Auguri ad Andrea Gaudenzi: ecco la sua storia

La straordinaria carriera di Andrea Gaudenzi, eroe della coppa Davis e carnefice di Pete Sampras al suo ultimo Roland Garros

Oggi compie gli anni uno dei veri simboli dell’etica del lavoro, dell’umiltà tennistica italiana, non che uno degli uomini più onesti del circuito.
Andrea Gaudenzi, numero 18 al mondo nel 1995. Ripercorriamo insieme la carriera di uno dei tennisti simbolo della storia sportiva italiana.
Nel 1990 vince Us Open e Roland Garros juniores, raggiungendo la vetta del circuito Itf. Nel primo anno da professionista gli viene affiancato Bob Hewitt, uno dei doppisti più forti di tutti i tempi assieme a Frew McMillian. Purtroppo è stato sospeso dalla sua carica di allenatore (e dalla Hall Of Fame) per le accuse di molestie su delle sue ex allieve, minori all’epoca dell’accusa.

Il rapporto fra Andrea e Bob non è mai decollato, infatti, appena dopo un anno di lavoro, Gaudenzi si trasferisce in Austria da Leitgeb e Muster.
La prima semifinale ATP, arriva nel 1993, a San Marino: perse 67 76 75 da Cherkasov in 3 ore e 54 minuti, in quello che resta per anni il match più longevo sul 2 set su 3, prima della maratona di Nadal e Djokovic a Madrid.

L’anno successivo ottiene il miglior risultato Slam, gli ottavi nel Roland Garros. Al primo turno batte Petr Korda, ovviamente vincendo l’ennesima maratona di un instancabile lavoratore “alla David Ferrer”. Supera poi Gilbert e Boetsch prima di incontrare “Mister Ace” Goran Ivanisevic negli ottavi parigini. Quella partita, nonostante la sconfitta, rimase nella storia del tennis per lo strano caso in cui l’arbitro si permise un toilet break, annunciando al suo ritorno “Jeu, set et match Gaudenzì!”. Tutta la tribuna scoppiò a ridere e Andrea ricorda ancora oggi: “Non so cosa mi passò per la testa, una follia improvvisa”.
Dopo la finale persa a Stoccarda nel 1994, a febbraio dell’anno successivo raggiunge il best ranking di numero 18 al mondo. Ad aprile, sulla sua terra rossa, gioca l’ennesimo grande torneo a Montecarlo. Vince 62 62 all’esordio sempre contro Korda, numero 43 del mondo, e passa agilmente contro Rikl, n° 149 con un 62 64.
Agli ottavi piega Kafelnikov con un eroico 16 75 75, quando il russo era numero quattro del mondo e terza testa di serie del torneo monegasco. Ai quarti scocca l’ora della verità, e Andrea è puntuale come il più preciso degli orologi. Sconfigge Bruguera, due volte Re del principato e campione del Roland Garros, con un 76 tirato e un agevole 62 dovuto al contraccolpo psicologico.

In semifinale, l’incontro con l’amico Muster si tramuta in un qualcosa di incredibili. Muster sembra camminare sul filo del ritiro, ad ogni cambio campo ne succede di tutto e di più. L’austriaco vincerà quella partita e Andrea uscirà dal campo deluso, infuriato, senza nemmeno stringere la mano all’amico. Tuttavia si chiariscono presto e la loro amicizia non finisce per una sconfitta avvenuta in modo non troppo sportivo.

Gaudenzi è stato anche un punto fondamentale della storia della Coppa Davis. Dopo aver sconfitto la Russia nel glaciale campo romano, si arriva, sempre a Roma, allo scontro dei quarti di finale con il Sudafrica di Ferreira. Nel primo singolo Ondruska vince contro Furlan, ma Andrea rimette tutto in equilibrio con una stupenda rimonta ai danni di Ferreira. Cuore e polmoni lo portano al quinto e alla vittoria. Diventa decisivo il doppio, con Andrea e Nargiso (una cosa a dir poco atipica) contro Wayne e Ferrerira. La partita è epica. Gli azzurri vanno sotto di due set, vincono il terzo e durante il tie break del quarto Nargiso annulla una match point dal sapore della sconfitta con il servizio. Quel quarto set lo vinsero gli azzurri, per poi chiudere, nell’ovazione del Foro Italico, il quinto set 62 contro gli ormai stremati sudafricani. Arriva la semifinale, nelle orecchie degli azzurri, un inno francese li aspettava.

Gaudenzi e Furlan illudono la nazione contro Pioline e Boetsch. Andrea vince contro il numero uno di francia in 4 set. Proprio nel quarto segnò un punto spettacolare, tramutando una voleè in tuffo in un pallonetto da cineteca. Purtroppo, quel colpo gli procurò un infortunio al polso che sarebbe stato determinante per il finale del turno.
L’italia si ritrova 2-0 alla fine della prima giornata. Infilò solo un set nei successivi tre incontri, tra la rabbia di capitan Panatta che se la prende con l’arbitro per aver chiamato l’unico over rule delle semifinali su un punto buono di Andrea. Quella partita la perse infine, dopo aver salvato quattro match-point.

1998: Braccia che cadono
Per il terzo anno di fila l’Italia si trova nelle semifinali della coppa Davis. Questa volta il team azzurro vince contro gli americani, in casa loro, per poi giocarsi l’atto finale in Italia, a Roma, in un Foro Italico che ha voglia di alzare la coppa.
Andrea nel 1998 si trova in uno splendido momento di forma, fino a quando il tendine della sua spalla non comincia a fare i capricci. Decide perciò di fermarsi per tutta la stagione, scendendo in campo nella finale per dare tutto e portare a casa la vittoria. Andrea diede davvero tutto in quella partita. Credo che se Andrea fosse stato in perfetta forma, non staremo a parlare di lacrime e urla amare. Arriva al quinto set, come sempre ci ha abituato, Norman va avanti 4-0 ma il nostro azzurro, il tifo e tutto il cuore di Andrea, lo porta sul 6-5 per noi. Li, l’incubo che diventa realtà. Ci troviamo a 4 punti dalla vittoria, sul servizio di Andrea, con il tifo a favore e un danno psicologico non indifferente all’avversario, rimontato dal 4-0 a favore. Succede quello che non dovrebbe. Il tendine dice che non ce la fa più e costringe al ritiro il nostro eroico Andrea dopo più di sei ore interminabili di partita. Il sogno che si tramuta in incubo.

2002: Il canto del cigno.
Si arriva al Roland Garros, dove Andrea, per l’ultima volta, da spettacolo di fronte al pubblico francese. Entra anche questa volta nella storia. Non nella sua però. Si trova al cospetto di Pete Sampras, uno dei più forti tennisti di sempre. Il suo obbiettivo: Vincere la coppa dei moschettieri per eguagliare l’altro americano, quello calvo, Andre Agassi, nel portare a casa tutti e quattro i Major. Gaudenzi metterà in ginocchio Pistol Pete, al termine di una battaglia cominciata alle 15 e finita, anche per delle interruzioni di pioggia, alle 21. Andrea, in quella occasione, sembrava davvero essere ritornato quel giocatore agile, tonico e eroico che tutti abbiamo avuto il piacere di conoscere e che avrebbe sicuramente fatto sognare il pubblico nostrano per molto più tempo, se non fosse per quella maledetta spalla.

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