Giorgio Galimberti: “Dal 2017 chiamatemi capitano: sogno la squadra di Davis”

Quattro chiacchiere con Giorgio Galimberti, riflettendo su passato, presente e futuro.

Quest’anno per Natale ci siamo concessi un regalo speciale: due chiacchiere sotto l’albero con uno che di tennis ne sa un bel po’. Parliamo del milanese Giorgio Galimberti, ex tennista di talento, attuale direttore della San Marino Tennis Academy, ex coach di Gioia Barbieri e allenatore della promessa junior Maria Vittoria Viviani e di altre giovani promesse del tennis italico, commentatore televisivo e braccio destro di Capitan Barazzutti.

di Enrico Carrossino

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Ci parli un po’ di te? Com’è nata la tua passione per il tennis?

Ho incominciato a 4 anni, nel campo di casa di papà, in giardino. Mi innamorai subito del tennis e capii che sarebbe diventata la mia vita. Feci tutta la trafila delle giovanili finché a 12-13 anni ero tra i giovani più forti d’Italia: a 16 anni sono divenuto il n° 1 d’Italia, posizione che ho conservato per 3 anni di fila. Poco tempo dopo sono divenuto n° 2 del mondo nella classifica Juniores ITF: a quel punto ho intrapreso la dura strada del professionismo. Ho avuto un po’ di difficoltà all’inizio ad alti livelli, ma poi credo di aver fatto una buona carriera: best raking alla 115esima posizione ATP, 6 anni in Coppa Davis, 15 incontri con saldo attivo soprattutto in doppio e diversi Slam disputati….

Parliamo del singolare: cosa ti è mancato per entrare tra i primi 100 del mondo, traguardo che invece hai ampiamente raggiunto in doppio?

Non ho curato gli aspetti mentali che potevano fare la differenza. Avrei dovuto migliorare ulteriormente il dritto, ho fatto degli errori che col senno di poi ho compreso e ho analizzato con cura. Comunque, credo sia stata un’ottima carriera. Per 4 anni sono stato sempre intorno al 120° posto e nel 2003 ho avuto tante occasioni per entrare nei 100: per 3 mesi, infatti, non ho avuto punti da difendere, ma mi son messo troppa pressione addosso e non sono riuscito a raccogliere punti preziosi. Diciamo che sono sottili le differenze tra essere 115 e 99 non cambia praticamente niente. Ciò che mi è mancato per fare il salto di qualità è stata soprattutto la discontinuità di rendimento, l’incostanza. Ho avuto picchi ottimi, come la vittoria su Alex Corretja a Roma nel 2002 o quella su Martin Ververk, non molto tempo dopo la sua finale parigina del 2003.

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Tecnicamente che tipo di giocatore eri? Cosa pensi che avresti dovuto aggiungere al tuo tennis?

Ero un giocatore completo. A rete giocavo bene, anche se in singolo ci andavo poco, perché ero un contrattaccante da fondo. Non aggredivo io per primo, ma stavo in fase difensiva e aspettavo la palla buona per attaccare. Oggi giocatori ora sono tutti attaccanti da fondo, i ritmi si sono velocizzati e i contrattaccanti stanno un po’ scomparendo, a parte qualche eccezione, come Andy Murray. Forse avrei dovuto adattarmi anche io a questo cambiamento.

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In doppio hai fatto una carriera decisamente migliore. Sei stato compagno di Daniele Bracciali, con il quale nel 20o5 hai vinto il titolo al Milan Indoor. 

Il doppio è uno sport a sé, dove sì, ho avuto migliori risultati. Avevo una predisposizione naturale per il piazzamento a rete, mi disponevo facilmente per coprire i buchi in campo in base a dove stavano i miei avversari e il mio compagno: insomma, sapevo essere al posto giusto al momento giusto. La destrezza e la capacità di muoversi sotto rete sono doti innate: io le avevo, così come Daniele, che conoscevo a memoria, quasi fossimo una persona sola.

La tua vittoria più bella?

La vittoria contro Corretja nel 2002 al Foro Italico, sul gremito Pietrangeli. Un’emozione indescrivibile.

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Archiviata la parentesi ricordi,veniamo al presente. Oggi di cosa ti occupi? E cosa ti aspetti dal futuro?

Sono sotto contratto con Sky dal 2007, collaboro con Supertennis per Circolando e le gare di Coppa Davis nelle partite interne. Sono assistente di Corrado Barazzutti sia in Davis che Fed Cup e aspirante capitano per il 2017 in Coppa Davis. Dirigo la mia accademia a San Marino, dove si allenano oltre 30 giocatori professionisti, e abbiamo vinto per 2 volte i campionati italiani under 16 a squadre. Ho portato Gioia Barbieri da 480 a 170 del mondo in 11 mesi. Ora alleno Sofiya Kovalets, un’ucraina che si allena da me, e Maria Vittoria Viviani, una delle più forti della classe 1999 d’Italia, seguita dalla Federazione. Insomma, la mia vita lavorativa si divide tra Sky, SuperTennis, San Marino e la Federazione Italiana.

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