I fantasmi di Nadia Petrova

Un talento irretito da schemi, un fisico statuario minato da infortuni, sono solo alcuni dei paradossi che hanno limitato Nadia Petrova, comunque capace di vincere 13 titoli WTA e raggiungere il terzo gradino del ranking.

Possedeva tanto, Nadia Petrova. Talento, prestanza fisica, forza di volontà. Avrebbe potuto essere la sola tennista degli anni 2000 capace di differenziarsi nel circuito esibendo un efficace serve & volley ma – vuoi perché solida con entrambi i fondamentali, vuoi perché la ricerca assidua della rete le avrebbe compromesso conferme tanto precoci – ha assecondato la scuola che l’ha forgiata, aggredendo la palla sempre e comunque, dalla riga di fondo; avvalendosi di quel fisico statuario, forte, resistente – con il senno di poi solo all’apparenza, in quanto gli infortuni non tardano a incrinarlo – affidandosi alla potenza a discapito dell’istinto; come se cercare una risoluzione rapida ai problemi le potesse evitare tarli psicologici. Ne è conseguito un qualcosa di antitetico: una giocatrice alla ricerca costante di uno schema, eppure spesso allo sbaraglio, con tutte le difficoltà di approccio mentale destinate ad affliggere un’essenza dotata di una notevole dose di lirismo ma limitata nella creatività.

Nadežda Viktorovna Petrova nasce a Mosca, l’8 giugno del 1982. Non è un caso che non ancora diciottenne sia alta quasi un metro ed ottanta centimetri per un peso forma di 70 kg, che abbia le spalle larghe, le gambe lunghe e magre, le braccia muscolose. Questione di DNA: suo padre Victor Petrov gareggiava nelle file dell’URSS nella specialità del lancio del martello, sua madre Nadezhda Ilyina, ha invece vinto una medaglia di bronzo nella staffetta dei 400 metri alle Olimpiadi di Montreal 1976. Sin da bambina Nadia, stringe in mano ora una racchetta, ora una valigia, finché la famiglia Petrov si stabilisce in Egitto dove, sotto alla supervisione di mamma e papà, inizia ad allenarsi come una piccola professionista con Mohammed Seif. È però a quattordici anni, quando vince il suo primo torneo ITF, che decide di fare sul serio. I risultati non si fanno attendere: a sedici anni vince il Roland Garros juniores e disputa la prima finale tutta russa della storia dell’Orange Bowl perdendola contro una delle sue compagne di viaggio, Elena Dementieva. Nel 1998, nel torneo di casa, a Mosca, batte già la sua prima top 20, la croata Iva Majoli e alla fine del 1999 è tra le prime 100 giocatrici del mondo.

CHARLESTON, SC - APRIL 16: Nadia Petrova of Russia celebrates after beating Patty Schnyder of Switzerland in the final of the Family Circle Cup on April 16, 2006 at the Family Circle Tennis Center in Charleston, South Carolina. (Photo by Andy Lyons/Getty Images)
CHARLESTON, SC – APRIL 16: Nadia Petrova of Russia celebrates after beating Patty Schnyder of Switzerland in the final of the Family Circle Cup on April 16, 2006 at the Family Circle Tennis Center in Charleston, South Carolina. (Photo by Andy Lyons/Getty Images)

Un giorno preciso segna la svolta per Nadia Petrova. È il 27 maggio del 2003 quando si presenta al Roland Garros come n. 76 del mondo e affronta al primo turno l’ex leader del ranking WTA, la  tre volte regina di Francia Monica Seles. Solo due settimane prima agli Internazionali d’Italia a Roma, la belva di Novi Sad si era arresa a quella ventunenne russa dalle spalle larghe e il portamento fiero, eppure mai avrebbe immaginato che, nella sua Parigi, sarebbe stata proprio Nadia Petrova a scrivere la parola fine alla sua carriera infliggendole un implacabile 6-4 6-0. Continua a picchiare duro Nadia Petrova tanto che nei due turni successivi lascia per strada appena quattro game per poi eliminare agli ottavi un’altra ex n.1, Jennifer Capriati, battere ai quarti Vera Zvonareva, per infine cedere in semifinale a Kim Cljsters.

Conclusa la stagione come n.12 del mondo, la scalata ai piani alti della classifica prosegue nel 2004 dove si assicura ottimi piazzamenti oltre a una vittoria su Serena Williams ad Amelia Island. In un’annata in cui ben due russe si impongono in altrettanti Slam, la Myskina a Parigi e la Sharapova a Wimbledon; all’US Open Nadia consegue una vittoria schiacciante ai danni della leader del ranking Justine Henin; diventando una delle favorite nello slam newyorkese. La russa si vede però sbarrare la strada dalla connazionale che finirà con l’imprimere il proprio nome sull’albo d’oro, Svetlana Kuznetsova. Si tratta di un duro colpo per Nadia che, nonostante la giovane età, forse sente emergere dentro di se’ un sibilo indefinito e indefinibile, ancora distante ma che avverte è destinato a trasfigurarsi nel suo peggior nemico: i suoi fantasmi interiori.

La stagione 2005 parte all’insegna di problemi fisici che le impediscono di terminare i tornei di Gold Coast e Sydney. Raggiunge tuttavia gli ottavi a Melbourne, ma per trovare continuità deve attendere la terra rossa di Berlino dove batte Mary Pierce, Amelie Mauresmo e Jelena Jankovic prima di arrendersi s Justine Henin 6-3 4-6 6-3. È sempre la belga a fermarla in semifinale al Roland Garros, così come la Sharapova le chiude la porta in faccia ai quarti di Wimbledon. A ottobre però arriva il primo titolo WTA, a Linz, dove supera Patty Schnyder in finale.

Nadia-Porsche

Se forti dolori alla schiena la perseguitano nei primi due mesi del 2006, il 4 marzo si impone a Doha sulla Mauresmo e, dopo uno stop ai quarti di Miami, dà inizio ad una striscia positiva eccezionale che la vede trionfare il 9 aprile ad  Amelia Island, il 16 aprile a Chaleston e il 14 maggio a Berlino dove in finale batte Justine Henin 4-6 6-4 7-5. Il giorno dopo è n.3 del mondo.

Tutto sembra procedere per il meglio, ma un infortunio alla caviglia le impedisce di presentarsi al meglio sia al Roland Garros, dove perde al primo turno, che a Wimbledon dove si ritira. Nemmeno all’US Open fornisce una prestazione alla sua altezza ma, a Stoccarda, demolisce Hantuchova, Kuznetsova e Golovin e se ne va in Porsche. Altre due finali accompagnano il finale di stagione di Nadia: la prima a Mosca, dove si fa stordire dalla “pianista” Anna Chakvetadze, la seconda a Linz, dove soccombe a Maria Sharapova. Questo blocco che la assale in alcuni match, il suo tennis così piatto, liscio, che si sgretola all’improvviso, la rete che dovrebbe essere così vicina al suo sentire e che invece diventa indistinguibilmente lontana; sono i tarli, i fantasmi interiori di Nadia Petrova.

A gennaio 2007 contribuisce al successo della Russia nella Hopman Cup, mentre per fare un dono a se’ stessa deve attendere il torneo indoor di Parigi  dove annichilisce Safina, Mauresmo e Safarova. Poi la schiena si incrina e, tornata in campo a Varsavia un mese dopo, subisce un’assurda sconfitta per mano di Mara Santangelo. Una ricaduta patita a Roma la costringe al ritiro contro Elena Dementieva, mentre al primo turno del Roland Garros crolla contro la numero 185 del ranking, Kveta Peschke. La finale di Los Angeles pare ridonarle vigore, ma un infortunio all’anca sinistra le impedisce di terminare la stagione. 

La rincorsa ai piani alti riparte da Wimbledon, dove interpreta magistralmente due tie-break contro Victoria Azarenka prima di soccombere alla solita Dementieva ai quarti. Tempo un mese e la russa si prende con la forza Cincinnati, disputa l’ultimo atto a Stoccarda, e il 2 novembre afferra il suo nono titolo a Montreal. Tutto sembra tornare sotto controllo; invece il 2009 è scandito da una serie di complicazioni che sembrano rincorrersi l’un con l’altra. Una stagione da dimenticare che accarezza un isolato acuto a Pechino dove sconfigge Serena Williams.

xxxx against xxxx during the xxxx on Day 9 of the London 2012 Olympic Games at the All England Lawn Tennis and Croquet Club on August 5, 2012 in London, England.
xxxx against xxxx during the xxxx on Day 9 of the London 2012 Olympic Games at the All England Lawn Tennis and Croquet Club on August 5, 2012 in London, England.

Nel 2010 Nadia appare più agguerrita che mai. All’Australian Open si avventura fino ai quarti dove ad esporle il disco rosso è Justine Henin, ma merita una citazione il massacro compiuto ai danni di Kim Clijsters, stracciata 6-2 6-0 in 52 minuti, e la conferma contro Svetlana Kuznetsova. Continua ad alternare grandi prestazioni a giornate difficili la russa che a Madrid batte per la terza volta in carriera Serena Williams per poi lasciarsi irretire da Lucie Safarova. Al Roland Garros è invece protagonista di una battaglia epica contro la beniamina di casa Rezai. Perso il primo set al tie-brek, Nadia vince 6-4 la seconda manche e nel set decisivo annulla tre match point con altrettante volée sul 4-5, mentre sul 7-6 in proprio favore se ne vede bruciare altrettanti prima che la francese ottenga l’interruzione del match per oscurità. Il giorno dopo Nadia spazza via la transalpina e, sostenuta da un numero esorbitante di vincenti, agli ottavi manda a casa pure Venus Williams. In un French Open in cui Maria Sharapova è eliminata da Justine Henin, che a sua volta viene giustiziata da Samantha Stosur, la quale butta fuori pista pure Serena Williams; Nadia è di diritto la favorita insieme ad Elena Dementieva. La sfortuna però si accanisce ancora una volta con la moscovita che, vinto il primo set 6-2 contro Elena conclude il match zoppicando. Da quel momento per Nadia è un calvario che si protrae per un paio di stagioni interminabili.

Precipitata oltre la 30esima posizione, deve attendere il giugno del 2012 per risorgere dalle proprie ceneri: accade a ‘s-Hertogenbosch dove fa suo il torneo senza perdere un set. L’eccezionale finale di stagione con i trionfi a Tokyo, dove in finale sconfigge Agnieszka Radwanska, e al Master di Sofia dove lascia le briciole a Caroline Wozniacki, la riportano a ridosso delle top ten. Sempre nel 2012, affiancata in doppio dalla connazionale Maria Kirilenko, saluta le Olimpiadi di Londra con al collo la medaglia di bronzo e conquista le WTA Finals a Istanbul.

Proprio quando sembrava aver raggiunto quella maturità tecnico-tattica capace di trovare le contromisure alle incongruenze che da sempre la attanagliavano, la nebbia è calata impietosa sulla russa. Bersagliata da una catena di infortuni che le hanno impedito di presentarsi in campo in condizioni accettabili per l’intero 2013, durante la off season Nadia Petrova riceve la mazzata decisiva quando il 9 dicembre l’adorata madre muore in un incidente stradale. I primi tre mesi del 2014 rappresentano l’ultimo tentativo da parte della moscovita di costruirsi nuovamente una carriera. Invano. Troppi sono ormai i dolori che ne minavano il fisico e ancor di più la mente. Per quasi tre anni echeggiano le voci di un imminente ritiro che Nadia smentisce, senza però mai più ripresentarsi in campo. Fino alla comunicazione datata 11 gennaio 2017. Quasi l’attesa potesse colmare quei vuoti che le hanno compromesso la consacrazione. Quasi che il silenzio potesse fornire una spiegazione logica a quella donna perennemente  osteggiata dai propri fantasmi.

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