L’atmosfera emotivamente elettrizzante, le vivaci sfumature del pittoresco contesto australiano, la fascinazione che pervade tutti nella drammatica finale, fanno da perfetta cornice conclusiva del torneo di Melbourne.
E’ un tripudio di emozioni.
La tensione si scioglie e le lacrime sgorgano copiose dal volto stanco di Federer, custodiscono l’inedita emotività e la dimensione umana più intima del campione,l’imperituro ardore, la passione, l’immutato desiderio di rinnegare la resa, la gratitudine, la consapevolezza che questi attimi così fuggevoli non potranno estendersi all’orizzonte dell’infinito.
L’innata capacità di commuovere e commuoversi, di sublimarsi a polo emotivo, dell’uomo che incarna gli ideali di semplicità e bellezza riflessi negli sguardi meravigliati dei fan di tutto il mondo.
Poterlo ammirare è gaia consapevolezza di libido cinestetica, di vaporea leggerezza delle movenze.
I freddi numeri e le mere statistiche divengono sterili, marginali rispetto alla regale classe dell’artista senza tempo che dipinge tennis e che vive mirabilmente la sua esistenza tennistica un istante più in là del tempo.
Il fascino della compostezza e dell’eleganza che trascendono la naturalità temporale ed i confini sportivi.
Siamo dunque privilegiati, nel poter ammirare il genio elvetico vivere la fiaba dell’eternità con la rapidità necessaria a chi corre contro il tempo, a chi probabilmente il tempo lo ha fermato.
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