L’AMATA TERRA ROSSA IN ITALIA, UN MITO DA SFATARE

Appunti di un maestro di tennis. La tanto amata terra rossa e la superficie veloce: in Italia un cambiamento è possibile e necessario.

La recherche du temps perdu

260 metri quadrati: questo e? lo spazio vitale di un tennista. In questa arena gioie e dolori si consumano colpo dopo colpo, set dopo set.

In Italia, terra di luoghi comuni tennistici, si ha la convinzione che il tennis si possa giocare solo in determinate situazioni ambientali o condizioni meteo.
Per antonomasia la superficie di gioco su cui si gioca a tennis nel Bel Paese e? la terra rossa.
Inspiegabilmente.
La terra rossa indirizza irrimediabilmente la fantasia del tennista verso il Foro Italico, il Suzanne Lenglen il mito Panattiano: un’epoca ormai lontana dello stesso sapore della madeleine proustiana.
Analizziamo in modo analitico la questione cercando di muovere obiezioni motivate al campo in terra rossa.
Il primo peso da mettere sul piatto della bilancia, e la faccia l’ha prestata anche il Signor Pietrangeli, e? dato dal fatto che nel circuito dei tornei il 75% dei punti annuali e? distribuito su superfici veloci. Per incrementare le prestazioni dei nostri giovani sarebbe ideale che potessero allenarsi nei circoli di casa su superfici che comunemente incontrerebbero durante l’anno… E’ anche vero che poi, a livello nazionale si gioca quasi esclusivamente su terra rossa e quindi potrebbe risultare al limite del contro producente. Bugia. Altro luogo comune da sfatare. Se sono abituato a gestire velocita? piu? elevate saro? in grado di farlo anche a regimi piu? bassi.

Le tre motivazioni che vorrei illustrare hanno piu? la vocazione dell’appello accorato ai circoli e alla loro utenza.

Una riguarda le scuole tennis, l’altra i soci l’ultima, infine, i presidenti.
Un bambino che si avvicina al tennis non ha, per fortuna, luoghi comuni da sfatare sulla superficie di gioco. Per lui giocare su un campo rosso piuttosto che su uno verde o azzurro e? solo uno sfizio cromatico. Questo sfizio ha pero? un vantaggio immediato significativo: come tutti ‘i terraioli’ sanno anche sul campo piu? curato ci sono imperfezioni: l’avvallamento, la riga rialzata cosi come il sassolino rotolato via inficiano il rimbalzo e rendono la traiettoria non calcolabile. Inutile dire quanto sia fondamentale per un piccolo avere una palla sempre perfetta che non deraglia dopo il rimbalzo.
I soci non amano giocare sulle superfici dure per paura di traumi eccessivi dovuti allo spostamento. Un campo in terra rossa, in parte per le motivazioni appena viste puo? nascondere insidie molto piu? marcate di uno duro. Oltre il fatto che, se davvero la palla va piu? veloce, se la traiettoria e? favorevole al giocatore lui dovra? stare piu? fermo ed attendere la palla; se invece fosse piu? lontana, la osservera? passare senza neanche provarci e, dunque, evitera? traumi da movimento. Fidatevi: il campo duro vi coccola di piu?.

Le spese di utenza per un campo in terra sono sicuramente superiori. L’innaffiatura estiva, il ripristino del manto e la salatura invernale in caso all’aperto sono un esborso significativo per ogni associazione sportiva. Un campo sintetico ha pochissima manutenzione: i piu? moderni campi in terra rossa sintetica ne sono l’esempio. Tutte le risorse destinate a questa manutenzione potrebbero essere destinate al trovo nell’economia di un circolo: dal mantenimento della struttura agli strumenti didattici per i ragazzi della scuola.
Convertire le superfici di gioco nel nostro Paese e? operazione complessa: spesso i Piani Regolatori dei Comuni non rendono facile il compito ma con le giuste motivazioni e gli adeguamenti richiesti e? operazione possibile.
Scoperchiamo questo vaso di Pandora ed apriamo ad un futuro non così lontano.

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