Panatta tra analisi e aneddoti: il Roland Garros, Musetti, Sinner e l’amicizia eterna con Bertolucci

Adriano Panatta analizza il Roland Garros tra pronostici per Paolini, Sinner e Musetti e irresistibili aneddoti con Paolo Bertolucci. Un viaggio tra tennis e amicizia.
Panatta[1]

Il Roland Garros secondo Panatta: promesse e ostacoli per gli italiani

Adriano Panatta, icona indiscussa del tennis italiano, ha commentato con la sua solita lucidità e ironia l’attuale edizione del Roland Garros, puntando l’attenzione su tre protagonisti azzurri: Jasmine Paolini, Jannik Sinner e Lorenzo Musetti.

“Paolini ha sofferto, ha vinto in tre set con una giocatrice cinese, però può capitare”, ha detto Panatta con il suo tono disincantato. La tennista toscana, seppur sulla buona strada, si trova in un tabellone tutt’altro che semplice: sulla sua rotta si staglia Aryna Sabalenka, ma il vero ostacolo, secondo Panatta, è “ai quarti di finale, con Iga Swiatek, che ricordiamolo, ha vinto due volte Parigi. È una giocatrice che quando è in forma è difficile battere”. Nonostante la difficoltà del percorso, l’ex campione azzurro le ha rivolto un sentito in bocca al lupo.

Per Jannik Sinner, fresco vincitore del suo centesimo torneo a Ginevra, Panatta vede un cammino più agevole fino ai quarti. “Potrebbe avere Draper, e in semifinale potrebbe incontrare Djokovic”, afferma con fiducia, facendo trasparire ottimismo per la possibilità di un confronto stellare con Novak, il campione serbo.

Lorenzo Musetti è forse la vera scommessa del Roland Garros secondo Panatta. “Musetti potrebbe essere l’unico a impensierire Sinner e Alcaraz”, dice con entusiasmo, ipotizzando un possibile incrocio ai quarti con Holger Rune, che secondo lui “non sta brillando”. L’obiettivo? Una semifinale da sogno contro Carlos Alcaraz. Ma Panatta non dimentica le insidie del torneo: “Il Roland Garros è lungo, faticoso, duro. A Parigi cambia clima ogni giorno, passa da 12 a 29 gradi”.

Un’amicizia lunga una vita: Panatta e Bertolucci, eroi dentro e fuori dal campo

Oltre al tennis giocato, Panatta oggi è protagonista di “Tennis Heroes”, un programma di Sky che lo vede tornare in coppia con Paolo Bertolucci, con cui condivise la storica vittoria in Coppa Davis nel 1976. Insieme, accompagnati da Stefano Meloccaro, raccontano con ironia e affetto i più grandi campioni di sempre, da Björn Borg fino ai fuoriclasse contemporanei.

Il racconto del loro primo incontro è già uno spettacolo. Bertolucci ricorda di averlo conosciuto a Cesenatico nel 1962, ma Panatta lo incalza: “Hai perso con me in finale! Tu con me hai perso altre mille volte”. Una sintonia fatta di battute, sfottò e aneddoti, come quando raccontano la loro convivenza forzata al Centro federale di Formia: “Il tecnico federale Belardinelli ci mise in camera insieme. Volente o nolente, ho dovuto accettarlo”, dice Bertolucci, mentre Panatta scherza sul fatto che “lui scappava da scuola per andare al mare”.

Il ritratto che fanno l’uno dell’altro è tanto affettuoso quanto sincero. “Paolo era un giocatore che aveva una grande facilità nel giocare a tennis, uno stile impeccabile. Il problema? Non c’aveva voglia di fare un tubo”, racconta Panatta. E Bertolucci, con altrettanta schiettezza, lo descrive come un giocatore capace di risorgere quando meno te lo aspettavi, animato da un orgoglio feroce.

Il loro rapporto è una finestra su un’epoca diversa del tennis, fatta di sacrifici, ma anche di leggerezza. Quando gli viene chiesto se oggi sarebbero stati campioni in un tennis iper-professionale, Panatta risponde con sicurezza: “Ci saremmo adattati”. E sull’enorme giro di soldi che caratterizza il circuito moderno, la risposta è secca: “Posso dirlo? Non me ne frega niente”.

Tra presente e passato, il tennis italiano sorride

Il presente parla di talenti italiani in crescita e di grandi aspettative a Parigi. Il passato è fatto di storie, battute e imprese epiche, come quelle di Panatta e Bertolucci. In un momento storico in cui l’Italia si affaccia sempre più convintamente ai vertici del tennis mondiale, la voce di chi ha fatto la storia resta un punto di riferimento: ironica, lucida e incredibilmente attuale.

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