La sempreverde Venus Williams

Venere può apparire senza età, ma forse la parola che meglio la descrive è quella che spesso viene usata per descrivere Wimbledon: Timeless.

L’età. E’ la rovina dell’esistenza di ogni atleta. La vera morte per tutti coloro che ha trascorso la vita a correre, saltare e gareggiare, viaggiando per il mondo con la racchetta in mano. Se si è fortunati, si avrà davanti ancora mezza vita da vivere, quando si chiude definitivamente con il tennis giocato, ma probabilmente non sarà una vita così struggente, intensa, stimolante o gratificante come prima.

Ultimamente, i giocatori di tennis hanno vinto questa “sfida” con l’età. Roger Federer, vincitore di 17 prove dello Slam, è ancora arzillo e competitivo a 33 anni. Poche settimane fa, la 33enne Serena Williams ha superato Chris Evert e Martina Navratilova con il suo 19° Grand Slam, diventando la seconda donna più anziana, dopo la Navratilova, a vincere un major. La più anziana numero uno del mondo.

Ivo Karlovic ha vinto Delray Beach la scorsa settimana all’età di 35, Tommy Haas, a 36, è pronto per un’ennesima rimonta. Flavia Pennetta ha appena festeggiato il suo 33esimo compleanno e resta nella Top 20, mentre la 44enne Kimiko Date-Krumm, numero 106 delle classifiche, continua a dar battaglia alle più giovani del circuito.

Ma forse nessuno ha saputo combattere la sfortuna ed il fato avverso, come lei, Venus Williams, ormai 34enne. La Venere Nera è in preda ad una rinascita a fine carriera che, per i nostalgici sognatori, potrebbe anche tradursi nella conquista del suo sesto titolo di Wimbledon, a Luglio, quando tornerà a varcare le porte del suo regno.

Questo è un suggerimento altamente speculativo, naturalmente, anche perché Venus è ormai lontana dai suoi livelli dal 2011, quando scoprì di essere affetta dal morbo di Sjogren. I sintomi di Sjogren includono dolori articolari e una maggiore fatica in campo, non esattamente il più gestibile degli oneri per una giocatrice professionista.

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Eppure eccola, all’età di 34 anni, pronta a combattere, in un inizio stupefacente, quanto inaspettato di stagione, nel 2015. Venus, ormai a ridosso della Top Ten, ha risalito la china con umiltà, dopo essere sprofondata, nel 2011, oltre la centesima posizione delle classifiche. Ha vinto il suo primo titolo dopo 10 mesi a Auckland nel mese di gennaio, e ha perso un elettrizzante quarto di finale contro la connazionale Madison Keys agli Australian Open. I giornalisti, in un mix di incredulità e stupore, le hanno chiesto se avesse mai pensato di poter tornare ad essere così competitiva. “Mi sento bene, ora sono in forma. Ma non voglio fare previsioni sul futuro, vivo il tennis giorno per giorno. Questa malattia rende il tutto più impegnativo, ma ho accettato la sfida… e non mollerò!”.

E’ stato un commento abbastanza tipico, da Williams, una donna molto orgogliosa. Non è mai stata una piagnona, né una grande catastrofista, nelle sconfitte, così come è sempre rimasta composta nei trionfi. Spesso vediamo il lato più morbido di Serena, sua sorella, e tacciamo Venus di una certa “opacità emotiva”, una sorta di maschera che la renda priva di emozioni, sul campo da tennis. Che sia una dote, è certo E’ difficile sapere cosa sta realmente pensando.

“Credo che a questo livello l’essere giovani, di per sé, non aiuta” ha detto la Williams in Australia. “Tutto dipende dallo stato di forma, dal fatto che si arrivi ad un torneo più o meno motivati, più o meno allenati. Non importa nient’altro oltre a queste variabili. Questo è quello che sono: variabili.”

Ha aggiunto: “Sono solo molto concentrata e pronta al momento. Mi sento come fossi già stata qui prima, quindi non è che sto saltando su e giù per la gioia. Sorteggio sfortunato? Non mi è mai interessato tutto ciò. La sfortuna non la contemplo. Io voglio vincere.”

Dopo un inizio di stagione allettante, non possiamo non guardare al futuro, in particolare a Wimbledon, dove la Venere Nera ha trionfato 5 volte, di cui tre in 4 anni successivi (2005, 2007 e 2008).

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Quella corsa è iniziata con uno dei più grandi spettacoli tennistici a livello femminile: la vittoria su Lindsay Davenport, nel 2005, in quello che Bud Collins definì un palcoscenico illuminato, sotto il grigiore del cielo di Wimbledon. Il punteggio finale fu 4-6, 7-6 (4), 9-7, dopo 2 ore e 45 minuti di battaglia estenuante, nella finale più lunga di sempre dello Slam londinese. La Davenport ebbe anche un match point sul 5-4 in suo favore, ma venne fulminata da un vincente lungolinea di rovescio della Williams, che non aveva intenzione di lasciarsi sfuggire il trofeo. E ci riuscì. Parlando con lei del match, dopo anni, ammise: “Pensavo di avere il trofeo tra le mani, ma me lo hai strappato. Hai elevato il tuo gioco nel momento giusto, da campionessa.”

Venus è dieci anni più vecchia ormai e fisicamente meno fresca. Ma ha dimostrato il mese scorso che il duro lavoro, spalleggiato da una dieta rigorosa e l’esperienza nella gestione delle sue condizioni, hanno portato i frutti desiderati.

Inoltre, e questo può essere il dettaglio più rilevante di tutti, Venere, anche se solo 24enne nel lontano 2005, non era in grande forma. Era appena rientrata da un infortunio ed era a secco di Slam, ormai da ben 4 anni. Quindi, data la velocità del tennis su erba, la potenza, l’atletismo, e la tenacia di Venere, unite alla carenza di possibili avversarie adatte alla superficie, è davvero inverosimile immaginare una Williams, che di nome non fa Serena, vincente nel tempio di Church Road?

Come ci suggerisce la sua storia, Venus è una giocatrice motivata da una forte ispirazione e da un grande amore per ciò che fa. E’ forse questo l’ingrediente che l’ha resa unica. 

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Oltre a ciò, Venus Williams è una giocatrice che segue solo il proprio istinto, cercando in ogni minimo dettaglio, la perfezione. E’ attenta e diligente. Per quanto profondamente lei desideri vincere, non sembra vittima della sua popolarità. Più semplicemente, sembra non essere interessata alle luci della ribalta, nè a ricoprire il ruolo di celebrità, nel tennis, come tante sue colleghe. Finché ciò non interferisce con quello che sta cercando di realizzare.

“Oh, no. Sapevo che il mio destino era quello di essere nella cerchia dei vincitori. Me ne volevo convincere. Ci sono stati momenti della mia carriera in cui ho pensato che stesse andando tutto a rotoli. Ma ho continuato a crederci, sempre, con la convinzione che avrei vinto tanto, sempre di più.”

Quest’oggi, a Doha, ha sconfitto, per la seconda volta nel 2015 la Radwanska, e lo ha fatto alla distanza, a dimostrazione che il suo attuale stato di forma sia ineccepibile e che il suo fisico risponda bene agli sforzi.

Venere può apparire senza età, ma forse la parola che meglio la descrive è quella che spesso viene usata per descrivere Wimbledon: Timeless.

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