La rinascita di Djokovic

Il serbo torna alla vittoria a Wimbledon, la quarta, e vince il suo tredicesimo titolo Slam.

Impressionante.
Rinascere, letteralmente, da un periodo buio, oscuro, nel quale si continuavano a susseguire voci sulla fine di un’era, il tramonto di un campione che forse si era spremuto troppo, che aveva chiesto più del dovuto al proprio corpo e soprattutto alla propria mente, la fine di un’egemonia.
Un campione in crisi, sportiva e personale, irriconoscibile, inutile dire quanto siano bipolari le visioni delle vicende sportive a questi livelli, insomma oggi sei il migliore del mondo e domani potresti essere pure da buttare via.
D’altronde vedere Novak Djokovic perdere in modo sconsolato da Taro Daniel ha fatto impressione a tutti, anche al semplice appassionato di sport che accendeva la tv per caso e si trovava davanti un tale spettacolo. [fncvideo id=166645 autoplay=false]
Faceva specie il fatto che il serbo fosse spento in campo, quasi arreso, abituati ai livelli di grande emotività e fame di vittoria e di lotta su ogni punto, questo atteggiamento stonava e preoccupava ancora di più.
D’altronde tutti questi elementi non possono che rendere più affascinanti le vicende di un fuoriclasse di questa entità, il suo lato umano, le sue difficoltà, le scelte e il peso che esse comportano, la consapevolezza che nulla è eterno, e come dice una celebre legge della meccanica: “nulla si distrugge, tutto si trasforma”.
È successo tutto nel tempio del tennis, sui prati di Wimbledon, un copione intriso di storia e di magia, nel luogo più romantico di questo sport.

Djokovic saluta il pubblico dopo la vittoria
Djokovic saluta il pubblico dopo la vittoria

Con un cammino colmo di difficoltà, con tante incertezze e soprattutto con partite epiche, su tutte quella contro il suo più grande rivale, Rafa Nadal, vinta al quinto set. Forse il suo Wimbledon l’aveva già vinto li, con l’abbraccio allo spagnolo, che con il suo sguardo aveva urlato al mondo del tennis che Nole era tornato, per davvero. La finale forse non è stata spettacolare come ci si poteva attendere, visto l’avversario coinvolto: Kevin Anderson, un grande servitore che sta vivendo il suo miglior periodo della carriera ma che non rende le sue partite proprio scorrevoli e spettacolari.

Così in soli 3 set Nole stravince e si accovaccia percependo il profumo dell’erba, per la quarta volta, raggiungendo il suo tredicesimo titolo slam. In chiave futura, potrebbe cambiare tutto il resto della stagione, quella del cemento, che è sempre stata la preferita di Nole. Sarà favorito agli US Open? È prematuro sentenziare in modo netto ma è certo che andrà considerato come uno dei contendenti per il titolo finale.

Questa vittoria ha un peso simbolico indecifrabile, per lui, per il tennis, per lo sport, dovrebbe servire per farci prendere coscienza di tutto ciò a cui stiamo assistendo, una generazione di marziani, che purtroppo prima o poi dovremo salutare con smarrimento.

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