Flavia Pennetta e le altre cinque outsider vincitrici di un Grande Slam

In questi giorni, l’Italia sportiva sta tifando a 360° i beniamini impegnati in tutto il Mondo a rappresentare il belpaese. La sorpresa più grande è stata vista e ammirata nel tennis, dove le nostre due tricolori, Flavia Pennetta e Roberta Vinci, hanno dato spettacolo a New York. Per la prima volta hanno disputato una finale tutta italiana li nel regno della Dea di questa disciplina, Serena Williams, rimasta incredibilmente a bocca asciutta contro ogni pronostico. La tristezza avvolge l’americana, vincitrice da tre anni di fila a Flushing Meadows e favorita come non mai alla conquista del Grande Slam.

Perché tutti, non meno di due settimane fa, eravamo convinti dell’imminente vittoria di Serena. A livello femminile, forse, si prospettava l’ennesima débâcle – la sola Sara Errani era arrivata tra le prime otto in Francia -; al massimo speravamo tutti il ripetersi di quel risultato, che non sarebbe stato nemmeno poi così tanto da buttare. E, invece, ci hanno stupiti, ci hanno conquistato. Ci hanno fatto ancor di più avvicinare a questo sport di nicchia che appassiona sì meno persone del calcio, ma nello stesso modo crea un legame molto più profondo tra tifoso a tennista.

A livello statistico, Flavia Pennetta è la testa di serie più bassa (26) che conquista gli US Open – non tenendo conto della wild card offerta a Kim Clijsters nel 2009 – a undici anni esatti dalla vittoria di un’altra outsider, Svetlana Kuznetsova. La brindisina, in attesa di capire se si ritirerà a fine anno, non è l’unica che ha conquistato un Grande Slam contro ogni pronostico. Il sito di “Espn“, infatti, ha individuato altre cinque giocatrici in grado di compiere questa sontuosa impresa:

JENNIFER CAPRIATI (12), 2001 AUSTRALIAN OPEN – Il talento precoce del tennis mondiale, capace di giungere tra le prime dieci giocatrici mondiali nel 1990, ovvero all’età di quattordici anni, vinse due anni più tardi la medaglia d’Oro ai giochi Olimpici di Barcellona 1992 sconfiggendo in finale niente di meno che la Golden Slam Steffi Graff. Arrivata troppo presto alla gloria, Jennifer iniziò a perdersi per strada e dopo esser stata addirittura arrestata per scippo e per possesso di marijuana, iniziò una seconda vita sportiva all’inizio degli anni 2000. “Se ci credi veramente, i sogni si avverano“, parole importanti della ventiquattrenne Capriati – di chiare origini italiane – nel post vittoria. Un torneo giocato alla grande: due soli set persi, scalpi importanti raccolti durante il cammino come quelli della quattro volte campionessa australiana Monica Seles, della numero due Lindsay Davenport e dell’allora giocatrice migliore di tutte, quella Martina Hingis più giovane della rivale che aveva già vinto sette titoli del Grande Slam. Ritiratasi nel 2004, Jennifer Capriati è stata introdotta nel 2012 nella Hall of Fame.

MARIA SHARAPOVA (13), 2004 WIMBLEDON – Nell’anno più pazzo che il tennis ricordi, la diciassettenne Maria Sharapova trovò il primo dei suoi cinque sigilli battendo in finale la detentrice del trofeo Serena Williams, che dal 1999 assieme a sua sorella Venus dominavano la scena all’All England Club. Ma sulla bellissima russa chi avrebbe scommesso un penny? Alle spalle dei mostri sacri della disciplina, aiutata anche dalla caduta di Anastasia Myskina (2) nel terzo turno, Maria rispondeva colpo su colpo alle più esperte colleghe e le eliminava senza pietà. Memorabili le sfide risolte al terzo set contro Ai Sugiyama e Lindsay Davenport – entrambi vinti per 6-1 al terzo set -, ma il pubblico inglese rigorosamente vestito di bianco si levò il cappello di fronte alla bravura della siberiana ammirata durante l’ultimo atto. “Venir qui e vincere è sempre stato il mio sogno, ma farlo quest’anno non lo avrei mai immaginato” ammise Maria a fine match; forse pensava che qualcuno, prima o poi, le avrebbe dato quel pizzicotto che l’avrebbe svegliata. E invece no, con il risultato schiacciante di 6-1, 6-4 è divenuta la prima russa a vincere Wimbledon e la terza più giovane campionessa femminile. Mica male.

KIM CLIJSTERS (WILD CARD), 2009 US OPEN – Ricordate il film “Wimbledon” girato nel 2004 e con protagonista anche Kirsten Dunst? Sulla falsa riga di quel movie ispirato chiaramente alla vittoria della wild card Goran Ivanisevic nel 2001, otto anni più tardi si verificò la stessa scena in ambito femminile. Ventun giorni prima dell’inizio ufficiale della manifestazione, infatti, la belga Kim Clijsters riprese a giocare a Cincinnati tra lo stupore generale. Ritiratasi dalla scena due anni prima, l’ex numero uno al Mondo venne invitata dagli organizzatori a prender parte agli US Open e, come dichiarato dopo, la sua intenzione era “quella di avere esperienze nuove dopo il parto”. In uno scenario a suo dire “ancora così surreale”, la Clijsters ebbe ragione di entrambe le sorelle Williams e in finale sconfisse Carolina Wozniacki. Come se non bastasse, si ripeté per la terza volta – la prima gioia nel 2005 – l’anno successivo prima di appendere la racchetta al chiodo nel 2012 terminando, così, la sua gloriosa carriera con ben quarantuno titoli nel proprio palmares.

FRANCESCA SCHIAVONE (17), 2010 ROLAND GARROS – Il primo dei due omaggi ad una tennista italiana. La milanese Francesca Schiavone visse un buon 2009 che la vide raggiungere i quarti di finale a Wimbledon collocandosi, poi, come una delle migliori tenniste tricolori al pari di Flavia Pennetta. Lei sapeva che, prima o poi, la stessa gioia provata nel conquistare la Fed Cup sarebbe arrivata anche nel singolare. Perché nulla è impossibile, frase che in quei giorni passati a combattere come una leonessa l’accompagneranno per più e più volte. E il destino a volte è davvero beffardo. Ma poi ci arriviamo. Sotto di un set, Francesca recupera ed elimina al primo turno la Kirilicova procedendo poi battendo nell’ordine l’australiana Ferguson, la cinese Na Li – tenetevi in mente questo nome – la russa Kirilenko e la danese Caroline Wozniacki numero tre del seeding. Sfruttando il ritiro di Elena Dementieva in semifinale – la Schiavone aveva vinto il primo set -, l’attesissima finale è contro quella Samantha Stosur capace di eliminarla piuttosto facilmente l’anno prima. Ed ecco nuovamente comparire quella frase “nulla è impossibile”, comparsa nelle magliette di amici e familiari, a sostenere e incoraggiare la Schiavone che nel caldo pomeriggio del 5 giugno vincerà il primo Grande Slam della sua carriera. Corsi e ricorsi storici per Francesca, perché l’anno dopo è ancora di nuovo li all’ultimo atto che questa volta però perderà. Contro chi? Il suo nome e cognome sono già stati citati: Na Li. Ma quella è un’altra storia.

MARION BARTOLI (15), 2013 WIMBLEDON – Arrivare a ventidue anni, quasi ventitré, ad una finale così prestigiosa può aver destabilizzato la giovane Marion, che nel 2007 fu sconfitta da Venus Williams. Non bastò alla giovane francese eliminare nel corso della manifestazione giocatrici più esperte come Jelena Jankovic e Justine Henin per divenire campionessa, doveva fare decisamente di più. Ma era possibile? Gli anni passavano e Marion, a parte una semifinale conquistata in Francia nel 2011, raccolse pochissimi successi. Il digiuno cresceva sempre di più e, quindi, cosa fare per vincere Wimbledon? Far ritirare tutti dal torneo era pura utopia, ma la fortuna questa volta volle dare una vera e propria mano. L’edizione 2013 del Grande Slam più antico di tutti fu la più imprevedibile di tutte: la particolarità consisteva che la francese non si trovò mai di fronte una delle prime quindici della classifica WTA, una primizia mai accaduta fino ad allora. Paradossalmente Sabine Lisicki assunse i panni della Marion Bartoli di sette anni prima e pur eliminando Serena Williams e Agnieszka Radwanska, in finale crollò sotto i colpi della rivale. Dopo esser diventata numero sette, la Bartoli annunciò il ritiro sei settimane dopo.

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