Questi poveri, maltrattati giudici di sedia

Tra un Troicki in versione Hulk e la pipì in campo di Cuevas (mai avvenuta), pare che in questa edizione di Wimbledon i giudici di sedia siano - a torto o ragione - il bersaglio preferito dei tennisti. Ma, si sa, essere un arbitro è da sempre un lavoro ingrato...

Quello dell’arbitro, si sa, è un lavoro ingrato. Gli errori dei “giudici” in campo, in qualsiasi sport, sono spesso oggetto di infuocate contestazioni, da parte di appassionati, addetti ai lavori e giocatori. Un goal in fuorigioco non fischiato, un fallo inesistente, un cartellino fuori luogo sono considerati, nel mondo del calcio, tra le maggiori ingiustizie che possano esistere. Escludendo l’inevitabile errore umano, sovente gli spettatori accusano il fischietto di partigianeria, visioni poco obiettive, o peggio, corruzione. Nel tennis la situazione non è troppo diversa. Basta dare un’occhiata a questa edizione di Wimbledon, dove ben tre episodi molto discussi e chiacchierati hanno coinvolto direttamente clamorosi errori (o presunti tali) dei giudici di sedia.

IL FURORE DI TROICKI – Il primo di questi (se avete seguito un po’ il torneo ne avrete sicuramente sentito parlare) è forse destinato a diventare il momento più esilarante e insieme conturbante dell’intero torneo. Il fattaccio avviene verso la fine del quinto set decisivo del match di primo turno tra il serbo Viktor Troicki e l’iberico Albert Ramos Viñolas, il quale è avanti 5 a 3 e 30 pari con la battuta a disposizione. Ramos scaglia un servizio ad uscire, che per l’arbitro è dentro: ace, dunque, e match-point per lo spagnolo. A questo punto incomincia uno dei più furiosi scoppi d’ira che si siano mai visti su un campo da tennis, che non sfigurerebbe se confrontata a una delle peggiori scenate di John McEnroe. Troicki inizia a urlare e ad agitare le braccia, gridando che il servizio era chiaramente out. Il trentenne serbo si precipita a prendere la pallina e la mostra all’arbitro (che, udite udite, è l’italiano Damiano Torella) per mostrargli che non ha segni di gesso e che quindi si è posata appena fuori dalla riga. «Idiota, era out!», protesta Troicki avvicinandosi sempre di più al giudice di sedia, il quale – irremovibile – gli ordina di riprendere il gioco. Ramos sfrutta subito la palla match grazie a una risposta fuori del trentenne serbo il quale, sempre più infuocato, ritorna in direzione dell’arbitro, non certo per stringergli la mano. «Perché lo hai fatto? Sei il peggiore arbitro del mondo, te ne rendi conto?». L’arbitro, un grassoccio trentenne dal viso triste, finge di mostrare un volto imperturbabile, ma tradisce un timore sempre più crescente: il giocatore appena sconfitto continua a gridare insulti a gran voce, a pochi centimetri da lui, lo sguardo infuocato, senza la minima intenzione di smettere. L’impressione è che da un momento all’altro avrebbe iniziato a riempirlo di botte. Il giudice chiama la security, sussurra timidamente un warning ai danni di Troicki e scende lentamente dal seggiolino, con la voglia matta di andarsene via il prima possibile. Con il senno di poi, visto il momento delicatissimo dell’incontro, la rabbia del serbo può essere in parte giustificata; inoltre, se si osserva bene il video nel momento esatto dell’impatto della pallina, si scopre che effettivamente era fuori. Tuttavia la reazione di Troicki è stata esagerata: per questo gli organizzatori del torneo lo hanno multato per 10mila sterline. Un brutto Wimbledon, per i serbi…

MI SCAPPA LA PIPÌ – Il secondo episodio è altrettanto esilarante e ridicolo, ma per altri motivi. Tutto accade durante l’incontro di ottavi di finale di doppio maschile: in campo lo spagnolo Marcel Granollers e l’uruguaiano Pablo Cuevas contro il britannico Jonathan Marray e il canadese Adil Shamasdin. Un altro match combattutissimo, giunto al quinto set dopo oltre due ore di gioco. Sul punteggio di 9-8 per la coppia anglo-canadese, Cuevas chiede alla giudice di sedia francese Aurélie Tourte di poter uscire dal campo per espletare un bisogno fisiologico. L’arbitro però gli nega il toilet break e lo costringe a continuare la partita. A questo punto avviene l’impensabile: secondo alcuni spettatori, Cuevas – visto il permesso negato – durante il cambio campo avrebbe pensato bene di far pipì dentro un tubo di palline coperto da un asciugamano. La giudice di sedia se ne accorge e lo punisce con un warning. Cuevas e Granollers protestano, negando risolutamente che una cosa simile sia avvenuta, ma la Tourte non vuole sentire ragioni. Le due coppie tornano finalmente in campo, ma non finisce qui: dopo alcuni game Cuevas, visibilmente alterato, tra un punto e l’altro scaglia una pallina fuori dal campo. Altro warning e penalty point, che regala a Marray e Shamasdin il punto del match-point, immediatamente sfruttato: l’infinito set si chiude per 14 a 12. La coppia sconfitta è fuori di sé dalla rabbia e corre dall’arbitro per protestare: Cuevas inizia ad urlare e mima il gesto di lanciare un tubo di palline. La giudice di sedia, probabilmente intimorita, pensa bene di chiamare la security, che la scorta ben protetta fuori dal campo. Un epilogo identico a quello raccontato poco fa, anche perché il trentenne uruguaiano quasi certamente sarà sanzionato per il suo comportamento fuori dalle righe. Come Troicki, però, anche Cuevas non ha tutti i torti: è ormai stato dimostrato che il giocatore nato a Concordia non ha fatto pipì nel tubo di palline. A raccontare la vicenda è stato compagno di doppio Marcel Granollers: «È vero, Pablo ha chiesto all’arbitro se poteva andare in bagno. Visto il permesso negato, durante la pausa, ha steso furbescamente un asciugamano sopra le gambe, sperando di non essere visto. La giudice però ha notato subito quello che stava cercando di fare, e così ha desistito». Dopo il primo warning Marcel ha provato a sbollire la rabbia dell’amico, esortandolo a dimenticare in fretta e di concentrarsi in un momento così importante. Cuevas, evidentemente, non ha seguito il consiglio del compagno e sotto 13-12 ha scagliato una palla fuori dal campo, che ha causato l’immediato penalty point. I giocatori si sono infuriati e hanno chiamato il supervisor per spiegargli come erano andate le cose, ma invano: «Il secondo warning era giusto, ma il punto è che il primo ci è stato dato ingiustamente, per una cosa mai avvenuta. Non ci meritavamo il penalty point». Al termine della partita, sono arrivate parole di solidarietà da parte della coppia approdata ai quarti di finale, dove poi hanno perso contro la coppia Huey/Mirnyi: «Credo che l’arbitro avrebbe dovuto lasciar correre, dal momento che eravamo in fondo al quinto set», ha ammesso Jonathan Marray. Shamashdin, dal canto suo, non ha mancato di lanciare una frecciatina verso la Tourte: «Non mi pare che avesse molto il match sotto controllo – ha detto -, aveva fatto un sacco di chiamate sbagliate su entrambi i fronti in precedenza: forse era un tantino frustrata per questo motivo». Dubito che la Tourte conserverà un bel ricordo di questo Wimbledon. E chissà se ci potrà mai ritornare (se non da spettatrice pagante). Pochi giorni dopo è stata annunciata la sanzione inflitta dagli organizzatori a Cuevas e a Granollers: una di 6.950 sterline all’urugaiano, un’altra di 5.800 allo spagnolo, reo di aver protestato troppo…

«NON SIAMO ROBOT» – Concludiamo l’allegra trilogia con un altro match di doppio finito nell’occhio del ciclone, quello di terzo turno tra l’inglese Jamie Murray, fratello maggiore del più celebre Andy, e il brasiliano Bruno Soares contro il croato Mate Pavic e il neozelandese Michael Venus. L’incontro è stato lottatissimo, terminato al quinto in favore di Murray/Soares, che hanno poi perso agli ottavi contro i francesi Benneteau/Roger-Vasselin. L’inglese e il brasiliano si aggiudicano il primo e il secondo set, ma poi vanificano il vantaggio e perdono i due seguenti: il fattaccio avviene proprio alla fine del quarto parziale, quando Soares, colmo d’ira, scaglia la racchetta a terra: la giudice di sedia Marijana Veljovic lo punisce immediatamente con un warning. Il tennista di Belo Horizonte, ulteriormente infuriato si precipita verso l’arbitro a protestare, gridando: «È la prima cosa che faccio dopo tre ore e tu mi dai un warning… Perché?! Siamo forse in prigione, o in un posto simile?!». Sbollita la rabbia, il gioco può ripartire, ma poco tempo dopo il match viene interrotto sul 13 pari al quinto per oscurità, per poi riprendere martedì mattina e terminare con il punteggio di 16-14. Nel frattempo, la Veljovic era stata duramente contestata per aver accusato di coaching e di violazione del tempo massimo regolamentare tra una battuta e l’altra nei confronti delle giocatrici Svetlana Kuznetsova e Venus Williams. Dopo la vittoria del match, Soares ha commentato l’accaduto: «Penso che gli arbitri stiano esagerando. Il torneo è dei giocatori, non dei giudici di sedia. I match spesso sono lunghi e frustranti, caratterizzati da ritardi o interruzioni per pioggia. Insomma, non siamo dei robot: anche noi abbiamo emozioni come tutti, e talvolta non è facile saperli gestire».

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Si chiude così il terzo degli episodi più significativi delle ultime due settimane londinesi in cui gli arbitri sono stati oggetto di critiche e di accuse da parte dei giocatori. Aggiungiamo pure che giocatori come Serena Williams e Gilles Simon hanno minacciato le vie legali contro i giudici di sedia che li avevano costretti a giocare sotto la pioggia – che durante la prima settimana ha causato numerosi ritardi e interruzioni, costringendo gli organizzatori a far disputare le partite anche di domenica. Di tutto questo, ognuno trarrà le sue conclusioni e deciderà se prendere la parte degli arbitri – ingiustamente bersagliati dai tennisti, un po’ troppo superbi e incapaci di obbedire alle regole – oppure dei giocatori – ostacolati da giudici inetti e troppo fiscali.

Tanto per citare un noto film, l’ultima edizione di Wimbledon ha dimostrato che il circuito Atp e Wta è ancora un paese per vecchi – basti notare i recentissimi successi di ‘nonni’ come Roger Federer, Serena e Venus Williams. Di sicuro, almeno in questi giorni, Wimbledon non è certo stato uno Slam per arbitri. D’altronde, non si può dire che i giudici di sedia di tennis non siano una categoria enormemente privilegiata: girano il mondo (almeno quelli più illustri), spesati di vitto alloggio e con un lauto stipendio, facendo un lavoro tutto sommato ben poco logorante. A stare sul seggiolino capita di dover subire qualche critica di troppo; in fondo, però, sono gli inconvenienti di un mestiere invidiato da moltissimi appassionati.

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