Antidoping, Stuart Miller risponde a Roger Federer: “I top-player sono da sempre controllati di più”

In una recente conferenza stampa, Roger Federer ha fatto alcune dichiarazioni sul sistema antidoping, alla luce delle polemiche di Serena Williams. Federer ha ammesso di aver ricevuto ben sette controlli nell’ultimo mese: “Devo dire che sono tanti… Ne ho avuti due a Stoccarda e due a Halle, sia sangue che urine. In Svizzera chi si occupa dei test vive vicino a me, quindi è molto comodo per lui. Non so, quando si annoia, forse si dirà: ‘Andiamo a controllare se Roger sta bene!”. Una frequenza eccessiva, che si spegne totalmente durante la pausa invernale, che ormai da anni Roger passa a Dubai, dove si allena in vista della stagione sul duro australiano: “A Dubai non sono mai stato controllato – ha osservato Roger -, ho avuto solo un controllo in 15 anni. Questo non mi pare giusto: in sostanza il numero dei controlli dipende in che luogo ti trovi. Capisco che fare un lungo viaggio per un solo tennista è oneroso per il budget della Wada (l’Agenzia Mondiale Antidoping), ma non è una buona giustificazione”. Lo svizzero ha comunque aggiunto di essere in ottimi rapporti con gli addetti ai controlli: “Sono dei veri professionisti, non ti trattano come criminali. Certo è che servono più soldi”.

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Alle dichiarazioni di Federer ha prontamente risposto il dottor Stuart Miller, Direttore Esecutivo Senior della sezione Integrity & Development dell’ITF: “Nel mondo dell sport i top-player sono controllati molto di più dei giocatori con un ranking più basso. L’intenzione è sempre quella di mantenere l’integrità dello sport, la salute dei giocatori e il loro diritto alla competizione pulita: i giocatori lo devono capire, è un peccato che se ne dispiacciano”. Sulla diversa frequenza dei test a seconda dei luoghi, Miller ha osservato: “La natura del calendario Atp prevede tornei quasi ogni settimana tutto l’anno, a parte dicembre. Noi effettuiamo regolarmente i controlli, e non mi pare che un solo mese, in cui un giocatore avrebbe la possibilità di nascondersi nel bosco, costituisca un rischio per la lotta antidoping”.

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