultima è una proposizione abbastanza controversa.

Tanto controversa quanto utile, dato che mi consente di continuare il tema che ho interrotto per la digressione di cui sopra. Ciò che vorrei provare a trasmettere, con questo breve pezzo, è in realtà più semplice di quanto sembri, e penso anche sia sotto gli occhi di chiunque abbia mai visto tennis nella sua vita: l’amato sport sta per morire perchè non esisterà mai più nessuno in grado esprimersi in modo “più bello” di quanto faccia ora Roger Federer. Quel “bello” è un contenitore in cui potete metterci tutto ciò che inerisca anche lontanamente al concetto di bellezza. Bello non è alto, però: e quindi nessuno impedisce a Stefanos Tsitsipas, Sascha Zverev o chi altro di vincere più di quanto abbia vinto Roger, e dunque di superarlo in  “altezza”. Ciò che nessuno sarà più in grado di fare è conciliare il negativo nel positivo, trasmettere agli occhi di chi osserva l’espressione più alta di verità reperibile su un campo da tennis e darne esperienza sensibile, permettere al divino di apparire ai sensi.

La morte di cui sto scrivendo è indispensabile: Hegel tace che per rinascere, bisogna morire. Il finire però è un finire senza fine, poiché non solo la fine è nell’inizio, ma la fine del finire segna un nuovo inizio. Questo accade poiché la presa di coscienza della fine avvenire solo a partire da un nuovo inizio, e ciò comporterà allora una ripetizione.

Ed ecco allora, ritornando sul piano tennistico, che per originare una rinascita del tennis, quando questo morirà, ovvero quando Roger Federer si ritirerà, sarà importantissimo capire davvero che non potrà mai più giocare a tennis. Solo allora ci potrà essere linfa vitale che non andrà perduta, quella che già stanno dando quasi invano i vari Tsitsipas, Berrettini, Zverev, De Minaur, Sinner.  Finché su giornali, siti internet, social network, si continuerà a scrivere di qualcosa che non potrà più essere presente, allora il dopo-Federer rimarrà davvero sempre e solo all’insegna dell’eroe elvetico. Lo notiamo già ora: anche se Roger non gioca per tre mesi, viene nominato ovunque, quotidianamente, da chiunque.

Che lo si voglia o meno, dovrà esserci un superamento. Sarà sofferente. Ma necessario per la vita del tennis.

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