L’inizio di un sogno tra debiti e pericoli
La strada verso il successo non è stata semplice per Novak Djokovic. In un’intensa intervista con Slaven Bilic, il campione serbo ha rivelato per la prima volta alcuni episodi drammatici del suo passato: “Per andare negli Stati Uniti servivano circa cinquemila dollari. All’epoca per noi era una cifra irraggiungibile”. Suo padre Srdjan, determinato a far emergere il talento del figlio, si trovò costretto a rivolgersi a usurai e figure criminali per racimolare i soldi necessari.
“Doveva essere sicuro di avere abbastanza soldi per restare lì e affrontare tutto, da ogni punto di vista. E a quei tempi trovare quella cifra era praticamente impossibile”, ha raccontato Djokovic con commozione. Una storia che, per anni, è rimasta nascosta anche a lui.
“Hai fretta? Allora l’interesse sarà il 30%”
Il padre, pur di assicurare al figlio un’opportunità negli USA, si espose a situazioni pericolose: “Andò da loro a chiedere i soldi. Gli chiesero: ‘Hai fretta?’ e lui rispose di sì, perché i tornei cominciavano a breve. E allora loro gli dissero: ‘Va bene, ma siccome hai fretta, l’interesse sarà del 30%’”. A quel punto, nonostante tutto, Srdjan accettò il rischio: “Stringe i denti, dà la mano e dice: ‘Va bene, che sia quel che sia, troverò il modo di restituirli’”.
Il risultato fu un periodo turbolento e pieno di tensione per la famiglia: “Ci sono tante storie che non si possono raccontare in pubblico… inseguimenti in auto, e varie altre cose, mentre cercava un modo per cavarsela”. Un contesto in cui ogni giorno rappresentava una sfida.
Il debito della gratitudine
Djokovic ha ammesso di aver scoperto solo più tardi quanto grande fosse stato il sacrificio fatto dalla sua famiglia: “Questa storia mi è stata tenuta nascosta all’epoca. Solo dopo ho capito davvero cosa avevano fatto per me”. Una consapevolezza che oggi lo accompagna in ogni scelta e che dà un significato ancora più profondo alla sua carriera.
Oltre ai titoli, oltre alla fama, Novak porta dentro di sé la riconoscenza verso chi ha messo a rischio tutto per farlo volare. Ed è forse anche questo senso del dovere e della memoria che lo spinge, ancora oggi, a non fermarsi.