Quando il tennis diventa insostenibile. La storia di Marcelo Zormann

Vi raccontiamo la particolare storia di Marcelo Zormann, giocatore brasiliano che non sopporta più la vita del tennista.

Quando entriamo in un campo da tennis ci troviamo a giocare contro due avversari, uno dall’altra parte della rete e uno dalla nostra, perché spesso il primo avversario siamo proprio noi stessi.

Ne sa qualcosa purtroppo il tennista brasiliano Marcelo Zormann che ha deciso di prendersi una pausa dal tennis a causa della depressione, un male oscuro, intangibile ma difficilissimo da fronteggiare.

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Zormann ha solamente 22 anni, ex campione di Wimbledon Junior, è al momento numero 857 in singolare e 300 in doppio, ha rilasciato a TennisBrasil un’intervista durante il Challenger di Campinas spiegando la sua difficile scelta.

“Credo sia stata la cosa migliore per me. Da un po’ non mi sentivo bene in relazione col tennis, gli allenamenti, i viaggi. La penultima settimana in Europa è stata la peggiore, ho giocato solo perché ero obbligato e ho perso con ragazzi molto al di sotto del mio livelloQuando sono tornato, mi sono allenato e sentito un po’ meglio ma ho deciso di non andare in Argentina all’ultimo momento: avevo anche acquistato i biglietti. Sentivo che qualcosa non andava, non avevo voglia di uscire di casa o fare altro avevo dentro un misto di rabbia, impotenza, paura, tristezza, disgusto per questo sport inteso come lavoro. La prima a cui ho parlato del mio problema è stata la mia ragazza, poi il mio coach e successivamente lo psicologo. Quando ho parlato con la mia fidanzata ho provato vergogna, nella nostra cultura è l’uomo che sostiene la donna, non viceversa. Ho fatto un test e sono risultato depresso a livello moderato e ansioso. Mi hanno consigliato di smettere di giocare, ma adesso non voglio prendere una decisione avventata e poi pentirmene, non so ancora se rientrerò nel circuito.”

Zormann non giocherà più fino a fine 2018, poi valuterà il da farsi. Ai nostri occhi risulterà difficile capire questa scelta, per noi che facciamo un lavoro normale e vorremmo far volentieri cambio, ma quando entra in gioco la frustrazione per il mancato raggiungimento dei propri obbiettivi personali lo sconforto può prendere il sopravvento.

Non ho raggiunto alcuni obiettivi. Anche l’anno scorso ho avuto momenti di questo tipo, cercavo delle scuse per non allenarmi. Adesso sto bene ma tra cinque minuti potrei stare male, è molto strano e non riesco a capire. Sono in terapia, sto prendendo anche dei farmaci: devo trovare il modo per uscirneSai sono anni che a volte mi veniva di inventarmi scuse per non allenarmi, o per non andare ai tornei e via discorrendo. Nessuno mi obbligava, ma io mi sentivo costretto. Forse perché ho sempre fatto solo questo, ho sempre solo tirato palline e c’è sempre stato un numero prima di una sigla, tipo 12 Juniores o 400 ATP. Finiamo per sentirci numeri. Ho cominciato prima a non amare più il tennis e ciò che rappresenta, per poi finire a non amare più nemmeno la vita al di fuori. I miei amici mi invitavano il fine settimana a mangiare qualcosa e io inventavo scuse per non uscire. Avevo voglia solo di stare dentro casa e basta, a far nulla”.

Andre Agassi ne parla molto bene nella sua famosa biografia, nel tennis sei solo e tutto è amplificato e Zormann è dello stesso parere.

C’è molta più responsabilità e pressione da affrontare. E’ difficile da gestire anche se il tennista prova a mascherarlo in campo”.

Ora ad aiutarlo c’è la famiglia che lo sta supportando in questo percorso.

Tutti hanno subito capito, quando all’inizio mi chiedevano il motivo per cui non stessi giocando dicevo di essere infortunato. La parte più difficile è stato aprirmi: la depressione è un qualcosa che molti non capiscono di avere o non accettano. Prima si chiede aiuto e meglio è, passo molto tempo a casa, guardo film e serie tv anche se spesso metto pausa e rifletto: ho ancora dei problemi di concentrazione”.

Adesso come ti senti? Hai rabbia, frustrazione?

“Ora più tristezza, ma non è una cosa razionale, non è un pensiero, è che le mie gambe a volte non hanno voglia di alzarsi dal letto, i miei occhi non desiderano vedere il sole o altro. Ma sto migliorando anche se non c’è da combattere contro questo mostro, solo accettare e aspettare che passi”.

Com’è esser a Campinas e veder gli altri giocare?

“Mi fa bene, perché comunque qui ho tanti amici e questo è il mio mondo. Mi piaceva ieri ad esempio vedere Orlandinho (Luz ndr) che serviva e notare i suoi miglioramenti; non è il gioco del tennis che non mi piace più, è il significato che gli stavo dando. Per questo la competizione in prima persona non mi manca assolutamente, mentre mi piace vedere una partita ed anche vivere le emozioni degli altri ragazzi. Forse tutto questo un giorno mi sarà d’aiuto per avere la consapevolezza delle mie emozioni dentro e fuori dal campo e comprendere anche tante reazioni dei mie colleghi e amici.”

Allo stato attuale delle cose pensi che tornerai mai nel mondo del tennis?

“La mia priorità è occuparmi di me, adesso, devo volere bene a Marcelo, non al tennista. Non so cosa farò, vivo giorno per giorno. Il momento che sentirò il piacere di mettermi in gioco mi iscriverò ad un torneo. Dopo giorni interi chiuso in casa ora sono tornato almeno ad uscire, ogni tanto vado al club e tiro qualche palla, posso dire persino che ho fatto qualche allenamento. Ho tanta voglia di dimostrare a me stesso che so fare anche altro, ad esempio studiare. Ho lasciato le scuole superiori a 14 anni e voglio recuperare. I miei genitori ai tempi hanno accettato la mia scelta che fu errata.  Allenarti  tipo 8 ore al giorno ti aiuta a vincere tante partite a quella età. Gli altri vanno a scuola la mattina e tu invece giochi. Ovvio che il tuo tennis migliora. Velocemente. Ciò che non migliora è la tua capacità futura di lettura degli eventi, le tue competenze in altri ambiti. Diventi diritto-rovescio-servizio, e non sai chi è stato Mao Tse-Tung o non hai mai letto un libro su un cangaceiro (una sorta di bandito venuto dal popolo che lotta contro il potere, figura assai popolare nella iconografia brasiliana ndr). Questo all’inizio non ti pesa, poi quando viaggi, conosci altre culture, ti confronti con altra gente tutto cambia. E influisce anche sulle prestazioni. I più grandi campioni, da Federer a Nadal, da Djokovic a Del Potro sono tutti ragazzi che hanno saputo adeguare la loro capacità culturale al loro talento tecnico.”

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Marcelo Zormann ha vinto Wimbledon Junior nel 2014 in coppia con Orlando Luz, sconfiggendo in finale Andrey Rublev e Stefan Kozlov.

 

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