Djokovic-Monfils, semifinale da “Teatro dell’assurdo”

Una semifinale folle, a tratti deludente quella andata in scena tra Novak Djokovic e Gael Monfils agli Us Open. Una partita tipica del "teatro dell'assurdo" tanto per citare Samuel Beckett.

Trionfo di sbadigli e palpebre cadenti richiedenti pietà rendono i primi due set della strepitosa semifinale della parte alta una velata minaccia alla salute fisica e psichica dei suoi spettatori. Splendido tripudio di errori e simpatici mugugni provocano la rabbia dell’esigente pubblico newyorkese, provocato a tal punto da sommergere di rabbiosi fischi il ciondolante trapezista parigino, fino a quel momento incapace di mettere in campo tre colpi consecutivi.

Il match sale (leggermente eh) di livello, complice un progressivo risveglio del pirotecnico Gael, che, alternando remate da fondo a folli ed insensate accelerazioni, vince il terzo set rimandando la fine al capitolo successivo. Da quel momento, un intenso sommarsi di sceneggiate hollywoodiane, trasforma l’Artur Ashe Stadium nel palco teatrale per eccellenza. Monfils, abituato com’è a dare spettacolo recitando una parte provata per anni, inizia ad accasciarsi al suolo dopo ogni scambio, sia questo una maratona olimpica o un semplice servizio vincente. Spossato e moribondo, annaspa e fatica persino a reggere la racchetta in mano, dimenticando tutto a un tratto la stanchezza per prodigarsi in rapidi recuperi di palle corte giocate, spesso senza un vero e proprio senso, dal suo sadico avversario. Magia. Dall’altra parte della rete, allora, il numero 1 del mondo decide di rispondere a tono.

Sentitosi sfidato sul suo fondamentale più forte (non il dritto, non il rovescio, non il servizio, ma la recitazione), dal nulla crea un pregevole copione, lamentando acuti dolori ad arti, spalle, collo, pancia ecc. ecc. Non riscuotendo, però, il successo desiderato, Djokovic decide di stupire l’intera platea con un inaspettato e incredibile colpo di scena colmo di effetti speciali degni del miglior film di Steven Spielberg. Il dittatore serbo, cercando la forza necessaria per affrontare le entusiasmanti giocate del nemico, tenta (come ultima possibilità per annullare un set point) la trasformazione nell’incredibile Hulk, strappandosi rabbiosamente la candida maglia e lasciandola a penzoloni come seria minaccia per ogni sfidante. Il finale mozzafiato dello show, vede poi in Djokovic il logico trionfatore, in una partita deludente e, per lunghi tratti, addirittura fastidiosa, fischiata da tutti (Wilander e McEnroe compresi) e applaudita da pochi (Becker). Insomma, per una semifinale Slam, direi niente male.

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