La difficile vita dei “papà-coach”

Il binomio atleti-papà-coach è sempre più frequente nel mondo dello sport ed anche in quello del tennis. Non sempre però l’avere un genitore come allenatore si è rivelata una formula vincente, quando sono i sentimenti a prendere il sopravvento la presenza troppo invadente di un padre rischia di nuocere alla carriera del figlio, vedi i noti casi di Bernard Tomic e Camila Giorgi.

In Australia dove in questi giorni si sta svolgendo la prima edizione dell’Atp Cup a risaltare sono stati i sentimenti dei figli piuttosto che dei papà, e si sa che per i figli la colpa è sempre dei genitori anche quando in ballo c’è una partita andata male. Ne sanno qualcosa Stefanos Tsitsipas e Alexander Zverev fresche promesse o anche qualcosa di più del tennis mondiale, tanto giovani quanto deboli di nervi.

Il ventunenne tennista greco durante il match perso contro Nick Kyrgios ha dato letteralmente di matto alla fine del primo set, quando deluso dal risultato ha scagliato ripetutamente la propria racchetta, prima su di un cartellone pubblicitario e poi sulla propria sedia colpendo al braccio il padre seduto su quella accanto. Tsitsipas senior è apparso visibilmente e comprensibilmente contrariato.

Peggio, forse, è riuscito a fare l’altro talento prodigio Alexander Zverev nel match perso proprio contro Tsitsipas. Il tedesco è apparso nervoso e distratto per tutto il torneo e soprattutto irriconoscibile al servizio come testimoniano i trentuno doppi falli commessi in tre partite. Copione ripetutosi anche nella sfida con Tsitsipas dove il padre Sascha, suo coach, gli ripeteva continui consigli per migliorare la sua perfomance. Alexander indispettito dai consigli del genitore ha perso la testa insultandolo ripetutamente “Stai zitto! Mi hai detto una ca**ata. Non posso servire questo fo****o servizio!”, questo secondo testimonianze sarebbero state le parole del tedesco. Il padre mortificato è scoppiato in lacrime e non ha più proferito parola durante tutto il match, perso poi dal figlio.

La vita di genitore-coach è tutt’altro che facile, chissà se i diretti interessati non abbiano pensato che sarebbe meglio seguire i figli da spettatori sul divano di casa, piuttosto che allenarli.

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