Le verità non dette sullo Us Open

In questo articolo ci sono tante sciocchezze, ma forse anche qualcosa di giusto. Lo sfogo di un cronista stremato dallo Slam americano. Aprire con prudenza.

Cala il sipario sull’ultimo Slam stagionale, segno inequivocabile dell’ingresso tra le fratte inesplorate di un circuito impegnato, nei prossimi mesi, tra tornei minori organizzati in sperdute località asiatiche ed un paio di 1000 sul veloce (uno, Parigi Bercy, indoor) dediti alla preparazione dell’ultimo vero appuntamento dell’anno, il Master.
La cronaca vede Nadal vincitore di un sedicesimo Slam dal sapore di rivincita. Rivincita su tutte le fatiche patite durante l’arco della carriera, i tanti infortuni, le dicerie della gente che, giornalmente, lo davano da anni come finito ed incapace di vincere al di fuori della terra. È la rivincita di un campione eterno e leggendario, che ha costruito con il lavoro un impero difficile da replicare.
Quante banalità in queste ultime due frasi. Sarò forse impazzito? Mi sarò amalgamato alla maggioranza del giornalismo tennistico italiano che procede il suo cammino con raffiche di lodi incondizionate per questo e quell’altro giocatore? No, niente di tutto ciò.
Avete letto, nelle righe che precedono questa coppia di domande retoriche, ciò che, da ieri, si trova dovunque.
Non sono qui per ripetere cose già scritte, è chiaro. Ho solo l’intenzione di dirvi la verità.
È stato un grandissimo Slam? No, affatto. Livello decisamente basso, il peggiore da inizio anno, conclusione di nove mesi che, pur sapientemente mascherati dalle mille vittorie di Federer e Nadal “leggende eterne e meravigliose (però lo svizzero le volee le sa giocare, eh)”, hanno messo in evidenza ciò che da molti è detto da tempo.
Dietro a Djokovic, Rafa e Roger, chi c’è? Nessuno.
Si giunge quindi ad inizio settembre con i due semidei unici superstiti di una stagione minata dai ritiri (mai ne ricordo un così gran numero), e dunque logici favoriti per la conquista dello Slam rimanente.
Il Baronetto astuto piazza entrambi nello stesso lato di tabellone, al quale il Fato assegna anche gli unici esponenti di rilievo sopravvissuti al cataclisma ospedaliero.
Rimane Zverev, dall’altra parte, che gran soddisfazione.
Il tedesco esce subito, sconfitto da quel Coric che sarà pur bravo, ma al turno successivo Anderson gli dà tre a zero senza impegnarsi nemmeno troppo.
Già, Anderson, proprio il finalista. Si sprecano le lodi su di lui, perché ovvio, “se arriva in finale vuol dire che è forte, eh”, e forte lo è, infatti, ma per la finale di un 500.
Non parliamo di Carreno, per favore. Pensavo di essermi finalmente liberato di Ferrer, e invece? Eccone la copia, preciso e puntuale.
L’Italia si trova ad esultare per un ottavo di finale raggiunto da Lorenzi nella landa della desolazione, tutto pur di non pensare a quell’altro Fognini che, prima della redenzione concessa dal sergente Capizzi, ha fatto vergognare tutta Italia.
Ma dall’altra parte, in fin dei conti, chi c’era? Il campionissimo Nadal, che per vincere il trofeo e l’assegno da 3.7 milioni non ha dovuto fronteggiare nessun top20, stranezza mai successa dal 2002, anno dell’introduzione delle trentadue teste di serie. “Si, ha vinto, ma che finale è stata? Io non l’ho nemmeno vista, la più brutta di sempre. Con l’arrotino e quell’altro non è vero tennis, eh”. Nessuno cita la finale del Roland Garros che vide lo spagnolo imporsi sullo svizzero 6-1 6-3 6-0, per non parlare del catastrofico ultimo atto che vide Cilic e Nishikori contendersi il titolo, per non andare troppo indietro con gli anni. Dai, Roger in questo torneo era infortunato. Ha perso con Delpo che però poi, contro Rafa, ha sofferto palesemente la stanchezza. Ovvio. Ma chi ci crede nelle nuove generazioni? Un branco di cloni monotematici dai quali spiccano soltanto Shapovalov e Kyrgios . Uno è fortissimo ma non vince nemmeno un set con Carreno, l’altro dicono abbia talento, ma solo se lo stadio è abbastanza grande.
Non parliamo delle donne vi prego.
La campionessa in carica perde al primo turno e la vincitrice è una ragazza che cinque mesi fa era costretta da un intervento chirurgico alla sedia a rotelle.
Comico, davvero comico.
“Comunque meno male che ci sono loro, godiamoceli e speriamo non si ritirino mai, eh”.
Cosa? È uno scherzo? L’annata 2017 è stata una delle più brutte mai viste.
Che se ne vadano, quei due.
Sogno Carreno Busta numero 1 del mondo, Sam Querrey vincitore a Parigi, e Monica Niculescu campionessa a Wimbledon. Oscar alla recitazione per Ekaterina Makarova con Novak Djokovic spietato giudice di Masterchef.
Sarebbe un mondo meraviglioso, apollineo e raggiante.

(Confessioni di una mente portata allo stremo da due intense settimane di Slam. Niente di tutto ciò che avete letto è vero. Forse)

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