Scandalo “Tennis Scommesse”: coinvolti anche i giudici di sedia

Nuove ombre sul mondo del tennis, con gli ultimi avvenimenti che evidenziano un preoccupante coinvolgimento dei giudici di sedia nelle pratiche fraudolente di “match-fixing”.

Non è bastato il “colpo di spugna” associato delle principali federazioni, che nelle scorse settimane avevano annunciato un’indagine interna per garantire una volta di più trasparenza e correttezza nel mondo del tennis dopo gli ultimi eventi riguardanti il match-fixing, a risolvere una volta per tutte la questione oscura del dietro le quinte del tennis, non propriamente riferendosi a chi lavora nel tennis e cerca così di dare il suo apporto per lo sviluppo sano dello sport, bensì evidenziando tutte quelle pratiche che tentano senza sosta di aggirare le regole creando sempre nuove ombre sul mondo dei nobili e storici courts.

La questione, logicamente, è ben più spinosa di quanto sembri: come nella vita di tutti i giorni, ad un problema dovrebbe seguire l’identificazione, la ricerca di una soluzione ed il definitivo conseguimento del risultato, eppure nel nebuloso ambiente del tennis, fatto di responsabilità ripartite e di competenze non troppo definite, la ramificazione delle competizioni e la capillare diffusione di risorse sempre più in discussione incentiva, che piaccia o no, l’autogestione attraverso pratiche spesso illegali e ben al di fuori del significato primo dello sport con annessi e connessi.

L’ultima “bomba” mediatica lanciata dal “The Guardian” vede come protagonisti i giudici di sedia: l’accordo stipulato con “Sportradar”, agenzia che garantisce la trasmissione praticamente istantanea dell’aggiornamento del punteggio per mano del giudice di sedia, ha raggiunto un risultato di per sé già ottimo, riuscendo a limitare lo spazio di manovra dei cosiddetti courtsider, ovvero coloro che riuscivano a sfruttare il ritardo nella comunicazione del nuovo punteggio, eppure la nuova frontiera del match-fixing ha trovato nella corruzione dei giudici di sedia un terreno fertile, con alcuni di questi ultimi che sono accusati di aver ritardato volontariamente l’aggiornamento del punteggio anche di un minuto permettendo a chi di dovere di scommettere prima del naturale cambio di quota, talvolta comunicandolo anche per sms.

Sono indagati alcuni arbitri provenienti da Kazakhstan, Turchia e Ucraina, tutti accusati di aver preso tangenti per manipolare i risultati come già specificato, con la notizia delle squalifiche a vita del kazako Kirill Parfenov – per aver contattato un collega al fine di condizionare volontariamente il punteggio di un match – e della sospensione per 12 mesi del croato Denis Pitner – accusato di aver effettuato più volte l’accesso ad un account dal quale venivano piazzate scommesse su incontri di tennis – che sono giunte molto in ritardo e senza una dichiarazione ufficiale, sotto forma del tanto discusso “silent ban”.

A tutto ciò si è aggiunta anche la discussione riguardante questo accordo “ITF-Sportradar”, sul fatto che forse tale modalità aveva involontariamente favorito il flusso di scommesse clandestine vista la quasi totale mancanza di deterrenti per i poco seguiti tornei minori, specialmente per quanto riguarda quelli che hanno luogo nell’Europa dell’est, quasi senza copertura televisiva e con ampi margini per accordi occulti.

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(foto: sportsonearth.com)

La stessa ITF ha comunicato che “l’accordo con Sportradar, come quelli in essere con ATP e WTA, con la creazione di dati ufficiali, precisi e immediati, funge da deterrente per gli sforzi da parte di chiunque tenti di condurre le scommesse sportive illegali e / o l’uso non autorizzato dei dati per fini illegali”, difendendo un sistema che dovrebbe effettivamente riuscire ad arginare problemi in passato difficili da gestire.

Tutt’altra questione è quella della trasparenza, tanto velenosa quanto sospesa in aria quasi fosse un’irraggiungibile utopia: come ha evidenziato ancora il portale britannico, l’importante caso dei tre giocatori di cricket coinvolti in un caso di match-fixing si è risolto con l’arresto degli interessati, senza lasciare tutto sotto la sabbia e dando il giusto peso ad una decisione volta anche a salvaguardare l’integrità dello sport.

Cosa deve succedere ancora nel tennis perché si decida una volta per tutte di far uscire alla luce del sole le personalità criminali coinvolte, lasciando fare il proprio “lavoro” anche all’opinione pubblica educata di conseguenza, mettendo anche al sicuro chi è pulito e si guadagna ogni briciola del proprio compenso?

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Il presidente dell’ITF David Haggerty ( foto: insidethegames.biz)

Il comunicato congiunto giunto a ridosso degli Australian Open ha di fatto avviato un’indagine indipendente a cura dell’esperto di diritto sportivo Adam Lewis, senza apparenti limiti di risorse e tempo, utile a risolvere una volta per tutte i problemi che attanagliano ormai da troppo tempo la credibilità del tennis, eppure le comunicazioni delle squalifiche dei giudici di sedia non arrivano se non per merito di quel giornalismo volto a far uscire la natura dei fatti presi in esame, ricevendo come risposta che “al fine di garantire l’assenza di pregiudizi per il futuro, non possiamo rivelare pubblicamente la natura o alcun dettaglio rispetto a tali indagini”, facendo registrare a chi vorrebbe chiarezza il classico “passo in avanti a fronte di due passi indietro”.

Potrebbe la Tennis Integrity Unit raggiungere un nuovo definitivo risultato in merito grazie a indispensabili risorse di cui ah oggi ha bisogno? Dove finisce il naturale svolgimento delle indagini, e dove inizia l’oscuro iter delle squalifiche lontane dai comunicati?

L’unica cosa certa è che non è mai una cosa buona il tenere i fatti lontano dagli appassionati che dedicano la loro passione ad uno sport, anche perché, come è successo in modo lampante nel caso del doping nel ciclismo, il rischio di una fatale disillusione c’è eccome, e se la macchina smetti di girare è complicatissimo rimetterla in moto, tanto quanto riprendersi la fiducia di chi si è sentito tradito dal sistema e che ha visto nei suoi favoriti l’ingranaggio di un meccanismo al contrario, dove la stessa parola “sport” smette di avere il suo originario significato.

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