Ce n’è per tutti: Giorgi, Sharapova e la maledizione di Federer

Giunge infine agli orecchi del vostro articolista la notizia che, caso o decisione del Supremo, battere Federer sia presagio di sventura e disperazione.

L’America torna a respirare buon gioco dopo aver patito, per qualche mese, la totale supremazia del tennis europeo, che rappresenta indubbiamente la parte di stagione più avvincente dell’anno.
Il torneo di Washington affronta l’ingrato compito di inaugurare il lungo filotto di appuntamenti denominato “Us Open Series”, cementata striscia di partite volte al fine di preparare al meglio l’ultimo Slam di stagione.
Camila Giorgi, iscritta al tabellone principale, si imbatte al primo turno in Bianca Andreescu, piccola canadese nata a Mississauga il 16 giugno 2000, vincitrice, nel binomio 2014-2015, di due Orange Bowl nelle categorie under-16 ed under-18.
Capiamoci, la nostra paladina, da sempre e per sempre speranza italica (non per la permalosa Federazione, s’intende), è classe ’91.
Nonostante anni nel circuito, però, la marchigiana continua a mostrare le solite innegabili pecche caratteriali, che, anche venendo poco citate, rappresentano il vero limite per la scalata al successo che tanti le pronosticano da lustri.
Il problema di Camila non è il padre Sergio, illuminato genio della racchetta che noi ancora, per manifesta inferiorità, non riusciamo a comprendere, e nemmeno (o piuttosto non solo) le tanto discusse motivazioni tecniche. Semplicemente, quando le partite contano e si giunge nei momenti decisivi, il cervello della Giorgi si spegne, i muscoli si irrigidiscono e la naturale risposta del sistema nervoso è un simultaneo innalzamento di forza e perdita di ragione. Risultato, pallate in orbita che sfiorano l’empireo e la rendono malaccetta ai dominatori dell’olimpo.
Al torneo di Stanford, nel frattempo, fa il suo ufficiale ingresso in campo la caramellaia Sharapova, algida regina di ghiaccio che, nonostante un set perso per creare un po’ di pathos attorno al suo ritorno, dispone a piacere della vacue velleità di Jennifer Brady, estromessa dal torneo con un 6-0 nel parziale conclusivo che funge da monito a Garbine Muguruza, testa di serie numero 1 e possibile avversaria della russa in una semifinale da cielo stellato.
Giunge infine agli orecchi del vostro articolista la notizia che, caso o decisione del Supremo, battere Federer sia presagio di sventura e disperazione.
I due rei, quest’anno, di aver compiuto l’illecita impresa, Donskoy e Hass, hanno totalizzato, dopo aver prevalso sullo svizzero, un lauto bottino di sette e sei sconfitte a testa, consecutive.
Il Vate Roger, ancora ebbro di lodi e doni di Bacco dopo la vittoria dell’ottavo Wimbledon, pare abbia accolto con malcelata gioia la lieta novella.
Che provi ora, il rivale Nadal, ad imporsi nuovamente su di lui.
Le conseguenze sarebbero tremende.

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