Roland Garros 1968, inizia l’Era Open del tennis

Un tuffo nella storia, in quell'anno cruciale dove il mondo del tennis sarebbe diventato così come lo conosciamo.

Non è mai saggio giudicare il passato con gli occhi del presente, nondimeno è vero che l’anacronistica decisione di vietare ai professionisti della racchetta l’accesso ai grandi tornei del circuito ha mutilato per molti anni gli albi d’oro delle prove dello Slam. Nel 1968, infine, la barriera cade ed è l’alba dell’era open del tennis.

A gennaio l’edizione degli Open d’Australia è ancora riservata agli amatori e premia Bill Bowrey, i campioni si danno allora appuntamento al mondiale su terra battuta del Roland-Garros, che vede allinearsi al via i più forti ad eccezione degli otto affiliati al WTC, ovvero Newcombe, Roche, Pilic, Taylor, Barthes, Buchholz, Drysdale e Ralston, e i quattro migliori amatori, Santana, Ashe, Graebner e Okker.

Due australiani di ritorno, e assolutamente di prima fascia, Laver e Rosewall, sono le prime due teste di serie e competono di nuovo in un Major che manca loro dal 1962, quando Laver completò il Grande Slam, e dal 1956, quando Rosewall vinse Coppa Davis ed US Open e fu finalista a Wimbledon. Roy Emerson, altro australiano, detentore del titolo e vincitore anche nel 1963, è il terzo incomodo, seppur preceduto nel seeding dall’emergente spagnolo Gimeno, Nicola Pietrangeli è testa di serie numero 11 e approccia il torneo preferito che lo ha visto trionfare nel 1959 e nel 1960.

I primi turni non riservano sorprese particolari, anche se Hoad, Bungert, proprio Pietrangeli, Kodes e Metreveli disertano il match d’esordio. Fred Stolle, sesto favorito, esce per mano dello jugoslavo Jovanovic, così come Franulovic elimina Bob Hewitt sbattendo poi contro il tennis del camaleontico rumeno Tiriac. Laver lascia per strada un set contro il greco Kalogeropoulos – che vinse nel 1963 Parigi e Wimbledon a livello juniores – e rischia grosso con il rumeno Marmureanu che gli rimonta due set per cedere infine 6-3 al quinto. Rosewall dal canto suo non conosce esitazione e in tre set scavalca gli ostacoli Edlefsen, Stubs, Mandarino e Fitzgibbon. Sergio Palmieri è l’unico tricolore a scendere in campo ma non va oltre l’onorevole sconfitta al primo turno con il sudafricano Bob Maud, tra i partecipanti c’è un giovane che farà strada, Ilie Nastase, che debutta in una prova del Grande Slam arrestandosi al secondo turno con Dick Crealy.

Ad altezza quarti di finale arrivano i primi cinque favoriti, ma è la parte alta del tabellone a regalare le sfide più appassionanti. Laver incrocia Tiriac e va sotto di due set, recupera affidandosi ai colpi mancini e al servizio che esce velocissimo dalla racchetta e si impone 6-0 al parziale decisivo; altrettanto equilibrato è il match che vede il quarantenne Pancho Gonzales respingere la rincorsa di Emerson per chiudere, nonostante l’età avanzata, 6-4 al quinto set. Gimeno lascia sei giochi a Jovanovic ed è l’avversario di semifinale di Rosewall, che perde il primo set del torneo con Thomaz Koch, il brasiliano più forte di sempre fino all’avvento di “Guga” Kuerten, abbonato ai quarti di finale che non riuscirà mai a superare in carriera.

In semifinale Laver denuncia una superiorità disarmante su Pancho Gonzales, annicchilito con il punteggio severo di 6-3 6-3 6-1, Rosewall invece ha bisogno di cinque set per sbarazzarsi di Gimeno e qualificarsi per la seconda finale parigina, quindici anni dopo la vittoria del 1953.

Rosewall-Laver è la finale più attesa, a confronto due fuoriclasse dal palmares invidiabile e che a fine carriera poteva essere ancor più congruo se il professionismo non li avesse tenuti lontani dai tornei che contavano. Ci sono quattro anni di differenza e un’attitudine tecnica sostanzialmente complementare. Rosewall si lascia preferire per la regolarità da fondocampo che poggia su un rovescio tra i più magnifici della storia dello sport della racchetta, Laver attacca con colpi mancini e a lui può significativamente addebitarsi il brevetto del top-spin. Non c’è storia per due set, Rosewall è padrone del campo e si mette in tasca un veloce 6-3 6-1. Laver prova a rientrare in corsa, si aggiudica il terzo set con un altrettanto netto 6-2 ma è solo un fuoco di paglia, Rosewall torna a comandare il gioco e chiude 6-2 al quarto parziale.

Wimbledon respingerà sempre Ken Rosewall, ma Parigi è casa sua e il suo nome, in perpetuo, sarà quello che ha aperto la strada del tennis moderno.

di Nicola Pucci

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