L’uomo oltre il campione
Per pochi, brevissimi istanti, Jannik Sinner ha mostrato il lato umano che si nasconde dietro l’apparente invincibilità dei grandi campioni. A sottolinearlo è Paolo Bertolucci, che nel corso di un’analisi lucida e appassionata ha individuato il momento esatto in cui l’altoatesino ha smesso, per un attimo, di sembrare inarrestabile: “L’unico istante dove Sinner è diventato quasi umano è il game dopo quello dei match point. Ha bucato proprio lì. Si è un po’ impaurito.”
Un’impressione condivisa da molti, rafforzata da quello sguardo nel vuoto, seduto in panchina, che ha colpito tifosi e addetti ai lavori dopo la beffarda rimonta subita da Carlos Alcaraz. Una partita spettacolare e combattuta, che avrebbe potuto concludersi diversamente, ma che ha comunque mostrato tutta la statura tecnica e mentale del numero uno al mondo.
Una finale da brividi
Sinner ha avuto tra le mani l’occasione di chiudere la partita nel quarto set, con tre match point in risposta. Ma è stato nel game successivo, quello in cui serviva per il titolo, che secondo Bertolucci è emersa una crepa: la tensione, forse, o la consapevolezza di quanto fosse vicino a un traguardo epocale. In quell’attimo di esitazione, “Alcaraz – l’altro alieno – ha sfruttato tutto e si è rimesso in corsa senza esitare”, come osservato nell’analisi del podcast La Telefonata.
Il pubblico francese, che già aveva assistito al dominio italiano nel doppio femminile e misto, ha scelto di parteggiare per lo spagnolo, rendendo il contesto ancora più complesso da gestire emotivamente per Sinner. Eppure, nonostante tutto, la prestazione dell’azzurro resta da incorniciare.
Oltre la sconfitta: la reazione da campione
L’analisi più profonda, però, arriva nella seconda parte del racconto di Bertolucci, che ha voluto mettere in luce ciò che Sinner ha mostrato nel momento più difficile. “All’inizio del quinto set, quando sembrava piuttosto giù e forse quasi rassegnato, è venuta fuori la sua grandezza. Sono emersi i suoi attributi, la sua voglia di ribellarsi alla sconfitta.” È in quella reazione, più che in ogni vincente tirato nei set precedenti, che si misura la pasta di un fuoriclasse.
Bertolucci, che ha vissuto da giocatore e commentatore mille battaglie, non ha risparmiato elogi nemmeno per il cammino complessivo dell’azzurro: “Dopo la squalifica, Jannik avrebbe firmato per due finali a Roma e Parigi. Ha fatto numeri da fantascienza, soprattutto contro Djokovic in semifinale.” Un percorso netto, ricco di qualità e maturità, che segna una nuova tappa nell’ascesa dell’italiano.
Una finale per la storia del tennis
Quella andata in scena sul Philippe-Chatrier non è stata solo una partita di tennis: è stato un manifesto di sportività e talento. Bertolucci ha voluto chiudere il suo intervento sottolineando il comportamento impeccabile dei due protagonisti: “Una correttezza esemplare, si sarebbe potuto giocare anche senza arbitri con due signori come Jannik e Carlos.”
Una frase che racconta più di mille statistiche. In uno sport dove la solitudine in campo esalta i nervi tanto quanto il talento, la finale tra Sinner e Alcaraz ha rappresentato un momento raro: equilibrio, classe, emozione. E sì, anche umanità.