Diario degli Australian Open: giorno 7

Tsitsipas è più forte del più forte tra tutti, la perfezione di Nadal rende Berdych impotente. Nel tabellone femminile accadono eventi fuori da ogni logica. L'analisi della settima giornata all'Open d'Australia.

-Si recita il De Profundis accompagnato dal melanconico suono della marcia funebre di Chopin. È prassi, ogni qualvolta il Vate subisca un’inaspettata sconfitta, che dal confusionario brusio della platea adorante esca l’annuncio di un ritiro, seguito da fiumi di lacrime per ora sprecate. Così anche oggi, dopo l’ultimo quindici che ha reso Tsitsipas, agli occhi di molti, il futuro numero uno del mondo. La sfida tra i due è stata splendida ed il greco ha meritato la vittoria. Tanti errori da parte di Federer, soprattutto dal lato del dritto, che però, come pecca maggiore, ha la solita imbarazzante percentuale nella conversione delle palle break. Quest’oggi si è addirittura superato: 0/12. È però più importante sottolineare le grandi doti messe in mostra da Stefanos, che, oltre ad un bagaglio tecnico ben noto a tutti, ha tenuto una grande solidità mentale nei pochi momenti delicati che si è trovato ad affrontare. Un esempio lampante: in molte delle opportunità di break concesse, ha preso in mano gli scambi sin da subito, non esitando a prendersi pericolosi rischi. Un atteggiamento alla Nadal, per dire. Il rovescio è solido e, soprattutto sulla diagonale, trova angoli stretti con maestria e fluidità, ma è dal dritto che arrivano le soluzioni migliori. Sottolineo inoltre un dato, che farà  sorridere i puristi di questo sport oggi afflitti dalla dipartita del loro paladino. Nel corso del match, Tsitsipas è sceso a rete 68 volte, Federer 66. Abbiamo dunque un nuovo giovane esponente che, essendo scomparso da tempo l’ancestrale serve&volley, almeno accoglie con agio la possibilità di colpire al volo per concludere scambi corti e rapidi. Il tennis dell’ellenico è così, sincopato come il battito d’ali di una libellula e delicato, quando serve, come la scorza di un’albicocca fresca. Si parla di passaggio di consegne, di antenato ed ereditiere andando con la mente a quel 2001 in cui Federer sconfisse Sampras a Wimbledon. Niente di tutto ciò è vero, simili discorsi sono esclusivo frutto dell’emotività del momento. Semplicemente, un giocatore giovane dalle immani qualità, trovandosi davanti ad un uomo più forte di lui, oggi abbandonato dal dritto (riporto questa espressione, che trovate scritta in ogni sito tennistico, ma che io trovo scorretta, perché descrive il dritto come un’entità estranea a Roger e sottintende perciò che non sia totalmente sua la colpa dei 33 gratuiti commessi con questo fondamentale), ha saputo ricavare il massimo da ogni frangente, gestendo con più maturità del suo avversario le diverse situazioni del match. Al prossimo turno avrà Bautista Agut, inscalfibile spagnolo oggi giustiziere del solito Cilic. Una disputa estremamente differente, dove si troverà ad avere con costanza le redini dello scambio e sarà costretto a gestirle con pazienza. Un lungo applauso a Tsitsipas. Oggi più forte del più forte tra tutti.

-Rafa Nadal, nei primi due set giocati con Berdych, è stato di una perfezione disarmante. Non credo che la scarsa resistenza mostrata dal ceco sia riconducibile alla sua ben nota predisposizione alla resa nelle circostanze in cui si ritrovi ad affrontare uno del trittico inarrivabile, bensì al fatto che, di fronte ad una furia di quelle dimensioni, si sia trovato sorpreso ed impotente. I fondamentali funzionano all’unisono e se ben noto è il collerico turbine, che fende l’aria in lungolinea lasciando fermi i rivali ammutoliti, nuova enfasi e stupore li genera il rovescio, sul quale lo spagnolo sembra ora appoggiarsi con estrema grazia. Che sia lungolinea, dove sapientemente alterna il topspin all’accelerazione, prediletta quando il colpo avversario è corto, o incrociato, la sicurezza messa in mostra su quello che, tempo fa, veniva considerato il suo massimo tallone d’Achille è ipnotica e affascinante. A tutto ciò si aggiunge un servizio migliorato tecnicamente ed una superficie di gioco rallentata rispetto allo scorso anno. Il risultato è una macchina tirata a lucido, perfettamente capace di reagire con tempestività ad ogni evento si ritrovi ad affrontare. 32 vincenti a fronte di 21 errori gratuiti, 80% di punti vinti con la prima di servizio. I numeri sono quelli di un uomo, oggi, imbattibile. Impressionante il ritorno in campo dopo mesi di stop ed infinite teorie su un ultimo e letale infortunio. Impressionanti, in egual misura, gli accorgimenti adottati a tutto tondo per poter essere competitivo anche nello Slam a lui più indigesto. Ci sarà Tiafoe ad attenderlo ai quarti di finale, reo dell’estromissione di Dimitrov e detentore della camminata più innaturale che si ricordi su un campo da tennis. Non lo nego, lo statunitense rappresenta tutto ciò che mi disturba osservare in un rettangolo di gioco. Non gli nego, però, le giuste lodi, ritenendolo comunque inferiore ad un folto plotone di ragazzi suoi coetanei.

-Nel magico mondo del tennis in gonnella può succedere che, la numero due del mondo, racimoli due game al quarto turno contro una venticinquenne incapace, prima di questo torneo, di superare la prima partita di uno Slam. Danielle Collins impiega infatti 56 minuti per estromettere il terzino Kerber, stranamente lento, passivo e mai in grado di dare all’incontro quella classica scintilla di bruto agonismo che da sempre infiamma i suoi match più sofferti. Cade anche Maria Sharapova, non riuscendo, come da un paio d’anni, a replicare per due match consecutivi le splendide prestazioni che più volte ha saputo mostrare. Maria lascia spazio al simpatico “gnometto” (mi passino il termine gli attenti lettori, che utilizzo con valenza affettiva), capace di variare con mestiere mandando in confusione il monotematico schema siberiano. Attenti a Petra Kvitova. Quando la ceca attraversa un paio di settimane di grazie, è capace di esprimere un tennis abbagliante e secondo a nessuna.

Dal vostro cronista è tutto, a domani.

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