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Roger Federer: “Nadal è il giocatore che mi ha messo più in difficoltà”

di Giuseppe China

Roger Federer-Rafael Nadal. Da più di un decennio l’evocazione dei loro nomi nel mondo del tennis, e dello sport “tout court”, assume un valore che trascende le classiche logiche della rivalità sportiva. I due, secondo la modesta opinione di chi scrive, hanno molti tratti in comune con lo spirito apollineo e dionisiaco di cui parlava Nietzsche. Infatti entrambi sono (adesso sarebbe più corretto dire: erano) in perenne competizione per il dominio assoluto, di fatti questa continua contesa ha generato una delle massime espressioni dell’arte tennistica. Continuando con il parallelo filosofico, non possiamo negare il fatto che entrambi abbiano beneficiato l’uno dell’altro. Questa singolare “tesi” è stata parzialmente confermata dallo stesso svizzero nella conferenza stampa, svoltasi in seguito al match con Leonardo Mayer, nel primo turno degli Us Open.

“In quella generazione (Nadal, Djokovic e Murray, ndr.) probabilmente Rafa è quello che mi ha creato più problemi. E’ mancino ed è stato quello che più ha attaccato il mio rovescio durante tutta la carriera. In tutti i nostri match, mi ha fatto rendere conto che dovevo sviluppare una nuova tecnica nel colpire la pallina. Questo mi ha permesso di essere un tennista migliore. Ovviamente tanti altri giocatori mi hanno spinto a perfezionare il mio terribile rovescio e la condizione fisica, che è determinante negli incontri che terminano al quinto set. All’inizio Hewitt e Agassi sono stati una grande sfida per me, il modo con il quale dominavano la scambio da fondo mi metteva in difficoltà. Così ho realizzato che fino a quando non avessi incrementato i miei movimenti, giocando in maniera più consistente, sarei rimasto un giocatore mediocre da fondo campo. Da Henman e Sampras ho colto l’arte del serve and volley, la capacità di mettere pressione al tuo rivale. E’ stato molto interessante allenarmi o giocare con loro.”

 

Sulla nuova generazione alle porte, il numero 2 del ranking ATP ha preferito glissare. “Piuttosto che dei nuovi talenti, preferirei parlare delle nuove condizioni: diverse tipologie di incordamento della racchetta e campi sempre più lenti. Ho dovuto adattarmi e diventare un giocatore più fisico, utilizzando più top spin per restare al top.” Non mancano le considerazioni negative sulle interviste alla fine di ogni set. “Le ho fatte nelle esibizioni, non nei tornei reali. Fino a qualche tempo fa non c’erano neanche quelle pre-match, ma poi ci siamo abituati. Chissà cosa succederà? Ho sentito dire che le emittenti televisive hanno contattato direttamente i giocatori, bypassando l’ATP. Non è questo il modo di comportarsi,” ha tuonato “Sua Maestà” Roger.

Giacomo Marchetti

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