AAA tennista svedese cercasi

Dominatori per anni, con il trio Borg-Wilander-Edberg, la Svezia oggi è sparita dal tennis che conta. Dalle origini e i trionfi dell'era d'oro, passando per i buoni risultati di un periodo intermedio vissuto nel recente passato fino alle prospettive (poche) per il futuro.

Provate ad Andare sul sito dell’ATP e cercate i giocatori svedesi in classifica. Non ne troverete nessuno tra i primi cento. Il primo è Elias Ymer, numero 144, per il secondo dovrete scendere fino al numero 305, dove si trova Christian Lindell e poco più giù, al n°317, troviamo Markus Eriksson. Eppure c’è stato un tempo in cui nella galassia ATP le stelle svedesi erano le più luminose e ammirate. Tre numeri uno in un solo decennio: un risultato sorprendente per un Paese di appena otto milioni di abitanti. Il tennis divenne uno sport popolare in Svezia a metà degli anni Sessanta, quando la tv trasmise degli avvincenti match di Coppa Davis tra Italia e Svezia, quelle partite in televisione catturarono l’attenzione di molte persone, e giocatori come Jan Erik Lundqvist divennero celebrità nazionali. Anche i giocatori italiani, Nicola Pietrangeli e Fausto Gardini, divennero famosi.

BORG SIMBOLO – Il crescente interesse per il tennis fu la ragione per cui Borg scelse di impugnare una racchetta da piccolo. Senza quelle partite magari avrebbe preferito una mazza da hockey. Così, gli svedesi hanno iniziato a giocare a tennis ben prima di sapere chi fosse Björn Borg. L’esplosione di Borg trasformò poi l’interesse collettivo in un’autentica moda. Il tennis diventò lo sport che tutti volevano praticare e le scuole, per prime, offrivano la possibilità di farlo. Prima degli anni Sessanta, il tennis era percepito solo come un passatempo. Il primo tennista svedese fu il principe ereditario Gustav (il futuro re Gustav V), il quale, durante una permanenza di 4 mesi in Inghilterra nel 1879, si innamorò a tal punto del tennis da “esportarlo” in patria, al suo rientro fece realizzare i primi due campi della Scandinavia. Il primo vero tennista arrivo molto tempo dopo, Jan Erik Lundqvist, che nel 1964 arrivò ad occupare la terza posizione della classifica. Fu grazie a lui che il tennis riuscì ad emanciparsi e divenire uno sport per tutti. Grazie ai suoi match trasmessi in televisione un commesso di alimentari di nome Rune Borg regalò a suo figlio di nove anni una racchetta da tennis. Fu il punto di non ritorno. Björn Borg cambiò la Svezia. Gli anni Settanta sono stati il periodo nel quale in Svezia il tennis diventò lo sport nazionale, mentre per il resto del mondo la Svezia e il tennis diventarono sinonimi.

I PRIMI SUCCESSI – Borg giocò il suo primo anno da professionista nel 1973, e l’anno successivo si aggiudicò, a soli 18 anni, il suo primo Roland Garros. Fu l’iniziò di una carriera straordinaria che gli portò in bacheca 11 titoli del Grande Slam: 6 Roland Garros (1974, 1975, 1978, 1979, 1980, 1981) e 5 Wimbledon (consecutivi dal 1976 al 1980). Per lungo tempo è stato da tutti considerato il più forte tennista di tutti della storia. Agli inizi Mats Wilander aveva un gioco tremendamente monotono. La finale del Roland Garros contro l’argentino Guillermo Vilas del 1982 che Wilander conquistò a soli 17 anni e 9 mesi fu ricordata per esser stata una partita tremendamente noiosa. Anche se lo spettacolo non era il suo forte, Wilander aveva dalla sua grande tenacia e una spiccata intelligenza tattica. Col tempo allargò il suo repertorio, utilizzando sempre più spesso il rovescio in back al posto del rovescio bimane, cambiando modo di servire, migliorando il gioco di volo e, in un 1988 stellare, scalzò finalmente Ivan Lendl dal trono dell’ATP.

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NON SOLO BJORN – Quell’anno Wilander si aggiudicò tutte le prove del Grande Slam, eccetto Wimbledon. Ma in quel torneo fu un altro svedese a trionfare, un giovane molto talentuoso: Stefan Edberg. Un giocatore d’attacco in mezzo a tutti quegli instancabili martellatori. Edberg era un ragazzo timido, educato, silenzioso, ma anche così ostinato a trasformare ogni sua volée in un capolavoro. Giocava sempre all’attacco, e con le sue magnifiche volee Edberg contrastò i bombardieri da fondo campo della sua epoca come Ivan Lendl, Andre Agassi, Jim Courier e lo stesso Wilander. Contro il suo più grande rivale, il tedesco Boris Becker, giocò tre finali consecutive a Wimbledon, vincendone due (1988 e 1990) e al Centre Court divenne l’indiscusso beniamino, oltre che per la spettacolarità del gioco, anche per il comportamento esemplare tenuto in campo. Non è un caso che l’ATP, dopo il suo ritiro, gli abbia intitolato lo Sportsmanship Award, il premio assegnato ogni anno al tennista che ha dimostrato il maggior fair play, pare che fosse amatissimo dai suoi stessi colleghi. Arrivò al numero uno nel 1990, nel periodo di passaggio tra il dominio di Lendl e quello di Sampras fu lui il più forte al mondo.

QUESTIONE DI EPOCHE – Stefan, Mats e Björn: tre ragazzi di origini modeste, provenienti da famiglie semplici, che hanno usufruito dei vantaggi di un tennis che da passatempo di lusso era diventato uno sport popolare. Poi qualcosa si è inceppato. Molti fattori possono essere chiamati in causa, il progressivo scemare dell’interesse collettivo legata al tennis, la mancanza di nuovi tecnici validi come i mitici Percy Rosberg e Lennart Bergelin, lo scarso interesse dei giovanissimi, la crisi globale. Oggi ci vogliono soldi per giocare. Se non sei un giocatore tra i primi centro al mondo, con il tennis rischi di rimetterci, occorrono gli sponsor (il discorso ovviamente non vale solo per la Svezia). Federazione e club non hanno più soldi, mentre i privati, gli unici che possono permettersi di investire, preferiscono farlo altrove. A queste condizioni, non sorprende più di tanto che il Paese che a lungo è stato considerato una fabbrica di campioni non abbia nemmeno un giocatore tra i primi cento.

IL LENTO TRAMONTO – Dopo i tre numeri uno, il declino non è arrivato all’improvviso. Thomas Enqvist, Magnus Norman, Thomas Johansson, Robin Söderling sono stati buoni giocatori e hanno caratterizzato con alcuni risultati di prestigio (la vittoria di Johansson agli Australian Open 2002, le due finali consecutive a Parigi di Söderling nel 2009 e 2010) il passaggio tra passato e presente, tra l’alone dorato e la luce fioca. Attualmente la squadra di Coppa Davis non fa parte del Gruppo Mondiale e l’unico giocatore di qualità, Elias Ymer, nonostante i buoni progressi, non ha ancora lasciato traccia di sé in un torneo importante. Il fratello di Elias, Michael è oggi alla posizione n° 418 e pare non essere in grado di confermare da professionista quanto di buono mostrato da juniores. Per ultimo dobbiamo citare il figlio di Borg, Leo. Appena quindicenne è uno dei migliori giocatori svedesi della sua età ma ad oggi sembra suscitare grande interesse mediatico più per il cognome che per il suo (comunque di buon livello) tennis. Si dice che sia molto diverso dal padre per caratteristiche tecniche ma sembra davvero prematuro ogni discorso di questo tipo.

PUNTI DI VISTA – Insieme alle speranze e alla grande nostalgia, restano però i fasti di tre decenni sul tetto del mondo, coronati, oltre che dai 25 sigilli Slam in singolare, anche da 7 trionfi in Coppa Davis (1975, 1984, 1985, 1987, 1994, 1997, 1998). Insomma quella che appare una fine lenta ed inesorabile ha una sua spiegazione sociale, economica e romantica. Forse la Svezia ha avuto un successo così luminoso e folgorante da rimanerne quasi irrimediabilmente bruciata.

13 comments
  1. E’ più sorprendente quello che hanno fatto nelle ultime tre decadi del millennio che non il declino attuale…in fondo parliamo di un paese di appena 8 milioni di abitanti ed il tennis non era certo lo sport più popolare tra i ragazzi….

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