La strategia vincente di Novak Djokovic

Il pubblico, che aveva occupato ogni singolo posto dell’Arture Ashe Stadium, durante la finale degli Us Open acclamava gli errori di Novak Djokovic, cercando anche in alcune occasioni di disturbarlo durante il servizio, tutto con lo scopo di spingere Roger Federer verso il successo, sotto le luci di New York.

Ma Djokovic ha affermato di aver sfruttato al meglio il rumore dei tifosi dello svizzero. “Quello che stavo cercando di fare era di fare un gioco ‘mentale’. Quando loro urlavano ‘Roger,Roger!’ io mi immaginavo che urlassero il mio nome”, ha dichiarato Nole in un’intervista.

A quanto pare ci sono davvero poche speranze per i suoi detrattori, se il numero 1 è in grado di trasformare uno dei pubblici più ostili di sempre in proprio vantaggio. “Tanto di cappello a Djokovic per come ha gestito la situazione, perché francamente era davvero difficile a livello mentale”, ha dichiarato Severin Luthi, allenatore di Federer.

Djokovic ha dovuto sviluppare un arsenale di meccanismi di difesa per superare ogni sfida nel corso degli anni, dalla terribile guerra in Serbia, e di conseguenza il disagio economico, alla precoce separazione dai genitori per caricare un posto di rilievo in uno sport che, per molti anni, sarebbe stato dominato da Federer e Nadal.

Ma ora vediamo colui che ha vinto tre Slam su quattro nel 2015, perdendo solo la finale del Roland Garros. Vediamo chi ha realizzato un record di più di 16.000 punti nel ranking ATP, il massimo da quando il sistema della classifica è cambiato nel 2009. E vediamo chi si è assicurato il numero 1 a fine anno, a metà settembre.

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“Vivo un sacco di emozioni in campo, come chiunque altro”, ha detto il serbo. “Penso semplicemente che, con il tempo, ho imparato a gestirle e a sfruttare l’esperienza per uscire dai momenti più complicati. Ma credo anche che molto derivi dal mio carattere, e forse dal fatto che sono cresciuto in circostanze particolari, e forse che non tutti i ragazzi hanno vissuto. Esse hanno forgiato il mio carattere, dandomi forse quel pizzico di forza in più che mi aiuta in certe situazioni, come quella della finale di New York”.

Per uno spettatore neutrale, quella di New York era davvero una situazione complicata, con la folla schierata ancora di più rispetto a quella della finale di Wimbledon 2013, quando Andy Murray ha messo la parola fine sul digiuno dei britannici si Championships, battendo proprio Djokovic.

Ma Nole, decisamente abituato a giocare il ruolo del cattivo contro il cavaliere bianco Roger Federer, ha detto che lui non è rimasto sorpreso dalla situazione. “Sono entrato in campo consapevole di quello che mi aspettava. Ero pronto mentalmente, e ho mantenuto la calma nei momenti difficili”.

Djokovic sembrava più rilassato il lunedì mattina, quando passava da uno studio televisivo all’altro. La sua voce era rauca, i suoi capelli leggermente scompigliati, mentre il polso e l’avambraccio destro feriti dopo la caduta nel primo set della finale.

La prima parte dell’intervista si è tenuta sul sedile posteriore di un furgone aperto; la seconda invece durante una camminata lungo Central Park, con anche qualche scatto fotografico.

Non era certo la sua prima passeggiata in quel luogo a settembre. Dopo aver passato tutte le ultime edizioni degli Us Open in un appartamento a Alpine, N.J, il numero 1 e la sua famiglia hanno deciso di tornare in un Hotel a Manhattan.

“Uno dei miei amici ha detto, giustamente, che questa città ha un sacco di energia, e stare qui ti dà tanta carica. Ma se ci stai troppo a lungo, puoi perdere la tua energia”.

Djokovic tornerà a Monaco con 10 titoli dello Slam, avvicinandosi a Nadal (14) e Federer (17). Non ci sono mai stati, nel passato, tre campioni di questo livello contemporaneamente- forse anche perché, prima dell’Era Open, i più forti diventavano professionisti, venendo quindi esclusi dagli Slam.

Ma l’Era Open, che ha avuto inizio nel 1968, dura da quasi cinquant’anni. Sotto qualsiasi punto di vista, il periodo attuale è davvero eccezionale, con Djokovic, Federer e Nadal sempre in cerca di carte vincenti: dalla dieta senza glutine del serbo, alla recente SABR, che Roger ha usato nell’ultimo mese per sorprendere gli avversari, senza ottenere però lo stesso successo nella finale di New York, di fronte ai pallonetti di Djokovic.

E, mentre tutti rimanevano affascinati di fronte alla SABR di Federer, è evidente che Nole ha preso le misure su Federer quest’anno, battendolo quando più contava. Il serbo ha vinto gli ultimi tre match negli Slam, ovvero le due finali di Wimbledon e l’ultima agli Us Open.

Superare i 17 Slam dell’elvetico una volta sembrava impossibile, mentre adesso è semplicemente scoraggiante. “Non sarei sincero se vi dicessi che non ci penso”, ha dichiarato. “Ovviamente ci penso”.

Ma a 28 anni, Djokovic ha abbastanza tempo per farcela? “Se continuerò a mantenermi in forma, e a continuare con questa mentalità, riuscirò ad essere longevo, e quindi potrò lottare per qualche altro Slam”. Il numero 1 quindi pensa di poter giocare, un po’ come Federer o Serena Williams, al meglio anche dopo i trent’anni: “È un po come un gioco per me, una sfida per vedere quanto posso arrivare lontano”.

La camminata stava per volgere al termine, e la falange di fotografi attendeva Djokovic per qualche scatto. Tempo di un’ultima domanda. Cosa deve fare lui per ricevere lo stesso supporto che Federer ha ricevuto nelle finali Slam?

Nole ci ha pensato un po, e poi ha risposto, come sempre, non con una o due banali frasi ma con un discorso molto articolato. “Onestamente, penso che, in primo luogo, sia una questione di quanto durerò. I veri appassionati apprezzano e rispettano quelli che mostrano impegno nello sport mostrano impegno nello sport. Non parlo di risultati, ma di rispetto verso la folla, l’avversario, e lo sport in generale, mostrando la loro passione per il tennis. Credo anche che sia importante cosa rappresenti. Sei un uomo completo, che rispetta i valori della vita, e non solo un tennista?”.

“Insomma“, ha continuato, “penso che sia importante l’intero pacchetto. È quello che io provo a fare. È così che sono stato educato, e spero che il pubblico se ne accorga. In ogni caso, in certe situazioni, come quando gioco contro Roger, non posso certo aspettarmi di avere tutto il pubblico a favore”.

Conclusa l’intervista, Djokovic ha fatto un passo sulle rocce, con i grattacieli di Manhattan alle spalle e il trofeo tra le mani. I turisti, sorpresi dalla sua presenza, si sono fiondati con i loro cellulari, per unirsi ai professionisti. Mentre loro si spingevano per scattare qualche foto, le foglie volavano nel vento di New York. Un’altra estate è finita, ma Djokovic è ancora numero 1, sempre di più nella sua perfezione.

Fonte: New York Times

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