Djokovic e Murray non sono pronti, per niente.

Sono preso ad osservare lo spettacolo e dopo dieci minuti di partita mi domando se, quell’uomo che vedo colpire la palla mandandola di là (l’utilizzo del termine “giocare” sarebbe improprio in questo caso), sia per caso un simpatico e fenomenale imitatore dello scozzese, chiamato dagli emiri disperati per intrattenere il pubblico con qualcosa che sia appena poco più del nulla.

Oggi il mio compito, nell’organizzatissima griglia preparata sistematicamente dal supremo direttore del sito, sarebbe stato quello di guardare la partita di Novak Djokovic, di ritorno sulle scene dopo i sei mesi di stop che tanto somigliano a quelli presi da Federer nel 2016, analizzarla e scriverne un articolo di commento. Quando, dunque, alle mie orecchie è arrivata la notizia che il serbo non avrebbe messo piede in campo, ho iniziato ad avere qualche dubbio.
Perché prendere spontaneamente parte ad un torneo di esibizione per poi ritirarsi?
Non trovavo e continuo a non trovare una risposta a questo dilemma. Djokovic parla nuovamente di dolore al gomito, che è presente da Giugno e che sembra essersi riacutizzato in questi giorni. Ricordiamo come per lungo tempo, dopo la sua ultima sfida ufficiale, Novak non abbia toccato racchetta, concedendosi al totale recupero come migliore soluzione per tentare di guarire l’infortunio. Tutto era pronto per il rientro dell’ex dittatore, acclamato da stampa e platea, che invece rinuncia e lascia nuovi punti di domanda in vista del primo Slam dell’anno, che avrà inizio tra poco più di due settimane. Che possa dare forfait anche in Australia? Difficile, ma, come scrissi tempo fa, è bene sempre ricordare come la gomma, quella di cui si compongono gli arti del serbo, se raffreddata troppo finisca per rompersi.
Al posto di Nole subentra Andy Murray, che gentilmente accetta l’invito dell’organizzazione e si presta a disputare un solo set, opposto a Roberto Bautista Agut.
Sono preso ad osservare lo spettacolo e dopo dieci minuti di partita mi domando se, quell’uomo che vedo colpire la palla mandandola di là (l’utilizzo del termine “giocare” sarebbe improprio in questo caso), sia per caso un simpatico e fenomenale imitatore dello scozzese, chiamato dagli emiri disperati per intrattenere il pubblico con qualcosa che sia appena poco più del nulla.
Murray è imbarazzante. Non si muove, non spinge al servizio sul quale manca completamente la forza impressa al colpo tramite la spinta delle gambe, non tenta nemmeno di adottare una qualsiasi tipologia di tattica al proprio tennis. Bautista, che osserva la scena con disagio, si trova dopo pochi quindici sul 4-0 e compresa la situazione, da bravo uomo di sport quale ha sempre dimostrato di essere, regala due game allo scozzese, non costringendolo così alla pubblica umiliazione. Il parziale termina 6-2, il pubblico non prova nemmeno ad applaudire, l’intervistatore tenta di risolvere la situazione mascherando con finto entusiasmo la sua perplessità ed incalza il baronetto con le solite domande di routine. Andy lo guarda e risponde con parole speranzose “so che ci sarà ancora da lavorare ma sono convinto che i progressi si vedranno presto. Tra poco inizieranno gli Australian Open e non vedo l’ora di tornare a competere, so di poter far bene”.
Controllo su Internet, sempre più convinto di essere spettatore inconsapevole di uno spettacolo comico, ma no, quello è davvero Murray.
Inspiegabile come, in sei mesi di stop, la condizione dello scozzese non sia migliorata.
Anzi, l’assenza dalle competizioni lo ha reso addirittura più lento, impreciso e deconcentrato.
Non è il punteggio ciò di cui mi interesso, farlo il 29 Dicembre non avrebbe alcun senso, ma la sensazione provata dopo averlo visto in campo.
In tanti si domandavano se i gemelli serbo-scozzesi sarebbero stati in grado di compiere un ritorno alle scene in stile Federer-Nadal, entrando a gamba tesa su un panorama di giovani che si sono fatti spazio senza scontrarsi con il muro invalicabile che i due, per anni, avevano messo in piedi.
La risposta mia e di molti addetti ai lavori era stata negativa, ma, non avendo fatti a portata di mano, solo in linea teorica. Ora, il primo pratico banco di prova, conferma questa ipotesi.
Sarà dura, forse troppo.

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