Novak Djokovic è uno dei più grandi tennisti di tutti i tempi, eppure nella sua lunga carriera ha spesso dovuto convivere con un sentimento di esclusione, soprattutto rispetto all’amore incondizionato che il pubblico ha sempre riservato a Roger Federer e Rafael Nadal. In una recente intervista a Failures of Champions, il campione serbo si è lasciato andare a una riflessione profonda e sincera sul suo rapporto con i fan, con i suoi storici rivali e con sé stesso.
“Non sono mai stato amato come loro”
Djokovic non ha nascosto il suo dispiacere per non essere mai riuscito a conquistare il cuore del pubblico come hanno fatto Federer e Nadal. “Non sono mai stato amato quanto Federer e Nadal perché non avrei dovuto essere lì”, ha ammesso. “Ero il più piccolo, il terzo che arrivava e diceva: ‘Sarò il numero uno’. A molti non è piaciuto”.
La consapevolezza di non essere il benvenuto nel club esclusivo dei Big Three lo ha segnato profondamente. All’inizio della carriera, Djokovic cercava di compiacere tutti, ma senza successo: “Mi comportavo in modo arrogante e mi sentivo come un figlio indesiderato. Poi ho pensato che i tifosi mi avrebbero accettato se mi fossi comportato diversamente. Ma non è stato così nemmeno in questo modo”.
Errori, incidenti e crescita personale
Djokovic non si è tirato indietro neanche quando si è trattato di ammettere le sue colpe. Alcuni episodi, come la squalifica agli US Open 2020 per aver colpito accidentalmente una giudice di linea o l’intervista concessa da positivo al Covid nel 2022, hanno contribuito a creare un’immagine controversa. “Sono un uomo con molti difetti, certo. Comunque ho sempre cercato di vivere con cuore e buone intenzioni e, in definitiva, di essere me stesso”, ha spiegato.
La sua ricerca di accettazione, inizialmente dettata dal desiderio di piacere al pubblico, si è trasformata in un percorso di consapevolezza e autenticità. Ha imparato ad accettarsi anche senza il plauso universale, restando fedele alla sua essenza.
Rivalità e rispetto: il rapporto con Federer e Nadal
L’epopea dei Big Three – Djokovic, Federer e Nadal – ha ridefinito il tennis moderno, con 66 titoli Slam complessivi (24 per il serbo, 22 per lo spagnolo, 20 per lo svizzero). Ma se sul campo la rivalità è stata feroce, fuori dal campo Djokovic ha sempre mantenuto un atteggiamento di rispetto.
“Solo perché qualcuno è il mio più grande rivale non significa che gli auguro del male, che lo odi o che voglia fargli qualcosa per sconfiggerlo. Abbiamo lottato per la vittoria e ha vinto il giocatore migliore”, ha detto.
Il rapporto più solido, col tempo, si è sviluppato con Nadal: “Con Rafael ho sempre avuto un rapporto migliore. Ho sempre rispettato sia lui che Federer, non ho mai detto una sola parola negativa su di loro e non lo farò mai. Li ammiravo e lo faccio ancora”.
Un’icona diversa, ma non meno leggendaria
Ora che Federer e Nadal hanno appeso la racchetta al chiodo, Djokovic resta l’ultimo baluardo in attività dei Big Three. Dopo la sconfitta in semifinale al Roland Garros contro Jannik Sinner, il 38enne ha lasciato intendere che quello di Parigi potrebbe essere stato uno dei suoi ultimi grandi palcoscenici. Eppure, il suo lascito va ben oltre i numeri.
Novak Djokovic è stato il più discusso, il più contestato, ma anche il più resistente. Non ha mai avuto dalla sua parte l’amore incondizionato del pubblico, ma ha risposto con i fatti, con i trofei, con una longevità e una tenacia straordinarie. In un’epoca dominata da due idoli amatissimi, lui è diventato leggenda per forza di volontà e determinazione. E forse, proprio per questo, il suo percorso è stato il più umano di tutti.