In una splendida lettera aperta Nick Kyrgios ha messo a nudo tutte le sfaccettature della sua complicata, ma affascinante, personalità, consegnandoci il ritratto di un ragazzo semplice, sensibile, alla ricerca di quella normalità e tranquillità che solo il riparo della sua casa di Canberra sembra potergli dare. Qui potete trovare l’articolo originale.
Non sono il professionista che il tennis mi richiede di essere.
Questa è la verità.
L’unico momento in cui posso condurre una vita normale è quando sono a casa. È il posto dove posso passare del tempo con la mia famiglia, giocare a Call Of Duty con i miei amici, essere un ragazzo come tutti gli altri.
È anche il momento in cui il tennis richiede che mi alleni, che vada in palestra e che provi a migliorare la componente mentale del mio gioco. Non sto facendo i progressi che dovrei perché non lo voglio abbastanza, perché non sto prendendo il tennis abbastanza seriamente.
Ne sono consapevole e non c’è motivo di convincere qualcun altro del contrario.
C’è una battaglia continua tra il lottatore che è in me che vuole vincere, vincere, vincere e l’essere umano che vuole vivere una vita normale con la propria famiglia, lontano dai riflettori.
LA MORTE E IL TOUR
Il momento in cui tutto questo è venuto a galla è stato due anni fa, quando mia nonna, Julianah Foster, è morta. Non sono riuscito a passare con lei il tempo che avrei voluto dedicarle e il motivo è stato il tennis. Mi ha tenuto lontano da lei. Ed è qualcosa che ancora mi consuma nel profondo.
Ad essere onesto, direi che ho smesso di dedicarmi al tennis con costanza da quando lei mi ha lasciato.
Nanna è stata praticamente mia madre per cinque anni più o meno, mentre mia madre lavorava full time come ingegnere elettronico e si spostava avanti e indietro tra la nostra casa a Canberra e i suoi uffici a Sydney e Melbourne. Eravamo incredibilmente legati. Trascorrevamo ore e ore e ore insieme. Dormivamo persino nello stesso letto.
Non ci sarà mai nessun’altra persona come la mia Nanna. Mi ricordo quando mamma le comprò una macchina arancione, visto che scarrozzava in continuazione Christos, Halimah e me in giro per Canberra. Nanna volle darle un tocco personale, e fece dipingere dei fiori su tutta la carrozzeria.
Quando non eravamo nella macchina hippie, Nanna ci portava in una piccola Suzuki rossa quattro porte. L’ultima volta che viaggiavamo insieme colpì un palo: James Frawley, con cui mi allenavo e che è un mio buon amico, era nell’auto e disse a mia madre che non sarebbe più salito in auto con noi. La chiamava Nanna anche lui. Tutti i miei amici lo facevano, era parecchio divertente.
Fumava molto, e mia madre non lo sopportava. Sbuffava nuvole di fumo in auto o al Lyneham Tennis Centre, leggendo il suo Woman’s Day o Woman’s Weekly mentre io mi allenavo. Ho tenuto il piccolo segreto di Nanna fino a poco tempo fa, poi ho detto a mia madre che Nanna fumava in continuazione e diciamo che non ne è stata particolarmente contenta.
Dopo la sua morte, mio fratello e io abbiamo fatto visita ad un amico a Canberra, George che lavora da Armani Art, perché ci tatuasse un “74”, la sua età al momento del decesso. I miei genitori non amano i tatuaggi, quindi ce lo siamo tenuti per noi (mamma lo ha scoperto quando qualcuno lo ha postato sui social network). Mi fa ancora male ogni volta che lo guardo. Ricordo tutti i momenti belli, i momenti fantastici, ma poi penso a quanto mi manca e il dolore è ancora qui, intenso e vero.
È a questo punto che mi sono reso conto che il tennis non è molto importante in questo tipo di situazioni. È solo un gioco, colpiamo una palla cercando di mandarla oltre la rete. Quando mi affacciai per la prima volta al tour pensai che fosse incredibile, una vita così bella, mi piaceva molto. Quando mio nonno è venuto a mancare recentemente, mi sono ritirato da alcuni tornei. Avevo bisogno di stare a casa. Amo stare a casa ed essere normale più di qualsiasi altra cosa.
IL FUOCO DENTRO
Ma non fraintendetemi. Amo vincere. Che siano gli scacchi, Call Of Duty o il tennis, odio perdere e mi arrabbio – come avrete notato! – quando sento che non sto esprimendo al massimo il mio potenziale.
Quando sono nel giusto stato mentale, mi sento imbattibile. Quel periodo di quest’anno in cui ho battuto Novak Djokovic due volte di seguito ad Acapulco e Indian Wells? Già. Imbattibile.
Mi resi conto che molte persone pensavano che la prima vittoria su Novak ad Acapulco fosse un caso. Io sapevo che non era così ed ero molto motivato a dimostrarlo. Per volere del destino, ci giocai una settimana e mezzo dopo, a Indian Wells, e vinsi in due set. Quando sono in quello stato mentale, quando la motivazione è alta, sento di poter battere chiunque ci sia dall’altra parte del campo. Il risultato dipende solo da me.
Fu la stessa cosa contro Nadal a Cincinnati. È facile prepararsi a un match del genere. Avversario importante, campo Centrale, grande sfida. Lo adoro. È contro avversari peggio classificati e sui campi secondari che non riesco concentrarmi e mi distraggo. Ovviamente la mia stagione Slam è stata terribile. Intendevo davvero dire quello che ho detto dopo la sconfitta contro John Millman a New York. Forse è giunto il momento che Sebastian Grosjean lavori con qualcuno più motivato di me. Non lo so…
Gira tutto intorno al mio livello di motivazione. E una delle cose che lo influenza sono i media, e il modo in cui mi sento ritratto da loro. Wimbledon di quest’anno è un esempio lampante. Ho iniziato il torneo con un infortunio all’anca che, prima o poi, richiederà un intervento chirurgico.
Ma non è così che i media hanno raccontato la storia. A quanto pare, non me ne fregava nulla e ho mostrato poco rispetto. E dopo ho avuto anche il coraggio di andare per locali, come se stessi commettendo un crimine. Chi è che non è mai andato per locali, nella propria vita?
Quindi gli stessi giornalisti che mi adoravano dopo le vittorie su Djokovic, adesso mi distruggevano per una sconfitta da infortunato? Ok, come volete, se è questo quello che credete non cercherò di contraddirvi. Ci torneremo…
BERNIE TOMIC È UNA CONTRADDIZIONE
Sbagliereste anche se mi inseriste nella stessa categoria di Bernard Tomic, come hanno fatto Kitty Chiller e tanti altri nel tempo.
Bernie ha perso la via. Eravamo buoni amici quando ero più giovane. Ovviamente non conoscevo il tour così bene all’epoca ed eravamo quasi coetanei, della stessa nazionalità, spesso in giro per il mondo negli stessi tornei.
Ma è cambiato molto da allora. Deve capire cosa vuole fare. Non riesco più a star dietro a quello che dice ormai. Dice una cosa e ne fa un’altra, e si contraddice ogni volta.
Dice che il tennis non lo rende felice, che non gli piace giocare, eppure dice che l’unica cosa che lo renderebbe davvero felice sarebbe vincere uno Slam. Non ha alcun senso.
Sinceramente posso affermare che vincere uno Slam non mi renderebbe la persona più felice del mondo. Come ho già scritto, a me piace solo essere un ragazzo normale e avere abbastanza denaro per vivere una vita normale. Non ho assolutamente bisogno di altro denaro. Siamo molto diversi.
IO E I MEDIA
Sono una persona molto riservata. Non mi piace che il grande pubblico sappia cose che mi riguardano e si interessi delle mie vicende private. Sono anche un po’ permaloso, quindi non mi piace che la gente mi giudichi senza conoscermi, o dica cose non vere. Odio profondamente avere una vita così aperta e pubblica. Non mi piace per niente.
Ho letto più volte che sono arrogante, irrispettoso e che il tennis è il mio unico argomento. Nulla di tutto ciò è minimamente vicino alla verità e chiunque abbia passato del tempo con me vi dirà lo stesso.
Ho sempre più difficoltà a gestire questa cosa con il passare del tempo. Quando iniziai sul tour, non mi aspettavo nessuna attenzione dai media, mentre adesso, con un po’ di prospettiva e contesto, li vedo per quello che sono davvero. E non mi piacciono affatto.
I più anziani del tour non sanno cosa significhi crescere nell’era dei social media. È una cosa grossa. Non posso dire o fare nulla senza che ci sia una videocamera puntata su di me o qualcuno dica qualcosa al riguardo.
Ho giocato a basket misto a Canberra per circa cinque minuti qualche mese fa e i media lo hanno riportato, visto che mi ero ritirato da Atlanta a causa dell’infortunio all’anca. Gli articoli raccontavano che io avessi giocato una partita intera, con tempi regolamentari, quando in realtà stavo solo scherzando e perdendo tempo con gli amici per qualche minuto. Voglio dire, andiamo!
Dopo il torneo di Washington ho avuto un’intensa discussione faccia a faccia con mia madre sull’argomento. Le ho detto che non credevo di aver fatto nulla di male e non credevo ci sarebbero state videocamere a riprendermi alle tre del mattino. Mi ha risposto schietta, come sempre. Mi ha detto che non è nella nostra natura essere meschini con le persone, anche se loro sono meschine con noi. E mi ha anche detto che devo essere consapevole del fatto che ci sarà sempre qualcuno che cercherà di fare soldi con il mio nome – come quelli che hanno venduto ai giornali i video post-Wimbledon – e che non devo dargli attenzione. Ma non è sempre facile disinteressarsi quando si sente di aver subito un torto.
FIGLI E FUTURO
Ci sono molte cose che vorrei ottenere nella vita. Mi sento chiedere spesso del futuro, che sembra sempre strano quando hai 22 anni e una carriera da tennista, una vita di famiglia e molte altre cose davanti a te. Ci sono cose su cui bisogna concentrarsi adesso, come rimettere in sesto la mia anca e il mio braccio e tornare sullo stesso livello di inizio 2017.
Ma un pensiero che mi motiva molto è quello di guadagnare abbastanza per aprire un centro per ragazzi senzatetto, con problemi familiari o economici tali da non permettere loro di fare sport.
Potrebbero venire e giocare su campi da basket, tennis, piscine, e anche viverci. Mi piacerebbe molto farlo, avere un paio di figli e supportare mia moglie in qualsiasi cosa vorrà fare.
Una delle cose più soddisfacenti che abbia mai fatto nella mia vita è stato costruire un piccolo rifugio al Lyneham Tennis Centre come tributo a Nanna, proprio dove si metteva a fumare le sue sigarette e a leggere la sua copia di Woman’s Day. È questo che conta nella vita, e io lo sto imparando.