«Murray è stato sfortunato, ma resta un ragazzo straordinario». Parola di Amelie Mauresmo

L'ex numero uno francese parla a 360 gradi in un'intervista con Socrates Magazine. Per lei resta indimenticabile l'esperienza come allenatrice dello scozzese

«Vederlo in lacrime a Melbourne, durante la conferenza stampa in cui annunciava l’addio, rimarrà uno dei miei ricordi più strazianti». Così l’ex tennista Amelie Mauresmo ricorda Andy Murray, tormentato dai guai fisici dopo il rientro all’inizio di quest’anno. La francese è stata numero uno nel 2004, per poi dedicarsi all’attività di allenatrice dopo il ritiro. Fra gli atleti che ha seguito anche lo scozzese, sicuramente una delle sue esperienze più importanti, durata oltre 3 anni.

«Ricordo ogni momento trascorso con lui. Mi ha permesso di conoscerlo meglio, non solo come tennista, ma anche come persona. Un ragazzo serissimo, che si è allenato sempre con grande costanza e dedizione.», continua Mauresmo in un’intervista per Socrates Magazin.

«Andy sta vivendo ora una della fasi più difficili della sua carriera, nel momento in cui si avvicina l’addio definitivo, peggio se deciso, come sta accadendo, dalla condizione fisica invece che da altre motivazioni, legate magari alla sua volontà. Triste soprattutto quando le soluzioni provate per superare il fastidio all’anca non hanno funzionato, anche dopo un’operazione che lo ha tenuto lontano dai campi per molto tempo». Le considerazioni della sua ex allenatrice sono quelle di chi conosce bene il mondo del professionismo e al tempo stesso di chi ha vissuto tutte queste emozioni in prima persona. Poi ha ricordato il tempo nel quale hanno lavorato insieme, sull’aspetto fisico ma soprattutto su quello psicologico del giocatore. «In passato feci di tutto per aumentare il suo autocontrollo e l’approccio mentale giusto ai match che lo attendevano. Quando è arrivato il momento in cui non potevo dargli di più, le nostre strade si sono divise».

Infine, qualche parola per tutti quelli che sono ancora perplessi per il solo fatto di pensare a un uomo allenato da una donna: «Doveva migliorare soprattutto nella comunicazione, per potersi aprire su quanto non funzionava e ciò che doveva ancora essere messo a punto. Riuscì a farlo meglio con me, rispetto agli allenatori uomini che lo avevano seguito. Posso dire che resta un ragazzo e un atleta straordinario, sebbene molto sfortunato, soprattutto in quest’ultimo periodo della sua carriera».

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