Una splendida giornata al Foro Italico

Ore 5. 20: la sveglia a forma di Darth Vader, regalo dei tuoi figli, emette lo stesso suono che senti cinque giorni a settimana, oggi arriva in anticipo “c’è un treno che parte alle 7,40” come cantava Battisti, direzione Roma verso l’Olimpo del tennis.

Ore 6.00 e il tuo passaggio è sotto casa, un’altra tappa per caricare “il mio vecchio” (non me ne voglia se lo chiamo così) che mi ha trasmesso la passione, e poi siamo pronti per una calda giornata di tennis.

Ci siamo trattati bene, Business class, e mentre manager fanno telefonate di lavoro e organizzano brunch, noi buttiamo giù, con orari di match e allenamenti, un piano d’azione dettagliato per veder più tennis possibile.

Vedendo il campo di allenamento su cui vengono destinati Federer, Murray e Djokovic, capiamo che sarà impossibile raggiungerli e vederli da vicino, per cui optiamo – appena arrivati al Foro -, di dirigerci verso la mia pupilla Jelena Ostapenko, che gioca contro Kiki Madlenovic.

Vista dal vivo dimostra ancor di più i suoi 18 anni: dall’alto dei miei 35 sembra davvero una bambina. Ma ha davvero molto carattere. Pecca di inesperienza in qualche situazione, ma ha grande coraggio e mentre tutti tifano la francese, noi facciamo gruppo con il suo box e la spingiamo ad approfittare di una Mladenovic che non fa valere il suo gioco. Così dopo un primo set combattuto, il secondo la lettone prende il controllo del match e chiude facilmente, per poi fermarsi per dieci minuti abbondanti a firmare autografi. Ne approfitto per strapparle un sorriso e un bel primo piano.

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Il match è stato molto godibile; da qui ci spostiamo a veder il finale della Kuznetsova, che gioca molto bene e ha la meglio su una Garcia troppo sprecona.

Vediamo solo gli ultimi game, belle giocate, poi è il turno di Stosur-Riske. Abbandoniamo il match sul 3-3 perché dobbiamo scappare a veder altri due miei pupilli, i “golden boy” Thiem-Zverev contro i Lopez.

Nonostante sia un campo laterale, gli spalti son gremiti, i due non passano inosservati, e molte ragazze son venute anche per lustrarsi  gli occhi vista la presenza anche di Feliciano Lopez.

Il match è molto bello, i quattro giocano a viso aperto e non si risparmiano, vederli così da vicino poi è una goduria, riesci ad apprezzare la velocità di palla e la spinta che mettono su ogni colpo. Il servizio di Zverev è notevole, Thiem ha decisamente più tocco del tedesco, per non essere due doppisti di ruolo si combinano discretamente. Il match va al terzo, super tie-break, c’è tempo anche per una piccola polemica di Zverev, a cui viene chiamato un “touch” prima di un vincente di Deliciano. Il tedesco subito dopo ha la palla del match su servizio e spolvera la riga centrale chiudendo il match.

Nota a margine, a fianco, c’era l’allenamento di Nole, che si è trovato con almeno tre palline in più visto che per due volte Zverev smasha di giustezza e la palla rimbalza nell’altro campo.

Il caldo si fa davvero sentire, per cui cerchiamo di trovare refrigerio con una birretta, per poi accomodarci sul Pietrangeli per Gulbis-Pouille, facendo prima gli ossequi al caporedattore.

Il match non è dei migliori, il pubblico spera in un colpo di follia di Gulbis con conseguente racchetta rotta, ma Ernesto delude tutti, e regala solo il match a Pouille, che non deve far altro che non forzare, che ha sbagliare ci pensa il suo avversario.

Anche qui, nota a margine, un applauso alla ragazza del francese, che vince il premio come miglior gesto tecnico del match.

Purtroppo come Cenerentola, il nostro tempo sta per scadere, per cui dobbiamo abbandonare il ballo e dirigerci verso la nostra carrozza a Termini.

La giornata è stata stupenda, una full immersion di tennis, in un ambiente unico e suggestivo che conserva sempre un fascino millenario.

La scelta del Ground paga in termini di possibilità di veder davvero da vicino i giocatori e capire la reale velocità a cui giocano, e naturalmente aver la possibilità di avvicinarli.

Arrivederci al prossimo anno, sperando di riuscire a prolungare di un giorno la visita.

Un grazie ai miei compagni di viaggio Roberto e al mio “vecchio” Giuseppe.

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