ARIA DI FED CUP, LE EMOZIONI NON MANCANO MAI

Dalla nostra inviata a Cagliari l'atmosfera, la preparazione delle russe e due domande a Irina Khromacheva

La finale di Fed Cup è da molti considerata un evento smorzato dalle defezioni delle russe “di peso”. Sulla carta forse, ma vagando per il Circolo Tennis Cagliari è impossibile non restare affascinati dalla splendida struttura, dall’aria cordiale e da alcune giocatrici che stanno vivendo questa esperienza con entusiasmo.

Finale del Gruppo Mondiale di Fed Cup by BNP Paribas. “Non ci sono più le finali di Fed Cup di una volta”, direbbe qualcuno. Qualcun altro lo sussurra. Non proprio con queste identiche parole, ma il senso è quello. Arrivo all’ingresso del “Tennis Club Cagliari” e una vispa signora sulla settantina mi invita ad uscire, a svoltare a destra, poi nuovamente a destra, di arrampicarmi su una leggera salita, per infine girare per l’ennesima volta a destra, fino a raggiungere la “Welcome Area”. Una circumnavigazione del Circolo lunga 250 metri, distante in linea d’aria al massimo 50 metri dall’ingresso.

Non molto logico, come forse non lo è che a ritirare l’accredito davanti a me ci sia l’istrionico Matt Cronin. Mentre esco dal gazebo, in perfetta sincronia il team russo scende dalle auto. Alisa Kleybanova con le cuffie e lo sguardo concentrato, Alexandra Panova un po’ imbronciata, Irina Khromacheva e Margarita Gasparyan felici come solo possono esserlo due ragazzine convocate in una finale di Fed Cup. Insieme a loro le due coach di Fed Cup, Larisa Savchenko, insieme ai suoi quattro titoli Slam tra doppio femminile e doppio misto, ed Anastasia Myskina, insieme al suo Roland Garros, stretto in pugno nel 2003 quando nella prima finale tutta russa di Parigi sconfisse Elena Dementieva.

Da un auto scende anche sua Maestà, capitano di Coppa Davis e Fed Cup, nonché Presidente della Federazione Russa, Shamil Tarpischev. E mentre in blocco l’Armata russa si dilegua verso un ingresso laterale mi dico che effettivamente no, non ci sono più le finali di Fed Cup di una volta.

Arrivo, cerco l’Italia e non la trovo. Hanno già finito. Reportage rimandato a domani, mi dico. In realtà Karin Knapp e Sara Errani tornano, o ritornano, sinceramente non l’ho capito, in campo un paio di orette più tardi, a testare il centrale.

Dire che la struttura è bella sarebbe farle uno sgarbo. Lo è di più. Snella e possente insieme. Ma in verità è tutto squisitamente piacevole, ordinato, cordiale. A partire dall’aria che odora di cipresso, di salvia e di un aroma che a me ricorda la lavanda. Mi dileguo verso il team russo. Se digitate il nome di Alisa Kleybanova su un motore di ricerca troverete svariate fotografie in cui sorride; io non l’ho vista lasciarsi andare nemmeno ad un accenno. Dopo elastici e un po’ di atletica è possibile appurare che, tra le quattro, è quella che ha la palla più pesante. Non era arrivata numero 20 del ranking WTA per caso. Poi ci si è messo il Linfoma di Hodgkin ad intralciarle il cammino verso l’Olimpo. Vedendola allenarsi però, riesce più facile capire come abbia fatto a sconfiggerlo. Svetlana Kuznetosova l’ha descritta come una ragazza fuori dalla norma. Sinceramente mi riesce difficile visualizzare quale possa essere la norma per un genio quale la Kuznetsova ma sì, Alisa Kleybanova non è come le altre, come nessuna delle altre. Lei ha vinto davvero una battaglia, una battaglia vera. E c’è qualcosa, anche se non saprei dire bene cosa, che lo testimonia. E all’improvviso mi dimentico del fatto che “non ci sono più le finali di Fed Cup di una volta”; e provo un pizzico di commozione nel capire come a volte possa essere indicibilmente bello non essere in grado di trovare le parole adatte per descrivere una persona.

Mentre Alisa Kleybanova si allena insieme ad Alexandra Panova, che se nei match ufficiali giocasse con il braccio sciolto come quando in palio non c’é nulla, sarebbe una gran brutta cliente, la diciottenne Irina Khromacheva e Margarita Gasparyan vengono spremute in quella che è a tutti gli effetti una seduta di “training”. Mentre la Savchenko le sfinisce a suon di esercizi, consigli, rimproveri, altri esercizi, consigli e così via, per due ore; un signore vicino a me decreta convinto che la Khromacheva è il futuro. Un bambino sugli otto anni non si lascia andare a pronostici ma per un’ora non stacca gli occhi di dosso alla Gasparyan: tra tutte, tutte, ma proprio tutte, è quella che gli piace di più; confida. Queste due ragazze non rifiutano un autografo a nessuno e quando si ritrovano in procinto di firmare una bandiera russa sono talmente spiazzate da non sapere dove scrivere i loro nomi: sul rosso? sul blu? sul bianco? Ad una pausa il bambino se ne va felice con la sua firma, il signore con la sua convinzione che Irina sia il futuro ed io mi chiedo se dodici anni fa avrà o meno visto una russa non ancora sedicenne vincere proprio sui campi del TC Cagliari il primo 10.000$ della sua carriera. Mi chiedo se anche allora si sarà lasciato andare in pronostici tanto ottimistici. Perché quella russa tre anni dopo avrebbe conquistato gli US Open e risponde al nome di Svetlana Kuznetsova.

Supportata dalla traduttrice, Benedetta Ruggeri, abbiamo posto alcune domande a Irina Khromacheva. Alla domanda su come si sente alla sua prima convocazione in Fed Cup la diciottenne moscovita ha spiegato che “far parte di un team simile, nonostante la mia giovane età, è una grande esperienza. Sono felice di avere l’opportunità di rappresentare il mio Paese, e sono contenta di poter lavorare con questa squadra che è composta di grandi professionisti capaci di adoperarsi per aiutare le giovani tenniste. E’ una grande occasione per me”. Considerando la miniera d’oro di campionesse nate in Russia, da Elena Dementieva a Svetlana Kuznetsova fino ad arrivare a Maria Sharapova, lei vede forse in alcune di loro un idolo? Irina replica che no, non ha nessun idolo però cerca “di prendere il meglio da ogni grande giocatrice, per poi concentrarmi su quel meglio in modo da rifletterlo sulle sue qualità”. La Khromacheva spiega inoltre come in questi giorni Alisa Kleybanova, la più esperta del gruppo, abbia parlato molto con lei, aiutandola in questa esperienza. Obiettivi per la prossima stagione? “Lavorare duramente. Cercherò di fare del mio meglio per entrare tra le top 100 e far sì di guadagnarmi un posto nel main draw degli Slam”.

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